Nino Gennaro |
Nell'ambito del "Sicilia Queer Film Fest", per il terzo anno consecutivo è stato assegnato il premio intitolato a Nino Gennaro, poeta, autore di testi teatrali, saggista e attore, originario di Corleone. I suoi testi molto apprezzati dalla critica. Ma nel 2010 il consiglio comunale di Corleone, prigioniero dell'omofobia, lo bocciò, rifiutandosi di intitolargli il centro sociale o una strada. Adesso non sarebbe il caso che modificasse quella decisione?
Si è concluso giovedì scorso il Sicilia Queer Film Fest,
una rassegna di film e documentari sul tema delle diversità, connessa ad
attività varie quali dibattiti, mostre e presentazioni di libri. A vincere
questa edizione è stato il cortometraggio "Le maillot de bain"
(Francia 2012), di Mathilde Bayle. La giuria internazionale, composta dai
registi Paul Vecchialin e Hella Wenders, dal performer svizzero Damien Modolo e
dal regista austriaco Manfred Rott, ha premiato il cortometraggio di Bayle «per
la padronanza della tecnica in relazione al tema e perché riesce a esprimere la
complessità del desiderio infantile (di un padre, di un amore e di un modello
da seguire) attraverso un linguaggio cinematografico perfettamente congegnato».
È il terzo anno consecutivo che a Palermo si svolge un simile evento, nell’ambito del quale è stato istituito il «Premio Nino Gennaro», da assegnare ad artisti o personalità che si siano distinti nella diffusione di una cultura che valorizzi e non sopprima le differenze. Nel 2011 questo premio è stato assegnato a Wieland Speck, regista tedesco, direttore della sezione Panorama del Festival di Berlino. Nel 2012, invece, è stato assegnato allo scrittore spagnolo Eduardo Mendicutti. Quest'anno, infine, è stato assegnato al prof. Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicologo, per i suoi studi e le pubblicazioni (vedi il suo "Citizen gay. Affetti e diritti") a difesa delle persone lgbt (Lesbian, Gay, Bisex, Transgender). L'assegnazione del Premio è avvenuto giovedì scorso nella sala di un cinema cittadino. Nino Gennaro (1948-1995), il personaggio a cui è stato intitolato il premio, è stato un poeta, “politico di strada”, autore teatrale, saggista, attore, originario di Corleone. L’impegno culturale e politico, la battaglia antimafia e il suo essere in prima linea per l’affermazione dei diritti omosessuali, fondamenti del suo essere artista, hanno fatto di lui una figura dirompente nel variegato mosaico di quanti si sono spesi in prima persona perché Corleone non fosse più “una repubblica indipendente” e i corleonesi “tutti gregari di Liggio”. Gennaro è una personalità inscrivibile nel panorama della poesia e della drammaturgia non solo italiana di questi ultimi anni, per aver compreso e analizzato la portata del retaggio culturale della sua terra e per averlo “traghettato” in una dimensione spaziale e poetica più ampia che trascende la territorialità. Per questo suo essere testimone partecipe di realtà complesse e per la vitalità che, nella sua espressione umana e poetica, non riesce a distinguere tenerezza e dissacrazione, amore e distacco, la sua voce è stata accostata a quella di Pasolini, Genet, Cioran, Testori, Koltès, Jarman.
È il terzo anno consecutivo che a Palermo si svolge un simile evento, nell’ambito del quale è stato istituito il «Premio Nino Gennaro», da assegnare ad artisti o personalità che si siano distinti nella diffusione di una cultura che valorizzi e non sopprima le differenze. Nel 2011 questo premio è stato assegnato a Wieland Speck, regista tedesco, direttore della sezione Panorama del Festival di Berlino. Nel 2012, invece, è stato assegnato allo scrittore spagnolo Eduardo Mendicutti. Quest'anno, infine, è stato assegnato al prof. Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicologo, per i suoi studi e le pubblicazioni (vedi il suo "Citizen gay. Affetti e diritti") a difesa delle persone lgbt (Lesbian, Gay, Bisex, Transgender). L'assegnazione del Premio è avvenuto giovedì scorso nella sala di un cinema cittadino. Nino Gennaro (1948-1995), il personaggio a cui è stato intitolato il premio, è stato un poeta, “politico di strada”, autore teatrale, saggista, attore, originario di Corleone. L’impegno culturale e politico, la battaglia antimafia e il suo essere in prima linea per l’affermazione dei diritti omosessuali, fondamenti del suo essere artista, hanno fatto di lui una figura dirompente nel variegato mosaico di quanti si sono spesi in prima persona perché Corleone non fosse più “una repubblica indipendente” e i corleonesi “tutti gregari di Liggio”. Gennaro è una personalità inscrivibile nel panorama della poesia e della drammaturgia non solo italiana di questi ultimi anni, per aver compreso e analizzato la portata del retaggio culturale della sua terra e per averlo “traghettato” in una dimensione spaziale e poetica più ampia che trascende la territorialità. Per questo suo essere testimone partecipe di realtà complesse e per la vitalità che, nella sua espressione umana e poetica, non riesce a distinguere tenerezza e dissacrazione, amore e distacco, la sua voce è stata accostata a quella di Pasolini, Genet, Cioran, Testori, Koltès, Jarman.
Maria Di Carlo e Nino Gennaro nel 1977 |
Agli inizi degli anni ‘70,
Nino Gennaro è l’anima a Corleone di un circolo FGSI, meta di studenti e di
giovani disoccupati, è una fucina di informazione e formazione: libri,
giornali, discussioni su qualsiasi argomento. L’8 marzo 1976 organizza a
Corleone in collaborazione con l’ARCI la prima festa della donna. Nel ‘77 fu
fra i fondatori del “Circolo popolare Placido Rizzotto”, chiuso in seguito al
“Caso Di Carlo”. Ecco come lo raccontato lo stesso Gennaro: «Maria Di Carlo,
una di noi, viene picchiata dal padre medico, segregata, ritirata dalla scuola
(II liceo), e pure esorcizzata da un frate rinnovato perché fa la comunista e
sta con me che sono frocio, drogato e altre schifezze. Maria con i lividi
denuncia il padre. Ne parlano tutti i giornali. Il pretore, un giudice di
Magistratura Democratica, condanna il padre padrone. Il circolo Placido
Rizzotto “figura mitica di sindacalismo agrario ammazzato dalla mafia” viene
chiuso. Guai a chi ci mette piede». Isolato a Corleone, Nino Gennaro si
stabilisce con Maria a Palermo. E da lì intensifica la sua “rivoluzione” non
violenta. Con un suo gruppo di amici inventa “Teatro Madre”, una sorta di
teatro clandestino senza fissa dimora fatto solo di corpi, di voci e di luce di
candela, che andava di casa in casa a Ballarò, al Capo, alla Vucciria, dove
capitava. «Un cuore rosso trafitto da una svastica nera era l’emblema , il
simbolo di Teatro Madre», racconta Massimo Verdastro, un attore romano che
adesso mette in scena diverse sue opere.
«Nino aveva ideato “Teatro Madre” – racconta Verdastro - in seguito ad un corto circuito, una libera associazione nata dalla contemporanea lettura del “Mein Kampf” e dall’ascolto di un’edizione dello “Stabat Mater” di Pergolesi al Teatro Biondo. Quell’inquietante vessillo stava a sottolineare “il nazismo” insito nei rapporti materno-filiali, e comunque nei legami di amore-possesso. Era come un avvertimento a lasciare alle spalle le “antiche viscere” e allo stesso tempo un doverci fare i conti». «Gli spettacoli scritti e ideati da Nino – aggiunge - erano interpretati da studenti fuorisede, giovani operai, disoccupati, intellettuali del “rifiuto” che portavano in scena le cose “più intime, più segrete, più difficili” nel tentativo di superare, di resistere, di continuare... con la parola, senza vergogna, con amore...».
Ad un certo punto, Gennaro smise di fare teatro e diede spazio solo alla
scrittura e all’impegno nel sociale. Partecipò a Palermo al Cocipa, alle lotte
per la casa, ideando e scrivendo tazebao creativi (“la casa è come il pane”).
Poi, nel 1991, tornò a Corleone per stare al fianco dei redattori di “Città
Nuove”, minacciati dalla mafia. E proprio nel 1991, tornò a Palermo Massimo
Verdastro, che incontrò ancora Gennaro. «Nino era cambiato, aveva la barba, i
capelli corti, portava gli occhiali, non aveva perso l’ironia tagliente, le
battute sarcastiche, gli slanci di affetto, ma c’era in lui una grazia e una
dolcezza diverse che effondevano una vibrazione di sofferenza. Seppi poi che
era malato da tempo di aids. Gli chiesi dove erano finiti tutti quei suoi
scritti meravigliosi, gli dissi che era un peccato tenerli chiusi in un
cassetto e che qualcuno doveva riportarli in vita. Rispose: “Se vuoi farlo...
tu!?” Lo feci». E non si è fermato più. Ecco un pezzo di “Teatro Madre”,
scritto da Gennaro: «Riscattare riscattare mia madre, riscattare la donna che è
dentro di me, riscattare le sue mani, i dorsi delle sue mani callosi di morsi e
di lividi, inflitti alla sua stessa carne per impotenza. Riscattare i suoi
occhi neri persi come pozzi senza fondi profondi di angoscia di urla, di
lamenti, di bestemmie, di solitudine, di paura. Riscattare vite martoriate da
giaculatorie, magnacce di lupare e stragi…». Il 10 novembre del 2010, il
consiglio comunale di Corleone bocciò la proposta, sostenuta da un cartello di
associazioni, quali “Corleone-Dialogos”, “Città Nuove”, Centro Impastato e
Centro sociale S. Saverio di Palermo, da Umberto Santino e Anna Puglisi, don Cosimo
Scordato, Alessandro Rais, Giovanni Impastato,
Augusto Cavadi e Amelia Crisantino, di intitolare una strada o il centro
sociale di contrada S. Lucia a Nino Gennaro. Adesso, a distanza di tre anni,
dopo che a Nino Gennaro è stato intitolato il prestigioso premio del “Sicilia
Queer Film Fest”, non sarebbe male che anche la città di Corleone modificasse
quella decisione, mostrando quell’apertura culturale che nel 2010 ebbe allora.
Dino Paternostro
«Nino aveva ideato “Teatro Madre” – racconta Verdastro - in seguito ad un corto circuito, una libera associazione nata dalla contemporanea lettura del “Mein Kampf” e dall’ascolto di un’edizione dello “Stabat Mater” di Pergolesi al Teatro Biondo. Quell’inquietante vessillo stava a sottolineare “il nazismo” insito nei rapporti materno-filiali, e comunque nei legami di amore-possesso. Era come un avvertimento a lasciare alle spalle le “antiche viscere” e allo stesso tempo un doverci fare i conti». «Gli spettacoli scritti e ideati da Nino – aggiunge - erano interpretati da studenti fuorisede, giovani operai, disoccupati, intellettuali del “rifiuto” che portavano in scena le cose “più intime, più segrete, più difficili” nel tentativo di superare, di resistere, di continuare... con la parola, senza vergogna, con amore...».
Il premio "Nino Gennaro" |
Dino Paternostro
Nessun commento:
Posta un commento