Da sx: Dino Paternostro, Giacomo Messina, Rino Giacalone, Giacomo Tranchida, Mimma Argurio |
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Sono partiti da Partinico, si sono spostati poi a Corleone, a Roccamena e ad Erice, per arrivare, nei prossimi giorni, a Palermo, dove si terrà l’incontro conclusivo. «È un’avventura affascinante, che ci sta consentendo di mettere in relazione tra loro tante realtà diverse, tutte accomunate dall’ansia di contribuire a costruire legalità e sviluppo in luoghi dove prima i mafiosi spadroneggiavano indisturbati», dicono Germana e Giuseppe.
Ad Erice gli studenti hanno ascoltato con attenzione gli interventi dei relatori (chi scrive, responsabile del Dipartimento legalità della Cgil di Palermo, il dirigente scolastico dell’Istituto Alberghiero Salvatore Vescovo, il sindaco di Erice Giacomo Tranchida, il presidente della Cooperativa “Calcestruzzi Ericina Libera” Giacomo Messina, la segretaria generale della Cgil di Trapani Mimma Argurio e il giornalista Rino Giacalone), ma poi sono intervenuti, facendo domande molto pertinenti e qualcuna anche “impertinente”. Una ragazza, per esempio, ha chiesto se pagare l’Imu ai Comuni e allo Stato, dove vi sono molti politici collusi con la criminalità organizzata, significasse regalare soldi alla mafia. Gli studenti hanno dimostrato di conoscere i boss della mafia del trapanese (Ciccio Virga, Matteo Messina Denaro, ecc.) e le loro malefatte. E hanno dimostrato di conoscere anche i beni che lo Stato è riuscito negli anni a togliere dalle loro grinfie. A cominciare dalla “Calcestruzzi Ericina”, riconducibile al boss trapanese Virga, a cui i lavoratori organizzati in cooperativa, che adesso la gestiscono, hanno voluto aggiungere la parola “Libera”. E poi la grande gioielleria sempre confiscata a Virga, che per anni non è stata utilizzata socialmente perché la “coraggiosa” amministrazione comunale di Erice (di centrodestra) non sapeva come “liberarla” da una cassaforte piena di oro e gioielli. «È la prima cosa che io ho fatto quando sono stato eletto – ha detto Giacomo Tranchida (Pd) -. Abbiamo consegnato la cassaforte alla zecca dello Stato, che ha fuso l’oro, facendone lingotti». Adesso questa ex gioielleria è stata assegnata alla comunità “Saman”, che l’ha trasformata in una casa d’accoglienza per giovani. «Guardate quel ragazzo magrebino, si è fratturato i talloni fuggendo dalla struttura dove lo tenevano “prigioniero”: noi adesso l’abbiamo qui e lo stiamo aiutando a guarire», ha raccontato agli studenti uno dei coordinatori di “Saman”. L’hanno ospitato nei piani superiori dell’ex gioielleria, dove c’erano gli appartamenti privati del boss: grandi stanze, porte in noce, rifiniture di lusso: un luogo dove si decideva della vita e della morte delle persone. «Adesso – ha detto il sindaco – per la nostra comunità è una grande soddisfazione averli trasformati in luoghi di accoglienza per gli “ultimi”». Grande interesse ha suscitato tra i presenti la campagna “IO RIATTIVO IL LAVORO”, relativa al disegno di legge di iniziativa popolare a sostegno delle aziende confiscate, promossa dalla Cgil in collaborazione con Arci, Avviso Pubblico, Acli, Libera, SOS Impresa, Lega delle Cooperative, Centro Studi Pio La Torre e Associazione Nazionale Magistrati. Da lunedì a Trapani, a Palermo e in tutta la Sicilia è iniziata la campagna di raccolta delle 40.000 firme, che rappresentano l’obiettivo della nostra Isola. Sicuramente lo supereremo.
Dino Paternostro
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