Una donna ferita al cuore. Umiliata da chi sperava
l’accogliesse. Cacciata da una chiesa perché l’omosessualità è “opera del
diavolo”. Il gruppo di gay cristiani di Palermo, “Ali d’Aquila”, ha diffuso
una lettera scritta dalla madre di un ragazzo omosessuale, che conferma
come la Chiesa cattolica sia ancora capace di alzare barriere di pregiudizi.
L’antefatto è rappresentato dalla veglia in ricordo delle vittime dell’omofobia
che si celebra ogni 17 maggio in tutto il mondo.
“Quest’anno – fanno sapere i ragazzi di Ali d’Aquila –
abbiamo pensato di invitare le persone presenti alla veglia a portare domenica nelle loro
chiese di appartenenza una piccola preghiera a tema ai parroci pregandoli di
leggerla durante la preghiera dei fedeli. Una mamma di un ragazzo gay ha seguito
il nostro consiglio e questa lettera è il risultato di molto dolore che perdura
dopo la brutta esperienza subita”.
Ve la
proponiamo così com’è, integralmente.
Omofobia, che cosa significa? Possibile che un padre
francescano non conosca questa parola? forse me lo vuole fare credere perché si
è imbarazzato davanti alla mia richiesta di leggere una preghiera. Una
preghiera! Ma proprio loro che predicano con la spiritualità di Francesco? Il
17 maggio ho partecipato alla veglia contro l’omofobia nella chiesa della Pietà
alla Kalsa, insieme a tanta gente comune, a sacerdoti, pastori, ai ragazzi
omosessuali credenti di Ali d’Aquila, ai genitori di ragazzi omosessuali
dell’associazione Agedo Palermo; ad un certo punto gli organizzatori hanno
proposto di recarci ognuno nella parrocchia di appartenenza la domenica
successiva al 17 maggio per chiedere di inserire un pensiero contro l’omofobia,
contro la crudeltà della gente, all’interno della preghiera dei fedeli, là,
dove ripetiamo “ascoltaci o Signore!”.
Io ho aderito con gioia alla sollecitazione e la
domenica successiva mi sono recata in chiesa. Mi sentivo forte del fatto che
qualcuno potesse leggere quella preghiera davanti a tutti, proprio tutti, sia
quelli che accettano l’omosessualità sia quelli che la condannano, così ho
portato la mia proposta al sacerdote. Non mi sento di dire dove si trova la mia
parrocchia, per un fatto di riservatezza, è comunque posta in una zona
abbastanza centrale della città.
Quel giorno sono stata invitata dal parroco e da altri
preti ad uscire fuori, perché quello non era il momento, quel giorno si
celebravano le cresime e la chiesa era gremita di gente. “Non si poteva”, non
era il momento adatto: e quando sarà il momento adatto? Ho detto: “La chiesa
non ci aiuta!” e mi è stato risposto che non era vero, che “queste persone” le
aveva ricevute qualche giorno prima!
Con il cuore in gola mi sono recata in un’altra
chiesa, non potevo rimanere nella mia parrocchia ero troppo arrabbiata. Ho
assistito alla messa, e poi ho atteso il prete per un po’: cercavo conforto,
cercavo qualcuno che mi facesse calmare l’angoscia che avevo dentro. Quel prete
mi ha parlato: mi ha detto, però, che l’omosessualità è opera del diavolo, che
la chiesa non vieta all’omosessuale di entrare in chiesa, non vieta di parlare
con loro, la chiesa non accetta gli eccessi e l’imposizione che oggi gli
omosessuali hanno intrapreso nei confronti della società eterosessuale!
E poi ha continuato: “Ma che cosa vuole fare questo
padre Scordato? Certo, Gesù si è rivolto ai peccatori, ai ladri, alle
prostitute, agli impostori, agli assassini, ma non si è rivolto agli
omosessuali dicendo Vai e non peccare più; signora, secondo lei, perché non si
è rivolto anche a loro?”. Io chiedo: “Perché dei nostri poveri figli si deve
dire che sono opera del demonio?”. E domando costernata: “Allora io ho il
diavolo in casa da tanti anni?”. Eppure non mi sembrava! Certo il diavolo si
manifesta in tanti modi! E allora richiedo: “Un ragazzo buono, generoso,
educato, rispettoso delle regole, rispettoso nei confronti del genere umano,
studioso, bello fuori e dentro, che ama un ragazzo che lo migliora, un ragazzo
altrettanto buono, è FRUTTO del Diavolo?”. “La medicina non ha dato sino ad
oggi nessuna risposta e quindi cara signora, questa è la risposta” ha
continuato il francescano.
Io sono una mamma con il cuore pieno di rabbia, una
mamma che come tante altre mamme, genitrici di un figlio omosessuale, ha
bisogno di aiuto, aiuto da parte della società, aiuto da parte di uomini e
donne, aiuto da parte della chiesa, aiuto da parte delle istituzioni, della
medicina, di tutti quelli che mi possono dare una risposta esaustiva e che non
mi dicano di avere in casa l’opera del demonio.
Una mamma di un ragazzo omosessuale
SiciliaInformazioni.com. 06 giugno 2013
SiciliaInformazioni.com. 06 giugno 2013
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