domenica, giugno 30, 2013

Crocetta e la diga sullo Jato

La diga sullo Jato
di GIUSEPPE CASARRUBEA
Sono un po’ refrattario alle cose astratte, specialmente quando diventano dottrine. Ma questa mattina mi sono imbattuto in qualcosa che mi ha fatto cambiare parere. E il parere è questo: che c’è uno spirito che le alimenta e dà loro un senso speciale, non concreto, ma, appunto, astratto.
Mi spiego meglio. Entro nel municipio di Trappeto (Palermo), il comune dove Danilo Dolci, sociologo triestino, fondò il ‘Borgo di Dio’, e trovo una situazione insolita per un luogo pubblico dove  – come accade a molti comuni italiani – il grigiore e le porte chiuse sono d’obbligo.
Al piano terra un folto gruppo di giovani fanno un laboratorio maieutico e al primo piano altri due gruppi discutono il primo di un argomento analogo e l’altro di acqua della diga sul fiume Jato. Ho la sensazione che qualcuno vigili su tutta questa scena e che l’amministrazione di Trappeto, presieduta da un sindaco molto attivo, con accanto un giovanissimo assessore alle attività produttive, stia interpretando un ruolo di promozione. Quale? Quello che ha al suo centro l’acqua per le campagne. Un tempo acqua di mafia. Poi – quando c’era il Consorzio irriguo – risorsa democratica e, quindi, ancora una volta, tornata ad essere un carrozzone al servizio di qualcuno che pensa di farne impunemente merce di scambio o qualcosa di peggio. 
Nelle mani del Consorzio di bonifica Palermo 2,  l’intero territorio del partinicese rischia di morire.  Il Consorzio non ha risorse per la manutenzione ordinaria, e quel che è peggio, non ha provveduto alla elezione della componente produttiva prevista dalla legge, alterando l’identità storica di tutto il comprensorio. Un’identità fatta di innovazioni, di sperimentazioni sul campo. Fino ad arrivare alle più recenti proposte di introdurre alcune specie tropicali e subtropicali. Come ben sanno gli amministratori della fascia costiera, a cavallo tra l’economia della pesca e quella agricola del Golfo di Castellammare.
Il grande assente in questo dibattito che si è aperto e che costituisce un elemento non previsto dalla nuova giunta Lo Biundo, è proprio la campagna di Partinico dove non è esistita negli ultimi decenni una politica per le attività produttive nel settore agricolo e dove i proprietari di piccoli e medi appezzamenti di terra sono stati lasciati soli con le loro difficoltà, alle prese con la vandalizzazione del territorio, con l’assenteismo, se non proprio con la complicità delle amministrazioni locali.
Nel passaggio dalla gestione della Cooperativa Consorzio irriguo Jato, all’attuale modello impiegatizio e burocratico, il salto è enorme. Si va infatti da un sistema solidale delle risorse idriche, voluto già nel 1953 da Danilo Dolci, quando concepì, proprio a ‘Borgo di Dio’ di Trappeto, l’idea di una diga, a una gestione privatistica e padronale, con la estromissione di ogni forma di compartecipazione diretta dei produttori.
Ne è derivato che i costi dell’acqua durante la stagione irrigua sono aumentati notevolmente; il rapporto fiduciario che aveva fatto registrare la partecipazione di diverse migliaia di coltivatori alla vita della Cooperativa, si è profondamente lacerato, con la conseguenza che gli attuali iscritti al Consorzio di bonifica sono, forse, neanche un centinaio di produttori.
Dopo la fase cuffariana e lombardiana, stiamo vivendo adesso quella del governatore Crocetta, massimo responsabile della gestione delle acque in Sicilia. A lui, il Comitato per la difesa democratica dell’acqua dell’invaso Poma, costituitosi stamattina a Trappeto e rappresentato dal sindaco di questo comune, chiede di non vanificare sessant’anni di lotte sindacali, politiche e sociali condotte dai contadini e dagli operai della zona Partinico- Trappeto- San Giuseppe Jato- Balestrate.  Alla testa di queste lotte abbiamo trovato oltre a Danilo Dolci, sindacalisti come Salvatore Termini, e intellettuali come Ernesto Treccani e Carlo Levi. E migliaia di altre persone che nel periodo che va dalla fine degli anni ’50 agli inizi del decennio successivo, hanno combattuto, sofferto e lavorato, scontrandosi spesso contro le mafie locali, per lo sviluppo e l’occupazione. Cioè persone che ci hanno consegnato un’Italia pulita fondata sugli ideali di una società giusta e solidale e non fatta da amici degli amici. Disperdere questo patrimonio sarebbe grave e imperdonabile.
 Giuseppe Casarrubea

ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA DIGA
Luigi Cimino Ho letto con molta attenzione quanto scritto da Casurubea, e da addetto ai lavori mi è d'obbligo fare alcune esternazioni. E' tacito che le legislazioni che si sono succedute all'ARS, a prescindere dal colore, hanno sempre avuto il riferimento all'agricoltura come politica assistenzialistica, più che propositiva e progettuale. Infatti in campagna elettorale fa chiù "scrusciu" un contributo elargito che un progetto molto propositivo presentato. A questo se aggiungiamo anni di volontario o "forzoso" abbandono dei richiami sulle condotte di distribuzione della diga Jato (o Poma) ad oggi fuori legge e per molti tratti abbandonata, perchè realizzate in eternit, da qui ne nasce la "scemazione" numerica dei consorziati, diventando un carrozzone mangiasoldi, anche a discapito di chi ha continuato ad oltranza a fare agricoltura nella campagna partinicenze, che limitrofe. Ricordiamoci che la diga ha il duplice scopo di garantire anche approvvigionamenti potabili a tutti i comuni della fascia costiera, ivi compreso Trappeto, oggetto in periodo di emergenza idrica, di apposito stanziamento per realizzare un punto di presa potabile, fondamentale per la popolazione, alla stregua di Balestrate, Cinisi, Carini, Isola, Capaci e Palermo. Per cui, a mio modestissimo parere, il rilancio del "progetto Jato" non è difficile da far ripartire, basterebbe accedere ai specifici fondi Europei previsti per il settore, trovare una struttura pubblica che possa garantire la reale spendibilità dei fondi specifici e dare più linfa al consorzio, eliminando il giro di commissari, consulenti esterni, provando ad eliminare i rami secchi (...e ve ne sono tanti..) introducendo figure istituzionali, capaci ( e ve ne sono tanti) in grado di dirigere, come compito d'istituto la struttura, utilizzando anche i precari in attesa di collocazione, quindi incentivare l'uso dell'acqua della diga, anche per usi diversi da quelli irrigui e potabili, ed anche li vi sarebbero tantissime richieste da assecondare. Se sommiamo tutto questo, si intuisce quanto questa struttura potrebbe pagarsi da sola la gestione. Questo è il mio modesto 

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