Ma allora, il partito democratico è un morto che parla: 31 e 47 per i
giocatori del lotto. Oppure sta percorrendo l’ultimo miglio prima di esalare
l’ultimo sospiro. C’è poi la terza opzione: i sondaggi, ancora una volta, non
ci hanno azzeccato. E con loro fior fior di politologi. Il Pd sopravvive alle sue sventure e non sembra intenzionato a tirare
le cuoia. Tutt’altro. La partita non è chiusa, me se si prendono per buone leproiezioni di Roma, ben due milioni di elettori, e la Val d’Aosta, qualche idea ce la possiamo fare in ordine alla tendenza
dell’elettorato. La prima, la più importante, riguarda l’astensionismo che
viaggia nell’ordine del 15-20 per cento di votanti in meno rispetto alle
precedenti amministrative. Poi le scelte: il Pd a Roma sfiora
il 40 per cento con il suo candidato, Ignazio Marino, e si assicura una partecipazione al ballottaggio, che dovrebbe vederlo
vincitore, visto che ad uscire fuori dal primo turno sono il Movimento 5
Stelle, e l’indipendente di sinistra Alfio Marchini.
Il Pdl con Alemanno si assesta al 31,1 per
cento (seconda proiezione), seguito da Marcello
De Vico (M5S), al 13,5 e Marchini (9,7). In Val D’Aosta
si confermano gli autonomisti, che mantengono saldamente il governo della
regione, ed esce nientemeno dal consiglio regionale il Pdl, che supera di poco il 4 per cento dei suffragi. Anche qui, una secca
scrematura dei consensi grillini, meno undici per cento (dal 20 al 9 per cento
circa).
I primi commenti sono rivolti alla debacle grillina. Se le cose dovessero
rimanere così, al dato romano e valdostano, passerebbe dal
25-27 per cento al 13-14 per cento. Paga l’inerzia politica,
la non scelta, l’insistenza su scontrini e ricevute e il rifiuto del dialogo
con altre forze politiche, in definitiva la sua sostanziale “assenza” nei tre
mesi successivi alle consultazioni politiche.
Il successo di Ignazio Marino, tuttavia, va
“letto” in un contesto interno al Pd, che trova il candidato sindaco della
capitale in una posizione di netto dissenso. Marino non ha votato la fiducia
alle larghe intese, non ha accettato il sostegno formale del Pd, ma quello di Zingaretti, il presidente della Regione del Pd. In più, sono note le sue
posizioni sui diritti civili, è un cattolico laicissimo, favorevole alla procreazione assistita, eutanasia (entro certi limiti) e
testamento biologico.
Il dato che, tuttavia, fa discutere di più è l’alta percentuale di astensioni, segno di una disaffezione dell’elettorato molto alta. Ma non sono solo i partiti, stavolta, i soggetti penalizzati, ma anche il
Movimento 5 Stelle, che si aspettava una conferma della performance di
febbraio.
I ballottaggi – Roma pare ormai certo, andrà allo “spareggio” – si
svolgeranno in concomitanza del primo turno delle amministrative
in Sicilia, il 9 e 10 giugno. Il risultato del rinnovo
di sindaci e consigli in Italia costituisce un’anteprima per l’Isola. O, se
volete, il voto siciliano, è “la coda” del primo test elettorale dopo la
nascita del governo Letta.
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