Monsignor Michele Pennisi |
È la Sicilia
la chiave di ogni cosa. Così sentenziava Goethe, e così è stato anche alla
vigilia del conclave che ha eletto il successore di Benedetto XVI. Era stato,
infatti, il cardinale di Palermo Paolo Romeo ad anticipare le dimissioni di
Joseph Ratzinger dopo una fuga di notizie. Da queste considerazioni, dal rapporto
del nuovo papa con la Sicilia e dall’atteggiamento della Chiesa nei confronti
della mafia, muove la conversazione con Michele Pennisi, 67 anni, vescovo di Piazza
Armerina, designato alla guida dell’arcidiocesi di Monreale da uno degli ultimi
atti firmati da Benedetto XVI. «La polemica legata alle dichiarazioni del
cardinale Romeo è palesemente artificiosa - commenta il nuovo arcivescovo di
Monreale - Le sue parole, rese in maniera informale, sono state strumentalizzate.
Valutazioni e commenti sullo stato di salute del papa che sono state rese
pubbliche da un cardinale colombiano. Forse, si trattava di considerazioni
direttamente legate al precedente impegno in Colombia del cardinale dove è
stato per nove anni rappresentante pontificio. Una strumentalizzazione, forse,
legata a qualche risoluzione che ha irritato suscettibilità locali. Poteva
essere, forse, un tentativo di mettere in difficoltà una figura centrale del
conclave che si apre oggi. L’ unica considerazione che mi sento di fare è quella
che le dimissioni di Benedetto XVI, assurgono ormai al rango di gesto epocale».
Quali dunque
le aspettative della chiesa siciliano nei confronti del nuovo papa appena
eletto? «Da vescovo siciliano, spero che il nuovo papa Francesco, rinvigorisca
il cammino della chiesa siciliana in direzione della promozione della moralità
e della legalità. Un pontefice che possa essere vicino ai siciliani e li aiuti
a superare la rassegnazione, superare lo smarrimento». Il vescovo di Piazza
Armerina è balzato agli onori della cronaca per aver opposto il suo veto alla
celebrazione dei funerali del boss gelese Daniele Emmanuello. Diniego che gli
costò l’ immediata intimidazione mafiosa e il successivo ricorso alla tutela
disposta dalle autorità competenti. «La mia vocazione non è quella di fare l’eroe
antimafia - commenta Pennisi - La mia attitudine è quella di stare tra la gente
e dialogare con tutti. Non amo il clamore e l’ etichetta di vescovo antimafia
che mi è stata affibbiata. Non celebrare in forma solenne il funerale del boss
Daniele Emmanuello nella cattedrale di Gela è stata una scelta condivisa. Una
valutazione adottata con le autorità competenti: prefettura e questura. Non si
poteva consentire di trasformare un funerale in un’apoteosi, nell’ esaltazione
di un simbolo negativo. Ho reagito alle minacce con la serenità di un pastore
che ha cercato solo di compiere il proprio dovere».
Michele
Pennisi è stato rettore del collegio Capranica di Roma, il più antico seminario
del mondo, istituzione che ha forgiato figure di primo piano come i cardinali
Ruini, Martino e Fisichella. La sua è una chiara scelta di campo che confina
negli scaffali della storia l’indifendibile diniego pronunciato del cardinale
Ruffini negli anni Sessanta. È questo il nuovo corso della Chiesa siciliana che
si è risvegliata dal torpore secolare solo dopo il
ruggito di
papa Wojtyla. «Giovanni Paolo II, con il suo grido di denuncia ha scritto ad Agrigento
una pagina di storia - dice il neo arcivescovo di Monreale- Papa Wojtyla ha
chiesto ai mafiosi di pentirsi, cambiare vita e convertirsi. Ha indicato un
percorso ineludibile: contrastare la mafia con la fede. Un cammino storico
della Chiesa siciliana che è stato, purtroppo, terribilmente suggellato dal martirio
di don Pino Puglisi. Ho avuto la fortuna e il piacere di collaborare a lungo
con padre Puglisi. Un uomo e un pastore straordinario. Sono rimasto sgomento
quando ho appreso la notizia del suo omicidio. Padre Puglisi era la perla del clero
palermitano. Un martire che approderà a maggio al soglio del processo di
beatificazione». Il riscatto siciliano e l’ impegno permanente all’educazione
alla legalità sono dunque le direttrici fondanti di questo nuovo corso. «In
questi anni di impegno della diocesi armerina, abbiamo strutturato una rete
educativa articolata - sottolinea il presule - Un lavoro che abbiamo svolto in
collaborazione con le scuole e le associazioni che operano nel territorio». Un
impegno pastorale, quello di Pennisi, maturato anche in realtà simboliche
siciliane come Gela. «Un luogo paradigmatico. Questo è Gela. Una realtà dura,
con un degrado urbano e morale, ma è anche una comunità di persone straordinarie,
generose - precisa ancora l’ arcivescovo – Abbiamo sempre assicurato il nostro
contributo di collaborazione alle amministrazioni locali gelesi. Con l‘ ex
sindaco Rosario Crocetta, siamo stati impegnati in numerose manifestazioni e
attività di sensibilizzazione». Il rimando all’ex sindaco antimafia di Gela non
può prescindere da un riferimento al suo nuovo ruolo di governatore della
Sicilia. «Per
Crocetta è
venuto il momento di far seguire ai proclami espliciti anche la concretezza
delle azioni. Il mio augurio è che il nuovo governatore della Sicilia possa
dare finalmente l’auspicato impulso alla ripresa dell’ Isola». Ancora qualche
settimana e l’impegno pastorale di Pennisi si sposterà in un’ altra realtà
siciliana simbolica: la diocesi di Monreale. Il Cristo pantocratore del duomo di
Monreale è stato il fondale di complessi intrecci. Le cronache dei giornali
hanno raccontato di un misterioso cellulare del segretario dell’arcivescovo di
Monreale clonato da un mafioso, di appalti della Curia finiti nel mirino degli
investigatori. La stessa diocesi dove ha operato con grandi difficoltà Cataldo
Naro, una grande figura di religioso e intellettuale, anche lui vittima di
feroci intimidazioni.
«Sono legato
al ricordo di Cataldo Naro da una comune storia accademica: siamo stati
studenti alla Gregoriana. Abbiamo avuto come maestro il gesuita padre Giacomo
Martina, un insigne storico e cattedratico. Naro è stato un grande
intellettuale, uno studioso stimato. Gli episodi legati alle sue difficoltà
sono legati agli interventi di riforma avviati all’interno della diocesi di
Monreale. Diocesi nella quale opererò nel solco del suo impegno». Pennisi opera
un continuo rimando a figure di religiosi intellettuali, maestri di
riferimento, come l’ ex vescovo antifascista di Piazza Armerina, Mario Sturzo.
«Presiedo il processo di beatificazione di Mario Sturzo, fratello del ben più
noto Luigi - conclude l’arcivescovo - È stato vescovo della diocesi di Piazza
Armerina dal 1903 al 1941 e fu vittima di intimidazioni del regime dell’ epoca
a causa del suo impegno. Un punto di riferimento per la storia futura della
chiesa isolana».
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