Che la chiesa madre di Corleone, intitolata a san Martino vescovo di Tours,
fosse tra le più antiche del luogo, lo sapevamo; ciò che ignoravamo era il
profondo legame che, fin dai primordi, univa il popolo dei fedeli all’edificio
sacro più importante di Corleone. A far luce su quasi nove secoli di vicende
intrinseche alla principale chiesa di città, ci hanno pensato Francesco
Marsalisi e Calogero Ridulfo, che nella loro “ Ecclesia Sancti Martini” mettono
a fuoco le alterne vicende della costruzione e dei rimaneggimenti riguardanti
la
chiesa. Secoli di storia durante i quali maestranze, artisti, la comunità dei fedeli e il clero cittadino vengono accomunati dall’unico intento di rendere “degna di un’importante comunità” la principale chiesa. Si intrecciano le loro storie, emerge la loro profonda fede, si mostrano le terrene debolezze degli attori protagonisti. A parlarne con i cittadini di Corleone, nella settecentesca chiesa madre, sabato 17 novembre, in occasione della presentazione del libro dei due autori, sono stati Giovanni Di Fisco, Leonardo Terrusa, Giuseppe Mandalà, Rosalia Margiotta, Rita Loredana Foti.
A margine di questo breve compendio sull’evento, pubblichiamo tre recensioni al libro da parte di altrettante studentesse liceali.
chiesa. Secoli di storia durante i quali maestranze, artisti, la comunità dei fedeli e il clero cittadino vengono accomunati dall’unico intento di rendere “degna di un’importante comunità” la principale chiesa. Si intrecciano le loro storie, emerge la loro profonda fede, si mostrano le terrene debolezze degli attori protagonisti. A parlarne con i cittadini di Corleone, nella settecentesca chiesa madre, sabato 17 novembre, in occasione della presentazione del libro dei due autori, sono stati Giovanni Di Fisco, Leonardo Terrusa, Giuseppe Mandalà, Rosalia Margiotta, Rita Loredana Foti.
A margine di questo breve compendio sull’evento, pubblichiamo tre recensioni al libro da parte di altrettante studentesse liceali.
“Ecclesia Sancti Martini”, teatro di più generazioni
“Ecclesia Sancti Martini”, elaborato grazie alla meticolosa ricerca e allo studio accurato degli autori Francesco Marsalisi e Calogero Ridulfo e, in seguito, pubblicato presso la casa editrice Palladium, non solo si presenta come un’opera a carattere storico che cerca di ripercorrere le tappe della costruzione della grande Chiesa Madre della Corleone di oggi ma, in un’analisi più accurata, il soggetto ritratto in questa pubblicazione rappresenta molto di più. La storia della chiesa di San Martino attraversa i secoli e la sua realizzazione rappresenta uno spaccato dell’evoluzione di un popolo che continua in essa a identificarsi. Dall’opera emerge la particolare attenzione per alcuni elementi che hanno costituito l’essenza di una cittadinanza, ancora oggi, sebbene in ambito religioso, legata alla Chiesa Madre considerata come uno dei punti di riferimento più importanti. Gli autori si pongono l’ammirevole obbiettivo di lasciare ai posteri un ampio bagaglio di conoscenze storico-artistiche riguardo un edificio che ha visto nel tempo il passare di diverse dominazioni straniere, l’imporsi di personalità autoritarie del calibro di Federico II di Svevia e inoltre l’affermarsi di floride epoche di mecenatismo artistico e di politiche prettamente culturali. Memori di tale compito, essi adottano uno stile contraddistinto da un linguaggio scorrevole e al tempo stesso tecnico, ricorrendo ad un uso sapiente delle fonti dalle quali, ove necessario, vengono estrapolati più passi in lingua originale in grado di conferire all’opera una maggiore aderenza al vero.
In balia di una serie di cambiamenti strutturali, la Chiesa di San Martino divenne per secoli teatro di vicende tipicamente umane che prescindevano dalla funzione puramente religiosa della struttura: cappelle, altari e decorazioni varie dovevano essere espressione del potere delle casate nobiliari e delle loro alleanze; a seguito di tale voglia di ciascuna famiglia di primeggiare sulle altre, furono chiamati a lavorare in essa un consistente numero di artisti di gloriosa fama come Tommaso de Vigilia, Guglielmo da Pesaro, Vincenzo De Azani, Cristoforo Guastapani, Pietro Ruzzolone, Nicola Milazzo e gli scultori Scaturro. Tutto era in continuo mutamento, la chiesa rimase per anni un enorme cantiere aperto nell’incessante alternarsi di periodi di lavorazione e periodi di fermo giacché ciascun cambiamento inerente al progetto strutturale, ai marmi, agli ori, agli stucchi, era mero frutto di scelte, negative o positive, che davano origine, ciascuna a suo modo, a determinate conseguenze, senza contare che il corso degli eventi avrebbe reso ancora più lunga la realizzazione del luogo di culto per via di avvenimenti segnati da una sorte sfavorevole.
Scorrendo le pagine del testo, è possibile percepire lo sforzo che gli autori hanno attuato per elargire una linea di coerenza ai fatti narrati, quella stessa fatica che traspare tra le righe e che si rese necessaria per l’esecuzione di un progetto tanto imponente e arduo nella sua concretizzazione talvolta anche per motivi economici. La Chiesa di San Martino dei giorni nostri, nel silenzio della spiritualità, ci fa dono di realtà quali impegno, dedizione, sacrificio, espressività e sudore di generazioni passate: essa, portavoce di spiriti mirabili che si sono dissolti, si fa simulacro di un connubio di arte e storia; una storia di cui, per merito di coloro che l’hanno raccontata con misurata delicatezza, ci è pervenuto, in seguito ad una piacevole passeggiata attraverso il tempo, il bandolo della matassa. Adesso, sembrano lasciar trapelare gli autori, è nostro dovere tutelare la bellezza di un edificio sacro per la sua funzione spirituale e prezioso per la sua storia perpetuando, con un pizzico di riconoscenza e umiltà, il valore del patrimonio di una chiesa che ha ancora il diritto di accogliere al suo interno più gruppi di generazioni future.
Erika Li Castri
Ecclesia Sancti Martini. Storia e arte della Chiesa Madre San Martino di Corleone
“Si crede che il primo e più importante tempio di culto cristiano a Corleone possa essere stato la chiesa dedicata a San Martino vescovo” inizia così la “Ecclesia Sancti Martini”, esordiscono così i due autori, introducendoci senza esitazione nel passato. E’ il fascino dell’antico, del remoto, del ritorno agli esordi che ci immette in rievocativo cammino della storia dell’arte, ci trasposta in un flashback lungo secoli, in un gioco incessante di geometrie dell’architettura e dell’animo. Francesco Marsalisi e Calogero Ridulfo ci raccontano ‘storia e arte della chiesa madre San Martino di Corleone’ dalle origini al XIV secolo, per poi passare al XV, XVI, XVII, XVIII, facendo di quei secoli lo specchio della società, dei pensieri, delle abitudini, delle tradizioni, e infine arrivare ai giorni odierni. Lodevole è l’attenzione ai particolari, la precisione dei dettagli in ogni loro parte, l’oculatezza delle singole posizioni di altari e cappelle. La descrizione analitica della Chiesa in ogni suo angolo diventa funzionale per scandagliare mentalità e costumi dei differenti anni. Dal Cinquecento, caratterizzato da Riforma protestante e poi Controriforma cattolica, ad oggi Corleone si fa
testimone di un itinerario civile, sociale, spirituale di rilevanza non solo locale, ma anche nazionale. Nel Cinquecento e nel Seicento per far rispettare i decreti del Concilio di Trento, che aveva dato inizio a un rinnovamento dottrinale e pastorale i vescovi condussero ispezioni periodiche di diocesi in diocesi, di parrocchia in parrocchia. E qui gli autori non mancano di precisare come le visite pastorali prima del vescovo Ludovico Torres I, e dei nipoti dopo, puntavano più a un rinnovamento degli arredi e delle strutture interne ed esterne della chiesa corleonese, che a un rinnovamento morale e spirituale dei membri della chiesa stessa. Certamente non manca la focalizzazione di cappelle e altari che, nel corso del tempo, si facevano indice della potenza e della ricchezza delle famiglie che le possedevano. Contribuire economicamente per le sorti di una cappella o di un altare diventava, infatti, una sorta di competizione nobiliare per assicurarsi un posto nella piramide sociale e un posto in Paradiso. E’ ammirevole il “modus operandi” dei due autori che, senza esasperati ed eccessivi slanci spirituali e mistici, narrano gli episodi in maniera asettica e descrivono le scene con perfetta aderenza alle realtà del tempo. Particolare è l’accuratezza con cui a ogni ritocco, ornamento o cambiamento architettonico è assegnato un determinato prezzo (da ‘onze’ e ‘tarì’ alle ‘lire’). Il registro linguistico è medio, lo stile è paratattico, abilmente impreziosito da citazioni in latino volgare. Chi vuole visitare la Chiesa con Francesco Marsalisi e Calogero Ridulfo? Un vero “ritorno alle origini”.
Bianca Rumore
III liceo classico, corleone
Ecclesia sancti Martini: “squarci di storia tra i pilastri di un tempio sacro”...
Il libro “Ecclesia sancti Martini”mostra essenzialmente il tentativo di fotografare uno “squarcio di storia”, di celebrare un “tempio sacro”, che oltrepassa la civiltà e al contempo di-viene sua primitiva radice; così, gli autori Francesco Marsalisi e Calogero Ridulfo analizzano scrupolosamente l'evoluzione artistica della Chiesa di S. Martino attraverso la rievocazione “dell'evento storico”, al fine di pervenire ad una ricostruzione di carattere storico-artistico per dar luce a un'opera organica e unitaria che reca in sé il gusto del frammento dal sapore rievocativo. Culla di civiltà, la Sicilia di Federico II di Svevia assiste alla cacciata dei musulmani e all'af-fermarsi dell'elemento cristiano, portavoce di una cultura di stampo non solo religioso ma anche
artistico. Da qui l'esigenza di erigere un tempio dello spirito dal sobrio colore normanno che attraversa i secoli impreziosendosi di quegli elementi complementari tipici del barocco, da qui l'esigenza dell'Ecclesia
sancti Martini. Particolarmente rievocativa diviene dunque l'analisi condotta dagli autori, nella misura in cui essa trova espressione “nell'uso meticoloso del dettaglio” che si esplica sia nel desiderio di ricostruire minuziosamente la componente artistica attraverso l'evoluzione della struttura architettonica , della superfice pittorica e scultorea, sia in quello di rinvenire, come frammento dal sapore arcano una documentazione storica che si proponga come “bussola” del fedele.
Alla ricostruzione storica, segue poi un'accurata descrizione delle cappelle e degli altari per poi approdare in una nuova grande costruzione del secolo XVIII; ed ecco che nuovamente si riapre una “finestra”, uno squarcio storico di un'epoca fatta di “calce, di carrole, di arena”, di una civiltà che trova la sua meravigliosa
espressione in un popolo che carica “sugli omeri la pietra tutta” per la costruzione di una chiesa che sembra sempre più un non finito, un abbozzo, una premessa di un'opera monumentale e grandiosa.
Tuttavia, quasi per un processo meccanico-consequenziale, testimonianza del lento avanzare della storia nel tempo, si ha il retrocedere di un'epoca; il “medioevo” inevitabilmente lascia spazio alla “modernità”, gli eventi sismici del 1876 provocano la caduta della volta della torre della chiesa, rendono instabile il campanile, viene persino abbattuta la scalinata in marmo bianco risalente alla metà del '700 e si assiste alla realizzazione di un'altra in marmo ogliastro. Gli studiosi Marsalisi e Ridulfo ripercorrono così le tappe di un
lento sviluppo storico con un metodo di ricerca “certosino”, facendo leva sull'elemento artistico, storico, ma anche sociale. L'intento è infatti quello di sottolineare come quest'ultimo sia intimamente connesso a quello religioso, quasi a voler ripartire una scala con un consequenziale sviluppo verticale di una società, tale che dall'associazione di cariche religiose a censi si ottenga in un certo qual modo una “gradualità”, indice di una determinata organizzazione sociale.
“Filtrare la storia attraverso l'arte al fine di conoscere noi stessi perché l'uomo è un bacino di conoscenza”: questo è l'intento degli autori.
“Noi le radici le abbiamo in noi stessi , conoscerle, quindi significa conoscere noi stessi .Il passato non è tramontato per sempre, il passato è vivo nel presente, è la struttura costitutiva del presente”
(Francesco Renda).
Clarissa Arvizzigno
III liceo classico Corleone
“Ecclesia Sancti Martini”, elaborato grazie alla meticolosa ricerca e allo studio accurato degli autori Francesco Marsalisi e Calogero Ridulfo e, in seguito, pubblicato presso la casa editrice Palladium, non solo si presenta come un’opera a carattere storico che cerca di ripercorrere le tappe della costruzione della grande Chiesa Madre della Corleone di oggi ma, in un’analisi più accurata, il soggetto ritratto in questa pubblicazione rappresenta molto di più. La storia della chiesa di San Martino attraversa i secoli e la sua realizzazione rappresenta uno spaccato dell’evoluzione di un popolo che continua in essa a identificarsi. Dall’opera emerge la particolare attenzione per alcuni elementi che hanno costituito l’essenza di una cittadinanza, ancora oggi, sebbene in ambito religioso, legata alla Chiesa Madre considerata come uno dei punti di riferimento più importanti. Gli autori si pongono l’ammirevole obbiettivo di lasciare ai posteri un ampio bagaglio di conoscenze storico-artistiche riguardo un edificio che ha visto nel tempo il passare di diverse dominazioni straniere, l’imporsi di personalità autoritarie del calibro di Federico II di Svevia e inoltre l’affermarsi di floride epoche di mecenatismo artistico e di politiche prettamente culturali. Memori di tale compito, essi adottano uno stile contraddistinto da un linguaggio scorrevole e al tempo stesso tecnico, ricorrendo ad un uso sapiente delle fonti dalle quali, ove necessario, vengono estrapolati più passi in lingua originale in grado di conferire all’opera una maggiore aderenza al vero.
In balia di una serie di cambiamenti strutturali, la Chiesa di San Martino divenne per secoli teatro di vicende tipicamente umane che prescindevano dalla funzione puramente religiosa della struttura: cappelle, altari e decorazioni varie dovevano essere espressione del potere delle casate nobiliari e delle loro alleanze; a seguito di tale voglia di ciascuna famiglia di primeggiare sulle altre, furono chiamati a lavorare in essa un consistente numero di artisti di gloriosa fama come Tommaso de Vigilia, Guglielmo da Pesaro, Vincenzo De Azani, Cristoforo Guastapani, Pietro Ruzzolone, Nicola Milazzo e gli scultori Scaturro. Tutto era in continuo mutamento, la chiesa rimase per anni un enorme cantiere aperto nell’incessante alternarsi di periodi di lavorazione e periodi di fermo giacché ciascun cambiamento inerente al progetto strutturale, ai marmi, agli ori, agli stucchi, era mero frutto di scelte, negative o positive, che davano origine, ciascuna a suo modo, a determinate conseguenze, senza contare che il corso degli eventi avrebbe reso ancora più lunga la realizzazione del luogo di culto per via di avvenimenti segnati da una sorte sfavorevole.
Scorrendo le pagine del testo, è possibile percepire lo sforzo che gli autori hanno attuato per elargire una linea di coerenza ai fatti narrati, quella stessa fatica che traspare tra le righe e che si rese necessaria per l’esecuzione di un progetto tanto imponente e arduo nella sua concretizzazione talvolta anche per motivi economici. La Chiesa di San Martino dei giorni nostri, nel silenzio della spiritualità, ci fa dono di realtà quali impegno, dedizione, sacrificio, espressività e sudore di generazioni passate: essa, portavoce di spiriti mirabili che si sono dissolti, si fa simulacro di un connubio di arte e storia; una storia di cui, per merito di coloro che l’hanno raccontata con misurata delicatezza, ci è pervenuto, in seguito ad una piacevole passeggiata attraverso il tempo, il bandolo della matassa. Adesso, sembrano lasciar trapelare gli autori, è nostro dovere tutelare la bellezza di un edificio sacro per la sua funzione spirituale e prezioso per la sua storia perpetuando, con un pizzico di riconoscenza e umiltà, il valore del patrimonio di una chiesa che ha ancora il diritto di accogliere al suo interno più gruppi di generazioni future.
Erika Li Castri
Ecclesia Sancti Martini. Storia e arte della Chiesa Madre San Martino di Corleone
“Si crede che il primo e più importante tempio di culto cristiano a Corleone possa essere stato la chiesa dedicata a San Martino vescovo” inizia così la “Ecclesia Sancti Martini”, esordiscono così i due autori, introducendoci senza esitazione nel passato. E’ il fascino dell’antico, del remoto, del ritorno agli esordi che ci immette in rievocativo cammino della storia dell’arte, ci trasposta in un flashback lungo secoli, in un gioco incessante di geometrie dell’architettura e dell’animo. Francesco Marsalisi e Calogero Ridulfo ci raccontano ‘storia e arte della chiesa madre San Martino di Corleone’ dalle origini al XIV secolo, per poi passare al XV, XVI, XVII, XVIII, facendo di quei secoli lo specchio della società, dei pensieri, delle abitudini, delle tradizioni, e infine arrivare ai giorni odierni. Lodevole è l’attenzione ai particolari, la precisione dei dettagli in ogni loro parte, l’oculatezza delle singole posizioni di altari e cappelle. La descrizione analitica della Chiesa in ogni suo angolo diventa funzionale per scandagliare mentalità e costumi dei differenti anni. Dal Cinquecento, caratterizzato da Riforma protestante e poi Controriforma cattolica, ad oggi Corleone si fa
testimone di un itinerario civile, sociale, spirituale di rilevanza non solo locale, ma anche nazionale. Nel Cinquecento e nel Seicento per far rispettare i decreti del Concilio di Trento, che aveva dato inizio a un rinnovamento dottrinale e pastorale i vescovi condussero ispezioni periodiche di diocesi in diocesi, di parrocchia in parrocchia. E qui gli autori non mancano di precisare come le visite pastorali prima del vescovo Ludovico Torres I, e dei nipoti dopo, puntavano più a un rinnovamento degli arredi e delle strutture interne ed esterne della chiesa corleonese, che a un rinnovamento morale e spirituale dei membri della chiesa stessa. Certamente non manca la focalizzazione di cappelle e altari che, nel corso del tempo, si facevano indice della potenza e della ricchezza delle famiglie che le possedevano. Contribuire economicamente per le sorti di una cappella o di un altare diventava, infatti, una sorta di competizione nobiliare per assicurarsi un posto nella piramide sociale e un posto in Paradiso. E’ ammirevole il “modus operandi” dei due autori che, senza esasperati ed eccessivi slanci spirituali e mistici, narrano gli episodi in maniera asettica e descrivono le scene con perfetta aderenza alle realtà del tempo. Particolare è l’accuratezza con cui a ogni ritocco, ornamento o cambiamento architettonico è assegnato un determinato prezzo (da ‘onze’ e ‘tarì’ alle ‘lire’). Il registro linguistico è medio, lo stile è paratattico, abilmente impreziosito da citazioni in latino volgare. Chi vuole visitare la Chiesa con Francesco Marsalisi e Calogero Ridulfo? Un vero “ritorno alle origini”.
Bianca Rumore
III liceo classico, corleone
Ecclesia sancti Martini: “squarci di storia tra i pilastri di un tempio sacro”...
Il libro “Ecclesia sancti Martini”mostra essenzialmente il tentativo di fotografare uno “squarcio di storia”, di celebrare un “tempio sacro”, che oltrepassa la civiltà e al contempo di-viene sua primitiva radice; così, gli autori Francesco Marsalisi e Calogero Ridulfo analizzano scrupolosamente l'evoluzione artistica della Chiesa di S. Martino attraverso la rievocazione “dell'evento storico”, al fine di pervenire ad una ricostruzione di carattere storico-artistico per dar luce a un'opera organica e unitaria che reca in sé il gusto del frammento dal sapore rievocativo. Culla di civiltà, la Sicilia di Federico II di Svevia assiste alla cacciata dei musulmani e all'af-fermarsi dell'elemento cristiano, portavoce di una cultura di stampo non solo religioso ma anche
artistico. Da qui l'esigenza di erigere un tempio dello spirito dal sobrio colore normanno che attraversa i secoli impreziosendosi di quegli elementi complementari tipici del barocco, da qui l'esigenza dell'Ecclesia
sancti Martini. Particolarmente rievocativa diviene dunque l'analisi condotta dagli autori, nella misura in cui essa trova espressione “nell'uso meticoloso del dettaglio” che si esplica sia nel desiderio di ricostruire minuziosamente la componente artistica attraverso l'evoluzione della struttura architettonica , della superfice pittorica e scultorea, sia in quello di rinvenire, come frammento dal sapore arcano una documentazione storica che si proponga come “bussola” del fedele.
Alla ricostruzione storica, segue poi un'accurata descrizione delle cappelle e degli altari per poi approdare in una nuova grande costruzione del secolo XVIII; ed ecco che nuovamente si riapre una “finestra”, uno squarcio storico di un'epoca fatta di “calce, di carrole, di arena”, di una civiltà che trova la sua meravigliosa
espressione in un popolo che carica “sugli omeri la pietra tutta” per la costruzione di una chiesa che sembra sempre più un non finito, un abbozzo, una premessa di un'opera monumentale e grandiosa.
Tuttavia, quasi per un processo meccanico-consequenziale, testimonianza del lento avanzare della storia nel tempo, si ha il retrocedere di un'epoca; il “medioevo” inevitabilmente lascia spazio alla “modernità”, gli eventi sismici del 1876 provocano la caduta della volta della torre della chiesa, rendono instabile il campanile, viene persino abbattuta la scalinata in marmo bianco risalente alla metà del '700 e si assiste alla realizzazione di un'altra in marmo ogliastro. Gli studiosi Marsalisi e Ridulfo ripercorrono così le tappe di un
lento sviluppo storico con un metodo di ricerca “certosino”, facendo leva sull'elemento artistico, storico, ma anche sociale. L'intento è infatti quello di sottolineare come quest'ultimo sia intimamente connesso a quello religioso, quasi a voler ripartire una scala con un consequenziale sviluppo verticale di una società, tale che dall'associazione di cariche religiose a censi si ottenga in un certo qual modo una “gradualità”, indice di una determinata organizzazione sociale.
“Filtrare la storia attraverso l'arte al fine di conoscere noi stessi perché l'uomo è un bacino di conoscenza”: questo è l'intento degli autori.
“Noi le radici le abbiamo in noi stessi , conoscerle, quindi significa conoscere noi stessi .Il passato non è tramontato per sempre, il passato è vivo nel presente, è la struttura costitutiva del presente”
(Francesco Renda).
Clarissa Arvizzigno
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