Il generale Gianadelio Maletti |
La notifica è avvenuta il giorno dopo la morte di
Giulio Andreotti. “Maletti mi ha sempre detto che finché fosse rimasto in
vita Andreotti in Italia non l’avrebbero voluto”, ha commentato a caldo
l’avvocato difensore dell’ex agente segreto, Michele Gentiloni Silveri.
Al governo italiano non resta che chiedere
l’estradizione. Non è stata mai fatta, né promossa. Maletti oggi è cittadino
sudafricano, quasi impossibile ottenere l’estradizione. Nonostante il reato
sia stato commesso in Italia.
La notizia è stata ignorata, con qualche eccezione. Ed
è sorprendente. L’ex agente segreto è l’ultimo testimone vivente, anzi
la memoria storica, della stagione golpista.
Fuggì in Sud Africa nel 1980 per evitare il carcere. Il Sid fu per molti anni il
covo di eversori e intrighi e trame tuttora segrete. In particolare il generale
Vito Miceli, siciliano di Salemi, e il suo successore, Maletti, furono i
protagonisti più noti di questa fase tormentata della storia italiana. Miceli
godeva della stima di Aldo Moro, Maletti era vicino a Giulio Andreotti.
Miceli stava al vertice, Maletti dirigeva il più
importante settore operativo, il Reparto D. Entrambi iscritti alla Loggia
massonica P2 – il primo vi entrò nel 1969, il secondo nel 1974 –
combatterono fra loro una cruenta faida alla testa delle due fazioni più
potenti del Sid.
Le cause della faida? Rivalità personali,
riferimenti politici e collegamenti internazionali contrapposti, connivenza
con forze eversive.
La posta in gioco era l’evoluzione del corso politico
per influenzarlo. Miceli avrebbe considerato la necessità di svolte autoritarie
ed era filo-arabo, era filo-americano e filo-libico; Maletti era collegato
con i servizi segreti israeliani, tedeschi e americani. Impossibile una
linea di demarcazione, Miceli era stimato negli Usa, nonostante la posizione
filo-araba, Maletti frequentava gli israeliani e era vicino al filoarabo
Andreotti. I capi corrente della DC utilizzano le faide interne per le loro
battaglie interne offrendo, in cambio, una copertura politica.
Con la caduta del muro di Berlino e la fine della
guerra fredda e del bipolarismo Usa-Urss, saltarono i vecchi, pur instabili,
equilibri nei servizi e, di conseguenza, negli stessi ambienti
istituzionali. Molti segreti finirono nelle redazioni dei giornali.
Nell’estate 1990 non potè essere più negata
l’esistenza di Gladio, l’esercito “fantasma” che sarebbe dovuto entrare in
azione nel caso in cui i comunisti avessero vinto le elezioni o, comunque, si
fossero impadroniti del potere. Francesco Cossiga, che di Gladio era il fautore
e protettore, andò su tutte le furie dopo avere osservato al Quirinale un
religioso silenzio per larga parte del settennato.
Il 2 agosto del 1990, Andreotti promise che entro
due mesi avrebbe raccontato tutto su Gladio in Parlamento. Il 9
ottobre uscì fuori una versione del memoriale di Aldo Moro, il 20 ottobre
Andreotti consegnò una prima versione del Rapporto dedicato al “Sid
parallelo – Operazione Gladio”; il 23 ottobre il rapporto fu rimaneggiato
anche nel titolo: “Operazione Gladio”.
Giulio Andretti divenne il bersaglio, nei giornali, di
attacchi istituzionali, cui pare che Cossiga non fosse estraneo, ma non reagì.
Sarebbe stato accusato negli anni successivi di avere dato una mano a Cosa
nostra e di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Mino
Pecorelli, amico di Maletti, ucciso in un agguato a Roma il 20 marzo 1979.
Da Johannesburg, Maletti aveva cominciato ad
anticipare alcune rivelazioni scottanti: la strage di Piazza Fontana sarebbe
nata nel cuore della Cia (Nixon ne avrebbe avuto notizia) al fine di
provocare allarme sociale in Italia, disordini e timori tali da giustificare
una svolta autoritaria nel Paese. Si susseguirono rivelazioni e annunci di
prossime rivelazioni. Secondo Maletti, Giulio Andreotti sapeva che i
neofascisti del Gruppo Ordine Nuovo, su mandato straniero, erano gli autori
materiali della bomba di Piazza Fontana.
Vito Miceli, uscito dal cono d’ombra del Sid, aveva
fatto una “normale” carriera parlamentare nelle fila del Msi. Se n’era
stato zitto fino ad allora. Di colpo decise che la sua lealtà alla nazione non
avesse più alcun senso dopo gli endorsment di Francesco Cossiga, Giulio
Andreotti ed altri, e annunciò che avrebbe raccontato tutto Commissione stragi,
dopo avere anticipato l’intenzione al giudice veneziano Casson. Era il mese di
novembre 1990.
Qualcuno, a quel punto, suggerì al Generale Miceli,
che era cardiopatico, di sottoporsi ad un intervento chirurgico alla
prostata. Intervento di routine, gli disse il medico personale, di cui si
sarebbero perse le tracce dopo il ricovero, per persuaderlo e rassicurarlo.
Vito Micelì superò l’intervento, ma nelle ore successive fu stroncato da un
infarto. E non potè mantenere la promessa di raccontare tutto. Con grande
sollievo di molti.
E’ rimasto solo Gianadelio Maletti, 92 anni, cittadino
del Sud Africa, l’ultimo depositario delle verità inconoscibili, dopo la
morte di Giulio Andreotti.
SiciliaInformazioni,
11 maggio 2013
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