Benito Mussolini |
di LAURA MATTEUCCI
Avrebbe
dovuto essere un semplice adempimento burocratico, roba di cinque minuti o poco
più. Invece, si è trasformato in una specie di psicodramma, finito con alcuni
esponenti della Fiamma tricolore ad urlare «comunisti delinquenti, assassini,
mascalzoni» alla volta di alcuni astanti dell’Anpi. Il Consiglio comunale di Varese, l’altra sera, è
stato ostaggio della macchina del tempo: il Pd porta in aula una mozione per
revocare la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, concessa nel 1924 e
sostanzialmente dimenticata per quasi un secolo. Altre città l’hanno fatto in
pochi minuti, non essendo in discussione il giudizio su Mussolini, che la
Storia e gli uomini hanno già deciso da decenni.
A Varese, invece, che è città
guidata da Pdl-Lega, e dal sindaco leghista Attilio Fontana, la maggioranza si
spacca, la parte pidiellina più vicina ad An incomincia a vedere rosso, partono
i borbottii, poi divenuti liti e urla fuori e dentro l’aula. Riunioni indette
lì per lì nei corridoi del palazzo, pure una sospensione della seduta. Morale:
16 voti contrari, 11 favorevoli, e il sindaco che al momento del voto, secondo
lui «strumentale», abbandona l’aula. Con una passione che meriterebbe ben altra
sostanza, la mozione è respinta, e il duce defunto resta cittadino onorario di
Varese.
«Hanno tradito le radici
di questo territorio - dice il parlamentare di Varese Daniele Marantelli,
rivolgendosi soprattutto ai leghisti - che sono radici popolari, democratiche e
antifasciste. Tra l’altro, proprio qui vicino si è svolto il primo episodio di
battaglia partigiana del nord Italia». Un esito che ha sorpreso un po’ tutti i
consiglieri di minoranza, che avevano messo in conto qualche mal di pancia ma
credevano comunque di poter portare a casa il risultato. Tanto più visto il
tenore delle motivazioni addotte per respingere la mozione: «Hanno detto che
non si possono presentare mozioni che dividono il Consiglio - dice il
capogruppo Pd di Varese, Fabrizio Mirabelli - e che ci sono cose ben più importanti
di cui occuparsi. Il bello è che molti dei consiglieri che l’hanno detto erano
presenti in aula quando, nel 2009, passammo un’intera serata a discutere se
condannare l’invasione dell’Ungheria del ‘56».
«Tra l’altro - ricorda ancora Mirabelli - nel ‘24 la delibera non venne approvata all’unanimità, erano presenti 20 consiglieri su 30. E nel ‘45 i partigiani avevano stabilito che venissero annullate tutte le onorificenze concesse nel periodo fascista». I leghisti si fanno scudo anche di un’altra, «corposa» motivazione: fu Mussolini a decidere per Varese capoluogo e Varese provincia. Ma, al di là di qualche voto strumentale per tenere insieme una maggioranza sfilacciata, il punto è che la nostalgia revisionista non si riesce ad archiviarla mai, e che ne sono affetti in parecchi persino tra i leghisti, figuriamoci tra i pidiellini. Come del resto confermano anche le parole di Franco Fiorito, ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio condannato a tre anni e quattro mesi per peculato, ed ex militante del Msi, che l’altro giorno a Radio 24 è riuscito a dire: «Mussolini fu un grande statista, ha portato al progresso sociale italiano. Il progresso civile e sociale dell’epoca fu un modello importante per l’Italia».
«Tra l’altro - ricorda ancora Mirabelli - nel ‘24 la delibera non venne approvata all’unanimità, erano presenti 20 consiglieri su 30. E nel ‘45 i partigiani avevano stabilito che venissero annullate tutte le onorificenze concesse nel periodo fascista». I leghisti si fanno scudo anche di un’altra, «corposa» motivazione: fu Mussolini a decidere per Varese capoluogo e Varese provincia. Ma, al di là di qualche voto strumentale per tenere insieme una maggioranza sfilacciata, il punto è che la nostalgia revisionista non si riesce ad archiviarla mai, e che ne sono affetti in parecchi persino tra i leghisti, figuriamoci tra i pidiellini. Come del resto confermano anche le parole di Franco Fiorito, ex capogruppo Pdl alla Regione Lazio condannato a tre anni e quattro mesi per peculato, ed ex militante del Msi, che l’altro giorno a Radio 24 è riuscito a dire: «Mussolini fu un grande statista, ha portato al progresso sociale italiano. Il progresso civile e sociale dell’epoca fu un modello importante per l’Italia».
L'Unità, 8 giugno 2013
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