Vito Lo Monaco |
Il prossimo
martedì 30 aprile, al Teatro Biondo di Palermo, ricorderemo il 31°aniversario
dell’uccisione politico mafiosa di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, alla
presenza del nuovo presidente della Camera dei Deputati, on. Laura Boldrini. La
manifestazione saluterà Giorgio Napolitano, rieletto Presidente della
Repubblica, il quale, nel corso del suo primo settennato, ha mostrato sempre
grande attenzione verso il Centro studi La Torre e le sue iniziative di
promozione di una nuova cultura democratica antimafiosa, ispirata alla memoria
e all’impegno politico di La Torre.
Anche noi
vogliamo ringraziare Napolitano per aver accettato, con grande spirito di
servizio per la Repubblica, l’oneroso incarico, ma non possiamo nasconderci che
il suo sacrificio è stato reso ineludibile dal fallimento dei partiti e dalla
loro crisi che può travolgere il sistema democratico.
Se le responsabilità
dell’attuale crisi politica sono equamente divise tra tutti i partiti, ben più grave
appaiono quelle del Pd le cui divisioni interne e incertezze hanno trascinato
il Paese sull’orlo di un cedimento democratico. Il Pd è apparso in queste
settimane come un’armata brancaleone, non più partito di massa né ancora
partito nuovo, senza una cultura politica definita, una volta affascinato dalle
culture neoliberiste o dal nuovismo della web democrazia, retto da nuove
logiche corporative, di ceto e di cordate interne. Dietro le dimissioni della
segreteria, le rottamazioni, le fibrillazioni dei vari gruppi interni
s’intravedono concreti pericoli d’implosione di quel partito, ma anche della
democrazia del Paese. Senza un Pd, o una sua evoluzione, forte, unito, con vita
interna democratica, senza correnti, ma con organismi plurali e collegiali, il
Paese rimarrebbe governato dal populismo, vecchio o nuovo, passerebbe da quello
berlusconiano a quello di Grillo e Casaleggio, dal controllo mediatico
televisivo a quello del web. In tutti due i casi, la democrazia rappresentativa
ne uscirebbe definitivamente distrutta.
La
rielezione di Napolitano, in un paese sotto stress da tempo, rappresenta, oggi,
una speranza per non rinunciare a un governo di cambiamento (di scopo o
comunque si voglia chiamare) da eleggere subito con l’obiettivo di rispondere
al mare dei disoccupati, scoraggiati, esodati, giovani, lavoratori, imprenditori,
ricercatori, agricoltori. Sarà sufficiente il memorandum dei saggi insediati da
Napolitano? Comunque è un punto di avvio. Basterà modificare la legge
elettorale (che va fatta entro i primi cento giorni di governo) per uscire
dalla crisi del sistema rappresentativo? Non saranno sufficienti né il primo né
la seconda se non saranno accompagnati dalla rifondazione dei partiti,
cominciando da sinistra.
I vari
populismi, l’antipolitica, l’antieuropeismo sono stati funzionali agli
interessi del capitalismo finanziario globale il quale by-passa governi e
interessi nazionali e considera ogni forma di democrazia rappresentativa un
ostacolo. Questi ultimi cinquanta giorni di veti incrociati non hanno consolidato
la democrazia parlamentare, hanno fatto saltare la segreteria del Pd e
rafforzato, col contributo di Grillo, il centrodestra e la riesumazione di
Berlusconi.
Cosa fare?
Non certamente una nuova marcia su Roma, subito negata dal suo improvvido
proponente, proprio alla vigilia del venticinque aprile quando gli italiani ricordano
la Resistenza che ci ha donato questa Costituzione dopo aver sconfitto gli
autori della prima marcia e il nazismo e subito dopo che i due terzi del
Parlamento avevano votato per la prosecuzione del mandato all’undicesimo
Presidente della Repubblica. Napolitano, ricevendo i due presidenti delle Camere
che gli comunicavano la sua rielezione, ha voluto ricordare a tutti i parlamentari,
il loro prioritario dovere di assicurare al Paese quel governo di cui ha
urgente bisogno. Per quanto possiamo il prossimo trenta aprile, cercheremo di
dare il nostro piccolo contributo affinché la democrazia della nostra Italia
sia salvaguardata e potenziata.
ASud’Europa, n. 16 – 22.aprile 2013
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