Il pm Roberto Tartaglia |
di SALVO
PALAZZOLO
Giovedì, mentre il
magistrato era al processo, ignoti sono entrati nella sua abitazione, nella
zona di piazza Castelnuovo. Non hanno portato via nulla, ma hanno lasciato un
messaggio preoccupante: un improvvisato altarino. Riunione urgente del comitato
per l'ordine e la sicurezza. Massimo livello di scorta per Di Matteo
Ancora una volta, i magistrati che
indagano sulla trattativa Stato-mafia sono nel mirino di inquietanti minacce.
Prima le lettere anonime a Nino Di Matteo, adesso un raid a casa di Roberto
Tartaglia, proprio mentre il sostituto procuratore era all’aula bunker
dell’Ucciardone per l’ultima udienza del processo. Giovedì pomeriggio, tornando
a casa, nella centralissima zona di piazza Castelnuovo, Tartaglia si è accorto
che la serratura era stata forzata. Entrando nell’appartamento, si è poi
trovato davanti alcuni oggetti che erano stati presi in camera da letto ed
impilati su un mobile dell’ingresso.
Sembra che non manchi nulla
dall’abitazione, ma di sicuro gli autori del raid hanno rovistato fra i
cassetti e gli armadi. Poi, si sono allontanati indisturbati.
Ieri pomeriggio, il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza ha
deciso un rafforzamento delle misure di vigilanza attorno a Roberto Tartaglia,
che è già scortato da due carabinieri: i controlli verranno intensificati
soprattutto nel condominio dove abita il magistrato, anche attraverso
l’installazione di alcune telecamere. Ieri, il comitato presieduto dal
prefetto era già convocato per discutere delle minacce arrivate a Nino Di
Matteo: per l’animatore del pool “trattativa” è stato ratificato l’innalzamento
del dispositivo di sicurezza al massimo livello previsto. E’ una scelta presa a
Roma, dall’Ufficio centrale scorte, su proposta di Palermo. Resta dunque alta la
tensione al palazzo di giustizia. Nei mesi scorsi, in Procura era stata
recapitata una lettera anonima, che rivelava i preparativi di un attentato nei
confronti di Nino Di Matteo. L'allerta era scattata anche attorno a un altro
componente del pool "trattativa", Francesco Del Bene, impegnato pure
in alcune delicate indagini sulle cosche mafiose cittadine. Il nome di Del Bene
era saltato fuori nel corso di alcune intercettazioni in carcere: un mafioso
del clan Noce diceva a un familiare, "Quel pm deve morire". Di
recente, anche a Francesco Del Bene è stata rafforzata la scorta. I pm del
pool "trattativa" torneranno in aula lunedì, davanti alla corte
d'assise che sta celebrando il processo: assieme al loro coordinatore, il
procuratore aggiunto Vittorio Teresi, dovranno replicare alle richieste degli
avvocati dei dieci imputati, che chiedono di spostare il processo a Roma o a
Firenze.
(La Repubblica, 29
giugno 2013)
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