Giro di vite per i grandi
manager e per le società private che percepiscono contributi pubblici per un importo superiore ad un terzo del totale del proprio
volume di affari
Ogni anno i c.d. costi
della politica, diretti e indiretti, ammontano a circa 23,9 miliardi di euro, pari a circa l’1,5% del PIL, dei quali, ad
esempio, circa 4,6 miliardi sono destinati agli oltre 24.000 consiglieri di
amministrazione, alle consulenze ed al funzionamento degli organi delle società
partecipate. E’ dunque davvero arrivato il momento di superare l’approccio solo
demagogico ed emotivo della questione, passando ad azioni realmente incisive, capaci
di andare oltre quei provvedimenti che, pur
muovendosi nel solco della riduzione dei costi istituzionali, consentono di scalfire, nel mare magnum dei costi della politica, soltanto la punta di un iceberg.
“Con la proposta di legge presentata alla Camera dei
Deputati il 12 dicembre scorso – afferma l’On. Sandro Oliveri (PDS-MPA) – si
intende introdurre un criterio normativo destinato a far tremare molti palazzi
e che, se mai dovesse tramutarsi in legge nel corso della prossima legislatura
sarebbe capace di far ottenere al nostro sistema Paese enormi risparmi,
pescando solo ed esclusivamente nelle tasche di quella casta nascosta che è
stata salvata dalla spending review. Peraltro – aggiunge Oliveri - questa legge introduce un principio di
equità, sin'ora disatteso, capace di limitare fortemente ogni personale
trattativa dei vari dirigenti con la propria amministrazione che ha determinato
enormi disparità”
In particolare la proposta
dell’On. Oliveri intende fissare come unico parametro di riferimento per il
calcolo del trattamento economico degli incarichi pubblici, l’assegno della più
alta carica dello Stato, il Presidente della Repubblica, essendo questi posto
al vertice della piramide delle cariche istituzionali. Per tutti gli altri incarichi il trattamento
non potrà superare una percentuale rapportata a
tale limite. Ad esempio (ex art. 1 del testo di legge): non superiore all’80% per il Presidente del
Consiglio dei Ministri; non superiore al
70% per i ministri; non superiore al
60% per i sottosegretari; non superiore al
55% per i senatori ed i deputati; non superiore al 70% per i presidenti
delle regioni; non superiore
al 50%
per i consiglieri e gli assessori
regionali.
A norma dell’art. 2 il trattamento economico
annuo omnicomprensivo di chiunque riceva, a carico delle finanze pubbliche,
emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o
autonomo con pubbliche amministrazioni non
potrebbe superare il 60% dell'assegno
personale spettante al Capo dello Stato, ed a tal fine verrebbero computate in
modo cumulativo le somme comunque erogate all’interessato a carico del medesimo
o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno
stesso organismo nel corso dell’anno. Limite da applicare
anche ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, agli avvocati e
procuratori dello Stato, al personale della carriera diplomatica e della
carriera prefettizia, ai presidenti delle autorità indipendenti, ai dirigenti
pubblici, ivi compresi i dirigenti “esterni” delle amministrazioni statali, ai
consulenti, ai titolari di qualunque
incarico affidato dallo Stato
ecc..
Occhi puntati anche su quelle “società private”
che percepiscono contributi pubblici per un importo superiore ad un terzo del totale del proprio
volume di affari. Queste non potrebbero più stabilire per nessuno dei propri
amministratori, dipendenti o consulenti, compensi superiori al 60% dell'assegno personale spettante al Capo dello Stato.
Considerato che l’assegno del Capo dello Stato, ai sensi dall'articolo 84, ultimo comma, della
Costituzione, come determinato dalla legge 23 luglio 1985 n.372, non raggiunge
i 250.000 euro lordi, l’approvazione della proposta di legge presentata
dall’On. Sandro Oliveri, da parte dei parlamentari della prossima legislatura
determinerebbe risparmi da record, tenuto conto, ad esempio di alcuni dati che
si inseriscono in calce al presente comunicato.
u.s.
-
GLI STIPENDI
D’ORO DELLA CASTA SOMMERSA
1.
Antonio
Manganelli, Capo della Polizia: 621.253 euro lordi;
2.
Mario Canzio,
Ragioniere Generale dello Stato: 562.331 euro;
3.
Franco Ionta, ex
capo Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria: 543.954 euro;
4.
Vincenzo
Fortunato, capo gabinetto Ministero dell'economia e delle finanze: 536.906
euro;
5.
Biagio Abrate:
capo di Stato maggiore della difesa: 482.019 euro;
6.
Raffaele Ferrara:
direttore generale dei Monopoli di Stato: 481.214 euro;
7.
Giuseppe Valotto,
capo di Stato maggiore dell'esercito: 481.021 euro;
8.
Bruno
Branciforte, capo di Stato maggiore
della Marina: 481.006 euro;
9.
i tre presidenti
di Authority (Giovanni Pitruzzella dell'Autorità garante della concorrenza e
del mercato, Corrado Calabrò dell'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni e Pier Paolo Bortoni dell'Autorità per l'energia elettrica ed
il gas): 475.643 euro;
10. Leonardo Gallittelli, comandante generale dell'Arma dei Carabinieri:
462.642 euro;
11. Giuseppe Bernardis, segretario generale dell'Aeronautica: 460.000 euro;
12. Claudio de Bertolis, segretario generale della difesa: 451.000 euro;
13. Giampiero Massolo, segretario generale degli esteri: 412.000 euro;
14. Valeria Termini, Luigi Carbone, Rocco Colicchio, Alberto Biancardi,
dell'Autorità per l'energia: 396.000 euro;
Curioso allegare
anche alcune dichiarazione dei redditi presentate nell’anno 2011 (quindi
relative al periodo 2010). Si tratta ovviamente di redditi complessivi, non
quindi di stipendi pagati dalla pubblica amministrazione, anche se per molti
le due cose coincidono, soprattutto per quelli al vertice di istituzioni che
rendono incompatibili gli incarichi privati.
1.
Domenico Arcuri,
amministratore delegato di quell'Invitalia: 727.170 euro;
2.
Vincenzo Dettori,
vicepresidente di Fintecna: 392.392 euro;
3.
Franco Bassanini,
Presidente Cassa depositi e prestiti: 567.262 euro;
4.
Giovanni Gorno
Tempini, amm. delegato Cassa depositi e prestiti: 1.925.997 euro;.
5.
Augusto Fantozzi,
ex commissario straordinario di Alitalia:
3.686.272 euro;
6.
Stefano Ambrosini, subentrato ad Augusto
Fantozzi: 957.379 euro;
7.
Dario Fruscio,
cda dell'Eni poi passato all'Agea: 1.048.478 euro;
8.
Giuseppe Bonomi,
cda Sea di Malpensa: 919.847 euro;
9.
Paolo Garimberti,
ex presidente RAI: 670.304 euro;
10. Mauro Masi, direttore generale RAI: 695.466 euro;
11. Lorenza Lei, vice direttore generale RAI: 424.106 euro;
12. Mario Draghi, governatore Banca d’Italia: 1,021 milioni di euro;
13. Fabrizio Saccomanni, direttore generale Banca d’Italia: 838.596 euro;
14. Ignazio Visco, all'epoca vice governatore Banca d’Italia: 405.201 euro;
15. Pier Francesco Guarguaglini, ex presidente Finmeccanica: 5,5 milioni di
euro:
16. Giuseppe Orsi, nel 2010 vice presidente Finmeccanica: 1,654 milioni di
euro;
17. Giorgio Zappa e Alessandro Pansa,
direttori generali Finmeccanica: risp. 2,5 e 2,6 milioni di euro;
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