Michele Serra |
Cosa ti ha
spinto a firmare e lanciare l’appello? L’ottimismo della disperazione?
«Diciamo di
sì. Unito alla voglia di definire in poche parole un umore molto diffuso,
quello di chi spera di uscire da vent’anni di puro orrore politico, vede un
Parlamento profondamente rinnovato (il più giovane d’Europa come età media) e
teme che da tutto questo non esca uno straccio di governo. E si torni a votare
senza nessuna garanzia che ci sia una maggioranza».
Mi sembra di capire che l’appello si rivolga al Pd, al Movimento 5 Stelle e
probabilmente a tutti i parlamentari di buona volontà. È così? Sei davvero
convinto che il Movimento 5 Stelle possa muoversi senza Grillo? O che
addirittura possa spostare Grillo?«Definirlo appello mi sembra eccessivo. È un volantino, un piccolo memo da appiccicare sul muro, è rivolto a nessuno e a tutti, chi vuole ne tiene conto, chi non vuole è libero di disprezzare la nostra fatica di metterci la faccia e il nome. Le domande sul Movimento Cinque stelle, esattamente come le domande sul Pd, vanno rivolte ai diretti interessati. Non ho alcuna idea di quale peso reale abbia lo slogan “uno vale uno” in un movimento così coeso. Allo stesso modo non ho alcuna idea di quanto il Pd, che è un partito di cultura soprattutto industrialista, sia disposto a fare davvero i conti con molte delle istanze delle Cinque stelle, a partire da quelle ambientaliste. Mi limito a sperare che qualcosa accada. Sperare è ancora lecito, credo».
Per fare un matrimonio ci vogliono delle affinità, se non elettive almeno elettorali. Che cosa potrebbe convincere il Movimento 5 Stelle a sostenere, sia pure con riserve, un governo guidato dal centrosinistra?
«Per esempio, che non fosse un governo “guidato dal centrosinistra”. Ma un governo sostenuto dal centrosinistra. E formato da personalità considerate con rispetto sia dal centrosinistra che dalle Cinque Stelle. Hai presente un’utopia? Ecco».
Nel testo scrivete che per la prima volta ci sono i numeri per “dare corpo a un cambiamento sempre invocato, mai realizzato”. La lista delle cose che vorresti cambiare immagino sia lunga: da dove cominceresti?
«Legge elettorale, legge anticorruzione, riforma radicale dei partiti (molti meno soldi, molta più trasparenza, più democrazia interna), stop alla cementificazione dei suoli, avvio della sola Grande Opera che cambierebbe in meglio la faccia del Paese e la sua dignità: risanare il territorio e recuperare il patrimonio edilizio dismesso».
Nell’appello parlate di «governo di alto profilo». È la speranza di tutti noi. Ma pensi che un governo senza una maggioranza precostituita possa andare alla Camera e giocarsi l’osso del collo in un voto alla «o la va o la spacca»?
«Se è formato da gente per bene e autorevole, se il programma è chiaro e virtuoso, e se si trova il modo di parlarsi senza spregio reciproco, penso che ci si potrebbe provare. C’è una possibilità su cento. Più che al Superenalotto».
L’Unità, 11
marzo 2013
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