l Pd ha annunciato le primarie per la scelta dei deputati e dei senatori, in vista dello scioglimento del parlamento e del ritorno anticipato alle urne per la metà di febbraio. Le primarie dovrebbero svolgersi a fine anno. I democratici confermano la loro vocazione partecipativa e misurano una distanza siderale su questo campo rispetto agli altri schieramenti politici, compresi gli attivisti del Movimento 5 Stelle, che hanno organizzato leparlamentarie, limitandole fortemente (appena 35 mila votanti, a quanto pare, ma non ci sono dati ufficiali).
La permanenza del Porcellum, che impedisce agli elettori di scegliere i loro rappresentanti, affida alle primarie del Pd un compito di straordinaria rilevanza, perché permette agli elettori democratici e del centrosinistra di supplire al gap democratico. Questa scelta potrebbe avere conseguenze sull’esito del voto perché, presumibilmente, il Pd incasserà il consenso che le primarie gli regaleranno, com’è accaduto con la competizione sulla presidenza del consiglio.
La permanenza del Porcellum, che impedisce agli elettori di scegliere i loro rappresentanti, affida alle primarie del Pd un compito di straordinaria rilevanza, perché permette agli elettori democratici e del centrosinistra di supplire al gap democratico. Questa scelta potrebbe avere conseguenze sull’esito del voto perché, presumibilmente, il Pd incasserà il consenso che le primarie gli regaleranno, com’è accaduto con la competizione sulla presidenza del consiglio.
La legge elettorale in vigore è un sistema proporzionale corretto, che concede un robusto premio di maggioranza (55 per cento dei seggi, 340 deputati) alla coalizione, ma non al partito, che conquista il maggior numero di suffragi su base nazionale. Non occore raggiunger alcuna soglia per ottenere il premio, basta stare più avanti degli altri, anche con il 30 per cento dei voti validi.
In primavera del 2008, allorquando si votò (per la seconda volta, dopo il 2006) con il Porcellum, la coalizione PdL-Lega-MpA conquistò il premio di maggioranza con il 46 per cento dei voti, nove punti percentuali in più del centrosinistra, che arrivò al 37 per cento.
La legge vigente, tuttavia, così prodiga alla Camera, è invece una roulette russa al Senato perché il calcolo dei voti si fa su base regionale e non nazionale, talché è possibile conquistare più voti dell’avversario su base nazionale e perdere al Senato se non si vince nelle regioni più popolose, come la Lombardia, il Veneto, il Piemonte, il Lazio, la Campania e la Sicilia. E’ essenziale che in almeno tre di queste Regioni si ottenga più suffragi dell’avversario, qualunque sia il totale dei voti. Il Pdl di Silvio Berlusconi, per esempio, punta al pari al Senato, grazie a questa peculiarità del Porcellum, e rende l’esito delle urne molto incerto.
Nel 2006, l’Unione di centrosinistra vinse con un margine molto ristretto, appena ventimila voti, ottenendo il 49,8 per cento circa contro il 49,7 del Pdl, ottenne il premio di maggioranza che gli consegnò 340 deputati contro i 277 dell’opposizione.
Al Senato la musica cambiò: l’Unione raggranellò appena tre senatori più dell’avversario, grazie alle circoscrizioni estere, nonostante i voti in suo favore fossero circa 200.000 in meno del centrodestra a livello nazionale.
Con la legge vigente, l’elettore non sceglie il candidato da votare. Non è prevista alcuna esprime nessuna preferenza: deve mettere la croce sul simnbolo, che permette di riconoscere una lista di candidati decisa dallo schieramento politico.
L’ultima rilevazione in ordine di tempo, fatta dall’Ipsos di Nando Pagnoncelli per Ballarò, assegna il 36,6 per cento delle intenzioni di voto al Pd, il 18,2 per cento al M5S, il 15,5 per cento al Pdl, il 5,6 per cento a Sel, il 5,5 per cento all’Udc, il 4,4 per cento alla Lega Nord e il 3,5 per cento ad una virtuale lista di centro promossa dai montiani. Quanto alla scelta del premier, Pierluigi Bersani precede rispettivamente Mario Monti e Silvio Berlusconi. La discesa in campo annunciata dall’ex premier avrebbe migliorato di un punto percentuale le quotazioni del Pdl, ma il 77 per cento degli italiani, stando al sondaggio di Demopolis, esprime il proprio dissenso.
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