di Francesca
Rispoli
18 anni di
memoria e di impegno, di crescita collettiva, di unione di singoli, sigle,
scuole, università. 18 anni di vicinanza ai familiari delle vittime e
alle vittime, ai testimoni di giustizia, a chi quotidianamente facendo il
proprio mestiere si oppone alle mafie e alle logiche mafiose, che si annidano
in tutte le professioni e ad ogni latitudine. Ci sono tre donne che
è importante ricordare in una giornata così. Sono tre madri, La prima è la
madre di Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone, che ci ha
affidato il bisogno di dare a ciascuno la dignità del suo nome. Soffriva
Carmela, quando la memoria di Antonio, di Rocco e di Vito veniva liquidata con
l’espressione “i ragazzi della scorta”.
“Perché” si
chiedeva “il nome di mio figlio non lo dicono mai. E’ morto come gli altri”. Da
lì, da questo bisogno, da questo grido di identità negata nasce il 21 marzo,
Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle
mafie. Ogni anno una città diversa, ogni anno un lungo elenco di nomi scandisce
la memoria che si fa impegno quotidiano. La seconda è la madre di Roberto
Antiochia, agente della Polizia di Stato che proteggeva il vice questore di
Palermo Ninni Cassarà. Mori trucidato di colpi, nell’agosto dell’85, cercando di
fare da scudo al “suo” questore. Saveria dopo quel lutto decise di impegnarsi,
anche politicamente, per portare rinnovamento e azioni volte al ripristino
della legalità. Poi a metà degli anni ’90 ha accompagnato la nascita di Libera
ed è stata la prima a tessere pazientemente la rete tra i familiari delle
vittime delle mafie, che oggi è forte e trasversale. La terza è la madre
di Pierantonio Sandri, giovane scomparso a Niscemi nel 1995, a soli diciannove
anni. Ninetta non si è data pace finché non ha avuto una tomba su cui piangere.
Finalmente nel 2009, grazie alle dichiarazioni di un collaboratore di
giustizia, sono stati ritrovati i resti di Pierantonio. Ninetta ha urlato più
che ha potuto, fino alla morte, che suo figlio era vittima di un sistema
omertoso, che per quindici anni non ha consentito di fare luce sul caso. Oggi
queste madri si sono ricongiunte ai loro figli e a noi hanno lasciato
un’eredità straordinaria, di forza, di impegno, di fame e sete di
giustizia e verità.
E’ anche
grazie a loro che Libera è arrivata a compiere 18 anni. 18 anni
è un’età importante, in cui i ragazzi diventando maggiorenni
affrontano le nuove sfide che la vita propone loro. In primis, il diritto di
voto. Il diventare pienamente cittadini della Repubblica, esprimendo le proprie
idee politiche affinché vengano rappresentate in Parlamento. Libera su questo è
stata un “enfant prodige”: fin dalla sua nascita infatti ha portato avanti
proposte che potessero diventare realtà, grazie all’interlocuzione permanente
con le Istituzioni. A cominciare dalla legge sull’uso sociale dei beni
confiscati alle mafie, proposta con la raccolta di un milione di firme. E in
questi 18 anni sono state molte le istanze portate avanti, per poter rispondere
con efficacia all’emergere di nuove forme di investimenti criminali nel nostro
Paese. Oggi più che mai è chiaro che per sconfiggere le mafie
è necessario un maggior investimento in termini di innovazione, per dare
la possibilità ai giovani di trovare la propria dimensione e non cedere ai
miraggi di guadagni facili e illegali. In questi giorni l’Italia ha
guadagnato un triste record: il tasso di disoccupazione giovanile lambisce il
40%. Pensare che ci siano 4 giovani su 10 che non trovano spazio, non
può che spingerci a reagire e a fare ciò che è in nostro possesso per
migliorare la situazione.
Libera
è un’associazione in cui tanti giovani trovano il loro modo di essere
attivi, attraverso i presidi territoriali e i coordinamenti, attraverso i campi
estivi, le cooperative, i corsi universitari, i laboratori scolastici. E poi
attraverso tanti linguaggi diversi, come la musica, i film, l’arte in tutte le
sue forme, le sperimentazioni digitali. Una rete in cui esiste un forte patto
generazionale, una solida alleanza tra coloro che hanno esperienza e coloro che
vogliono fare esperienza, senza che si crei un rapporto gerarchico.
Una rete in
cui chi vuole essere protagonista trova spazio e agibilità. E’ per questo che
negli ultimi anni é aumentata esponenzialmente la presenza di giovani che
vedono in noi ciò che probabilmente non trovano più in altri luoghi: spazi di
formazione, di libertà di espressione, di attivismo, di proposta politica e,
soprattutto, di cambiamento. Molti di loro non erano neanche nati quando la
rete è stata pensata, quando ci sono state le prime riunioni che ponevano
al centro la necessità dello “stare insieme” per non creare l’ennesima
associazione accanto alle altre. Tutti questi giovani però hanno dentro lo
spirito originario di Libera e ne vivono a pieno le attività, essendo protagonisti
accanto ai più adulti. In una logica intergenerazionale che ci pone
corresponsabili verso il nostro Paese: perché l’Italia ha bisogno di
cambiamento oggi e solo se c’è un forte legame tra gli adulti e i giovani, che
insieme rappresentano il presente, questo cambiamento può essere generato.
(Articolo
pubblicato anche su L’Unità, 25 marzo 2013)
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