Un momento della traslazione dei resti |
Poco lontana la tomba di famiglia, anch’io come tanti, tutte le volte
che la visitavo mi soffermavo davanti al loculo di Bernardino Verro esecrando
il Comune per tanta incuria. Qualche fiore appassito e tutta la malinconia
delle tombe abbandonate. In realtà avevo sentito anch’io qualche diceria su
quell’unica figlia che avrebbe portato le spoglie a Palermo ma, nessuno ormai
vivente degli eredi, strano che non si erano neanche curati di togliere la foto
e il nome dalla lapide! Di solito è la prima cosa che si fa e anche adesso era
stato fatto, al momento della traslazione, si era pensato bene di sistemare la
stessa lapide con la bella foto nella nuova cappella.
Pensieri, i miei come quelli di
tanti, dovuti ad un uomo che dalla storia avrebbe meritato ben di più della
“solita” negligenza da parte degli amministratori.
Maturava intanto l’idea di dare ai resti mortali una degna
collocazione e di traslarli nel giorno
anniversario del 3 novembre con gli onori finalmente dovuti.
Già il giorno precedente, giorno dei defunti, furono in tanti a
lasciare un lumino e un fiore nella cappella ancora vuota, segno incoraggiante
di una risvegliata ed innegabile coscienza civica.
Tornato dopo molti anni a Corleone nella ricorrenza dei defunti, ero
felice di vedere finalmente la tomba di
Placido Rizzotto piena di fiori e ceri ed ero certo che lo stesso sarebbe
accaduto anche per l’altro sfortunato figlio di questo infelice paese. Fui
invitato all’apertura del loculo e a tutti apparve una cassa di legno sbriciolata
e con molte ossa alla rinfusa. Tutti facemmo caso al teschio maggiore che
presentava un vistoso foro sul lobo. Con emozione qualcuno ricordò che in
effetti gli avevano sparato a bruciapelo colpendolo alla testa. Toccai con una
carezza quel teschio. A Corleone giorni come questi sono attesi e bisogna
gustarseli. Si era lì perché finalmente
il Comune aveva reso disponibile una degna sepoltura, perché era giunto il
momento di ricordare a tutto il paese che Corleone è patria di tante illustri
vittime che sono morte per la democrazia, la giustizia e la libertà, che del
vecchio paese di mafia poco o nulla era rimasto perché i cittadini e anche le
istituzioni avevano, pur faticosamente, fatto la propria parte.
Questi i pensieri che erano nella mente di tutti, quasi un respiro
profondo e corale per un dovere che si stava compiendo davanti a quei poveri
resti.. Nessuno fece caso alla diversa vetustà del cemento e della calce che
copriva i mattoni, si constatò che se c’era il foro in testa quello era
inoppugnabilmente il corpo di Verro. Fu superficialità collettiva? Abissale
ignoranza di dove possa spingersi il pensare luciferino delle bestie mafiose?
Se i resti c’erano, perché si sarebbe dovuto preventivamente cercarli altrove?
Nessuno quel soleggiato tre novembre osò dubitare, non era quello il
giorno.
Furono eliminati i resti estranei, si disse che nei passati decenni si
era soliti porre due casse in un loculo specie se una delle due era di un
piccolo, forse il figlioletto. La misura del cranio? Era vistosamente più piccola
e non pareva presentasse fori. La quantità di legno che avrebbe reso visibile
una seconda bara? A quei tempi le casse erano di legno scadente e si
deterioravano prima. Queste era la spiegazione dei fatti di cui non si
dubitava. Perché rovinare la festa tanto attesa con dei dubbi che, alla luce
del buon senso comune, avevano scarso fondamento?
Pirandellianamente ognuno si dette la sua risposta mentre l’emozione
cresceva fra i clic dei fotografi e il sonoro delle interviste ai sedicenti storici. Del resto il registro comunale, laddove fosse stato consultato, non registrava
alcunché né mai si erano udite storie simili di occultamenti di cadaveri.
Del resto la mafia ha sempre saputo occultare bene i suoi giustiziati, Placido Rizzotto, docet ma anche
De Mauro e altre storie eccellenti non ci danno segni di precedenti del genere.
E’ errato parlare di superficialità in questa storia in cui, oggi, i sapienti
si mescolano ai prudenti, ai diffidenti, ai… si sarebbe dovuto pensare… si
sarebbe dovuto cercare a Palermo e verificare la voce che la sorella aveva
traslato i resti.
Col senno del poi tutto è facile, soprattutto è facile raccontare di
una traslazione che non lascia traccia ad opera di una sorella che in paese non
si era mai vista, che veniva descritta come una persona un po’
“ eccentrica” e che era scomparsa da Corleone da molti anni. E’ facile
raccontare delle infinite commemorazioni, in Comune e in Villa Comunale nelle
quali nessuno ha mai pensato di verificare ciò che agli occhi del mondo, si è soliti
dare per scontato che cioè una tomba è tale finchè come tale è registrata nei
registri ufficiali del Comune.
Del resto a mia memoria non ricordo un tempo, anche lontano, in cui
quel loculo fosse apparso curato dai familiari, la memoria collettiva lo dava
per uno delle tante sepolture nelle quali il tempo ha lasciato evidenti tracce
d’oblio.
Oltre il fatto in sé, rammarica non poco vedere ergersi tanti soloni,
esprimere giudizi che nascondono pregiudizi sapendo di far male e tanto male a
chi ogni giorno si batte da anni per il ripristino della memoria storica e
della verità.
Certamente questa è dolorosamente un’altra occasione per scoprire e
trovare altre verità, troppi sono ancora i cadaveri negli armadi di certe
famiglie mafiose che a Corleone vivono, a loro dire, bene accette dalla gente. E’
proprio il caso di chiedere alla giustizia di fare ancora una volta il suo
rapido corso su questa ignobile barbarie di cui non possono essere ignare..le
famiglie.
Nel momento in cui si scopre che la barbarie delle cosche mafiose fu
tale da concepire gesti inconcepibili di offesa e ludibrio ad un cadavere
simbolo, bene ha fatto la Camera del lavoro a costituirsi parte lesa e lo
stesso chiedo di fare al Sindaco Lea Savona a nome non solo dei corleonesi ma
di tutti gli italiani.
Che si faccia pulizia nei registri storici del comune, si verifichi
quanti loculi di tal genere custodisce
il cimitero di Corleone, si chieda cosa sanno di tutto questo la Signora
Bagarella-Riina e famiglia, la Signora Provenzano e famiglia, le tante famiglie
mafiose che ancora, sotto diverse identità, albergano a Corleone. Per favore
non torniamo al niente sacciu, chiediamo che si facciano serrate indagini e si
consenta davvero al paese di riprendere il suo cammino. Alla Camera del lavoro,
al Sindaco, alle forze dell’ordine, stiamo vicini, umiliati con loro da tanta
mancanza di civiltà, e diamo loro ogni necessario incoraggiamento perché queste
atipiche “fosse comuni” restino solo un segno di barbarie su cui fare, ancora
una volta, memoria.
Giovanni Perrino, 2 febbraio 2013
1 commento:
Grazie Giovanni! Non mi sento di aggiungere altro, sarebbe semplicemente superfluo! Mi auguro che il Sindaco segua la tua proposta e che la facciono propria TUTTI i Corleonesi desiderosi di cambiare...
Leoluca Criscione, Svizzera
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