Centoquarantadue comuni su 600 sono siciliani, nell’Isola il test
elettorale non provocherà alcun seppur lieve terremoto politico. Perfino il
M5S, che avrebbe interesse ad una rivincita, dopo la dèbacle del
primo turno nella penisola, si sono chiusi in difesa. Giancarlo Cancelleri ha,
infatti, affermato che sarebbero oltremodo felici di raggiungere il 15 per
cento. Una percentuale cospicua, ma lontana sideralmente, dal risultato delle
politiche che fece dei grillini uno dei tre partiti “nazionali” a pari merito
con le coalizioni di centrodestra e centrosinistra.
Nei ballottaggi della Penisola, che si svolgono in concomitanza del primo
turno siciliano, il centrosinistra gode di un vantaggio incolmabile, perché ovunque,
con qualche sparuta eccezione, parte in vantaggio. Potrebbe esserci qualche
capovolgimento di fronte? Possibile, ma non significativo, perché i conti
rimarranno largamente favorevoli al centrosinistra.
L’Isola potrebbe risollevare le sorti di Berlusconi e dei suoi alleati? Difficile, perché i numeri di
partenza, vedono il centrodestra in posizione di comando. Deve perciò mantenere
ciò che ha, specie nei quattro capoluoghi – Catania, Messina, Siracusa e
Ragusa. E qui i giochi sono complicati per tutti, non solo per il centrodestra.
L’Udc, anzitutto: non ha abbandonato le geometrie variabili, perché si sta con
il centrosinistra in tre dei quattro comuni, e con il centrodestra a Siracusa.
Rispetto alle ultime amministrative, c’è stato uno spostamento del partito di
D’Alia verso il centrosinistra.
A Catania Raffaele Stancanelli e Enzo Bianco si contendono il comune ad armi
pari, essendo riusciti a compattare i rispettivi schieramenti, risultato che
non è stato alla portata di altri. Sul filo di lana, in verità, Enzo Bianco è
riuscito a portare dalla sua parte Articolo 4, il Movimento nato per volontà di
Lino Leanza, fino a qualche mese fa, nell’Udc, e un poco prima lomdardiano di
ferro nel Mpa-Pds. Anche a Messina, Ragusa e Siracusa il risultato è aperto.
Negli altri comuni, a causa della presenza di liste civiche (odiatissime da Beppe Grillo, perché
nasconderebbero nella maggior parte dei casi, gattopardismi duri a morire), è
davvero impresa improba stabilire delle nette divisioni fra partiti. Stando
alle previsioni di Rosario Crocetta, che è un inguaribile ottimista, il
centrosinistra potrebbe – non, dovrebbe – fare bottino pieno ovunque, con
l’eccezione di Licata, dove si è dilaniato al punto da consegnarsi al “nemico”
pressoché inerme.
Le amministrative siciliane non avranno alcun peso sulle sorti del governo. Certo, una sconfitta su tutta la linea o
un en plein di una delle tre componenti – centrodestra, centrosinistra e M5S –
una qualche influenza l’avrebbe, sul piano politico, ma non ci sono questi
numeri: la Sicilia delle amministrativa non ha una tradizione rivoluzionaria,
tutt’altro.
Crocetta subirà la “verifica” all’indomani delle elezioni locali perché nella sua maggioranza lo
scontento è pressoché unanime, a cominciare dal Partito Democratico, costretto
a subire la concorrenza del Megafono. Nell’Udc perfino il king-maker di
Crocetta, Gianpiero D’Alia, ha dissotterrato l’ascia di guerra e fatto battute
piuttosto pesanti sulle scelte del governo. D’Alia ha la lingua biforcuta,
d’accordo, ma il quadro non cambia. Sente da vicino gli umori dei democratici
messinesi e le condivide? Possibile. Ma c’è di più, l’assenza di deputati
nell’esecutivo indebolisce il governatore: a Palazzo dei Normanni il governo
non ha gauardaspalle interessate all’immutabilità.
Ma tutto questo con il risultato elettorale non c’entra assolutamente
nulla. Godiamoci, dunque,
l’ultimo capito di una stagione elettorale che sembra non avere fine, e
prepariamoci ad assistere all’ennesima quasi-crisi di governo, che non è il
quasi goal di Nicolò Carosio, ma poco ci manca.
SiciliaInformazioni.com,
09 giugno 2013
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