Da sx: Sonia Alfano, Davide Licari, Pierluigi Basile |
Ci fu un tempo in cui un sindaco comunista di San
Giuseppe Jato, Pietro Ammavuta, si permise di congratularsi con i carabinieri
per l’arresto di Bernardo Brusca, storico capomafia di quel mandamento e
stretto alleato del “capo dei capi” di Cosa Nostra, il “corleonese” Totò Riina.
Ma quel gesto scatenò le ire del capogruppo della democrazia cristiana,
Giuseppe Miceli, che aveva definito Brusca «un onest’uomo e un buon padre di
famiglia». E, tanto perché fosse chiaro chi comandasse in paese, qualche
settimana dopo quel sindaco comunista non fu più sindaco. Venne sfiduciato
dalla Dc, dal Psi e dal Psdi e sostituito proprio da quel Miceli che non
sopportava si parlasse male di “don” Bernardo Brusca. Era il 1985.
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A riscattare
una prima volta San Giuseppe Jato ci pensò nel 1993 un altro sindaco comunista,
Maria Maniscalco. Ma, tra attentati e intimidazioni, non ebbe vita facile. Dal
maggio scorso, dopo quasi trent’anni da quella inquietante vicenda, San Giuseppe
Jato ha nuovamente un sindaco di sinistra, Davide Licari, quarant’anni, avvocato,
affiancato da giovani assessori entusiasti e con tanta voglia di fare. E lo
scorso 21 marzo hanno voluto “fare” una
cosa molto bella e significativa. Hanno promosso la «Marcia
della legalità», in collaborazione con l'Istituto Comprensivo Statale
"Salvatore Riccobono", l'Istituto di istruzione superiore "E.
Basile" di Monreale, Libera, la Cgil, l’Anpi e Addio Pizzo, in occasione
della XVIII «Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime
innocenti di tutte le mafie». Il primo giorno di primavera, quindi, per
le vie di quello che una volta era il paese di Brusca, dopo il concentramento
in piazza del popolo, hanno sfilato gridando slogan contro la mafia centinaia
di giovani studenti e tanti cittadini. E alla testa del corteo c’erano loro, il
sindaco Davide Licari, affiancato dall’assessore alla cultura e alla legalità,
il giovanissimo Pierluigi Basile, dall’on. Sonia Alfano, presidente della
commissione antimafia europea, e dagli altri sindaci del “mandamento” di San
Giuseppe Jato (San Cipirello, Altofonte, Camporeale, Piana degli Albanesi,
Monreale). «Noi siamo oggi un presidio di legalità – ha detto il primo
cittadino di San Giuseppe Jato, intervenendo dopo la marcia –. Il nostro non vuole
più essere il paese di Brusca, ma il paese delle vittime della strage di
Portella della ginestra, il paese di questi giovani entusiasti, che non
vogliono più mafia e malaffare». Infine, a piazza Falcone e Borsellino gli studenti
hanno letto, uno per uno, i nomi delle oltre 900 vittime innocenti di mafia.
«Con questo
piccolo ma significativo gesto – ha detto l’assessore Pierluigi Basile -
vogliamo lanciare un segnale ed insieme una sfida: San Giuseppe Jato, in
passato capitale di un "mandamento del terrore", dominato da boss
spietati del calibro di Giovanni Brusca, vuole superare il triste inverno che
ha coperto il suo nome e il suo territorio con il nero di lutti e il rosso
di efferate violenze. La parte sana della nostra comunità
rifiuta l'infamia di aver dato i natali ai carnefici di
Giovanni Falcone e del piccolo Giuseppe Di Matteo e rivendica
con orgoglio i suoi caduti, dal consigliere comunale Salvatore Mineo, ucciso
nel 1920 per aver osato sfidare apertamente la cosca mafiosa che
allora spadroneggiava, ai caduti della strage di Portella,
vittime della prima strage dello Stato repubblicano, uccisi nel pianoro
tra San Giuseppe Jato e Piana degli Albanesi il 1° maggio 1947». «Ma oggi
San Giuseppe Jato – ha scritto in un comunicato la Cgil di Palermo - può essere orgogliosa anche di ospitare due
delle più importanti cooperative sociali che lavorano sui terreni confiscati
alla mafia: la “Placido Rizzotto” e la “Pio La Torre”. I giovani di queste
cooperative rappresentano gli eredi ideali del movimento contadino degli anni ’40,
che aveva “fame di terra e sete di giustizia”».GUARDA L'ALBUM FOTOGRAFICO
Dino Paternostro
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