Campi di volontariato contro la mafia |
Umberto Di Maggio, referente regionale di Libera in Sicilia, ci offre questo contributo sulla vicenda dei beni confiscati. Nel proporvelo, vi ricordiamo l’intervista a don Luigi Ciotti – presidente e fondatore del Gruppo Abele e di Libera – “Confische, l’allarme di Don Ciotti. Una situazione che grida vendetta” inerente a questo argomento e consultabile sul sito http://inchieste.repubblica.it. L’Italia è in crisi economica. La parola d’ordine, adesso, è spending review. Nel frattempo i capitali fuggono via e si riducono prestiti per aziende e privati. E’ lecito chiedersi, allora, se oltre all’austerità ed il rigore non si debbano trovare nuove strategie per impiegare e far fruttare la vera ricchezza del nostro Paese: lo straordinario patrimonio artistico, culturale e naturale.
E’ il caso, ad esempio, dei beni confiscati alle mafie che raccontano
gli sforzi di una Nazione che ha saputo generare l’antivirus per sconfiggere la
malattia della criminalità organizzata e che sono, quindi, strumento di
promozione dei nostri territori.I tanti immobili (case, appartamenti, terreni
agricoli, strutture rurali, ecc.) un tempo appartenenti a cosche, clan e
‘ndrine non costituiscono, quindi, delle autentiche ricchezze attraverso cui è
possibile superare la crisi?La risposta non può che essere positiva se si fa
riferimento ai risultati conseguiti grazie all’applicazione delle legge n°
646/82 che porta il nome di Pio La Torre, deputato e sindacalista ucciso dalla
mafia 30 anni fa a Palermo.Essa, che istituisce il reato di associazione
mafiosa e la confisca dei patrimoni alla criminalità organizzata, è stata poi
completata dalla legge di iniziativa popolare n° 109/96 che ne disciplina l’uso
sociale.
Grazie a questo impianto normativo, nel corso degli anni, si sono moltiplicate
le esperienze di restituzione alla collettività del “maltolto”:
In Sicilia come in Calabria, in Puglia come in Campania sono sorte, infatti, numerose esperienze di agricoltura biologica, assistenza alle fasce deboli, turismo responsabile, formazione di eccellenza, integrazione interculturale, che hanno consentito, anche, il reimpiego lavorativo di centinaia di giovani del Sud altrimenti costretti ad ingrossare le cifre dello tzunami demografico e del disagio sociale.
Inoltre, tutte queste sono testimonianze concrete di auto impresa innovativa, giovanile, solidale, cooperativistica, ecosostenibile fuori dal tradizionale schema del posto fisso attraverso cui è realizzabile la sperata ripresa economica.
I dati al settembre 2012 dell’ANBSC, Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati, ci informano che complessivamente sono circa 12.000 le strutture strappate alle consorterie mafiose. Di queste più di 10.000 sono immobili. La valutazione prudenziale farebbe attestare il valore complessivo a circa 20 miliardi.
Questi dati, a cui andrebbe aggiunto il valore prodotto dal riutilizzo sociale, ci descrivono l’urgenza di un nuove politiche di governance che vadano oltre la tradizionale logica emergenziale e che siano a beneficio di tutta la collettività.
Di contro, ci danno un’idea di quanto strategica sia l’aggressione ai patrimoni frutto di attività illecita per lo sviluppo economico, che si concretizza solo attraverso un patto di responsabilità tra pubblico e privato.
In Sicilia come in Calabria, in Puglia come in Campania sono sorte, infatti, numerose esperienze di agricoltura biologica, assistenza alle fasce deboli, turismo responsabile, formazione di eccellenza, integrazione interculturale, che hanno consentito, anche, il reimpiego lavorativo di centinaia di giovani del Sud altrimenti costretti ad ingrossare le cifre dello tzunami demografico e del disagio sociale.
Inoltre, tutte queste sono testimonianze concrete di auto impresa innovativa, giovanile, solidale, cooperativistica, ecosostenibile fuori dal tradizionale schema del posto fisso attraverso cui è realizzabile la sperata ripresa economica.
I dati al settembre 2012 dell’ANBSC, Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati, ci informano che complessivamente sono circa 12.000 le strutture strappate alle consorterie mafiose. Di queste più di 10.000 sono immobili. La valutazione prudenziale farebbe attestare il valore complessivo a circa 20 miliardi.
Questi dati, a cui andrebbe aggiunto il valore prodotto dal riutilizzo sociale, ci descrivono l’urgenza di un nuove politiche di governance che vadano oltre la tradizionale logica emergenziale e che siano a beneficio di tutta la collettività.
Di contro, ci danno un’idea di quanto strategica sia l’aggressione ai patrimoni frutto di attività illecita per lo sviluppo economico, che si concretizza solo attraverso un patto di responsabilità tra pubblico e privato.
Sostenere queste progettualità costituisce sicuramente una forma di
investimento pubblico di alto valore che, al pari della realizzazione di
“Grandi Opere”, favorirebbe l’occupazione delle fasce deboli della popolazione
minando, per questo, il consenso alle mafie. Al contrario, prevedere una loro
messa all’asta scardinerebbe i valori fondanti del riuso sociale intorno al
quale si concentra la battaglia civile e politica contro mafie e criminalità organizzate.
Chi ricomprerebbe la casa che un tempo apparteneva a Totò Riina? E a che prezzo?
Chi ricomprerebbe la casa che un tempo apparteneva a Totò Riina? E a che prezzo?
L’approccio di chi scrive non è dogmatico e tantomeno anacronistico. Punta
invece a sottolineare che per sconfiggere la mafia è necessario un occhio
critico che punti strategicamente sul lungo periodo. Non è possibile infatti
intendere le proprietà di questa o di quella consorteria criminale soltanto
come uno strumento per fare cassa e per risolvere i problemi di bilancio del
breve periodo.
Se l’ambizione è quella di ridurre i tempi e snellire le procedure burocratiche allora vi è bisogno di un reale potenziamento dell’Agenzia nazionale e dell’attività dei suoi uffici.
Se l’ambizione è quella di ridurre i tempi e snellire le procedure burocratiche allora vi è bisogno di un reale potenziamento dell’Agenzia nazionale e dell’attività dei suoi uffici.
E’ questa l’unica via insieme al riuso sociale che oggi consente
l’emancipazione dal bisogno e dal ricatto mafioso.
Lo testimoniano i successi delle tante realtà di giovani imprenditori nate in questi anni in memoria di Pio La Torre e delle tante vittime della violenza mafiosa. A loro bisogna fare riferimento per raccontare una nuova storia: quella di un Italia libera da mafie e corruzione.
Lo testimoniano i successi delle tante realtà di giovani imprenditori nate in questi anni in memoria di Pio La Torre e delle tante vittime della violenza mafiosa. A loro bisogna fare riferimento per raccontare una nuova storia: quella di un Italia libera da mafie e corruzione.
Narcomafie, dicembre 2012
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