Little Tony |
STEFANO MALATESTA
Una volta ho
incontrato Gigliola Cinquetti, e mi ha chiesto perché non andavo ad
intervistare il sociologo più bravo d’Italia. “E chi sarebbe questo
sociologo?”. “Little Tony”. “Come Little Tony?”. “Devi sapere che Little Tony
fa 120 serate l’anno nelle province più profonde d’Italia e conosce questa
realtà come nessun altro”. Poi aggiunse ridendo: “Adesso ti racconto una sua
serata a Corleone. Nessuno del suo entourage sapeva che cos’era Corleone.
Little Tony ancora meno. Quando arrivano sul posto comprendono di aver fatto un
tragico errore. La piazza dove era stato montato il palco era affollata da
sette-ottocento uomini tutti con la coppola che stavano immobili con le facce
di bronzo attendendo l’arrivo del cantante. Little Tony dà un’occhiata a quella
platea e comincia a tremare poi corre nel camerino e si mette un vestito bianco
di pelle con le frange come Custer durante la battaglia di Little Big Horn, poi
sale sul palco e comincia a cantare “24 mila baci”.
Alla fine caccia un urlo,
allontana il microfono e si mette seduto sul palco come se la performance lo
avesse totalmente esaurito, dava l’impressione di essere uscito da sotto la
doccia ma era solo il sudore. Per tre o quattro secondi nella piazza non si
sentì nessun rumore, i contadini con la coppola erano rimasti immobili senza
dire nulla, poi dal fondo della piazza si sentì un tale che battendo a ritmo
lento e profondo le mani, disse “Bravo, bravo, bravo”. Come ad un segnale tutta
la piazza cominciò a battere le mani urlando “bravo, bravo, bravo”. A quel
punto Little Tony fu prelevato dal palco e portato dai suoi nel bar vicino,
quell’uomo che aveva per primo battuto le mani si accostò a lui e gli disse
questa frase: “Little Tono, senti a me, noi in genere quelli che cantano li
ammazziamo, a te ti abbiamo pagato!”.
La
Repubblica, 30 maggio 2013
***
Che Corleone non
goda di buona stampa non ci voleva lo Stefano Malatesta di turno per farcelo
scoprire. Noi corleonesi un po’ ci siamo abituati, anche se da qualche anno ci
siamo pure convinti (e chi è in buona fede ce ne dà atto) che un percorso
di riscatto e di liberazione siamo stati capaci di portarlo avanti anche noi. E
che la nostra antimafia (quella dei Verro, dei Rizzotto e del movimento
contadino, per intenderci) è antica quanto la mafia, solo che è molto meno
conosciuta. Le nostre “colpe” passate, però, devono essere davvero grandi se,
per “punirci”, ci capita in sorte di leggere anche le panzane di Malatesta, che
s’inventa una Gigliola Cinquetti che gli racconta di un Little Tony a Corleone,
dove invece “Cuore Matto” non è mai venuto. E, per giunta, di un Little Tony che
canta e che nessuno applaude, fino a quando il “padrino” non ordina che lo si
può fare. Infine, la battuta conclusiva banale e prevedibile : “Little Tono, senti
a me, noi in genere quelli che cantano li ammazziamo, a te ti abbiamo pagato!”.
Penosa.
Lungi da noi
l’idea di difendere i “mammasantissima” della nostra città, ma non è mai
accaduto quello che racconta il Malatesta e che “Repubblica” con tanta
leggerezza ha pubblicato. Esistono tante storie terribili sulla mafia di
Corleone, che minaccia, intimidisce e persino uccide uomini, donne e bambini.
Non c’era bisogna d’inventare la “piazzata” con Little Tony. E, consentitemelo,
non è stato certo un bel modo di onorare la memoria del bravo cantante
scomparso recentemente. (dp)
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