domenica, novembre 18, 2012

TRA STORIA E CULTURA. L'antica Chiesa di San Martino a Corleone



La ricostruzione digitale della Matrice del 160
di DINO PATERNOSTRO
È la chiesa più antica di Corleone, fondata probabilmente nel 1382, ampliata nel secolo successivo e decorata nel Settecento. È la Chiesa Madre, dedicata a San Martino vescovo. Rappresenta la storia religiosa di Corleone, ma anche quella laica, che s’intrecciano profondamente fra loro. Adesso su questa chiesa c’è un’interessante pubblicazione di due studiosi locali, specializzati nel settore, Francesco Marsalisi e Calogero Ridulfo (Ecclesia Sancti Martini, Editrice Palladium 2012), che ne racconta le vicende, attingendo a varie fonti, principalmente a quelle archivistiche ed inedite. Il volume è stato presentato ieri pomeriggio proprio in Matrice dal sindaco di Corleone Lea Savona, da Rosalia Margiotta e Rita Loredana Foti, docenti dell’Università di Palermo, e dagli architetti Gianni Di Fisco e Leonardo Terrusa.
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«Leggendo queste pagine – scrive il decano di Corleone don Vincenzo Pizzitola nella nota introduttiva – ho scoperto quanto grande e chiaro fosse nei nostri padri il senso della Chiesa: popolo santo di Dio, che in forza del proprio Battesimo, è chiamato a costruire, giorno per giorno, mettendo pietra su pietra, la Chiesa, non solo come dato teologico, ma anche come struttura materiale fatta di pietre, di mura e di quant’altro necessita perché questa diventi “la casa della Chiesa”». «Dalle ceneri sue è sorta più bella, ma incompleta! La maggior chiesa di Corleone che non fu opera né di un uomo né di un secolo, ma di parecchie generazioni, è la sintesi degli sforzi di tutto un popolo…». Scrisse questo la deputazione della maramma della chiesa di San Martino, rivolgendosi all’arcivescovo della diocesi di Monreale, Gaspare Lancia di Brolo, all’inizio del XX secolo, tirando le somme della più importante opera strutturale che mai era stata realizzata a Corleone. Il cantiere della riedificazione era durato circa tre secoli ed aveva richiesto notevoli risorse finanziarie, fronteggiate dal clero, dall’Università e dalla popolazione. «Pensiamo però – scrivono i due autori del libro, Francesco Marsalisi e Calogero Ridulfo, nella presentazione - che la quantità di energie profuse, in un arco di tempo così vasto, non sia stata sufficiente a consegnare al popolo dei fedeli il miglior tempio possibile; infatti, non può certamente dirsi che sotto l’aspetto architettonico la chiesa abbia un’identità stilisticamente rilevante. Privo di apprezzabile valore artistico è sicuramente il corpo esterno, mentre la parte interna si caratterizza per le linee sobrie e baroccheggianti degli stucchi presenti nelle tre navate come nelle cappelle, nel cappellone come nelle volte». Molto pregiato, invece, il patrimonio artistico conservato nella chiesa, «sia la statuaria che le pitture», spiegano gli autori. Ed anche loro denunciano i “saccheggi” di cui – nei secoli - è stata vittima la Chiesa Madre. «Molte fra le opere più importanti prodotte non sono più presenti, sono andate distrutte o depredate: diverse opere marmoree delle cappelle originarie, ogni traccia riconducibile alle famiglie che detenevano il “jus” patronato degli spazi votivi (stemmi, armi gentilizie, lapidi), pitture e tele realizzate da artisti di indiscusso valore, quali Tommaso de Vigilia, Guglielmo da Pesaro, Pietro Ruzzolone, Antonino De Crescenzio. È andata dispersa quella che doveva essere la più importante  ed imponente realizzazione artistica, la “magna cona”, il polittico che copriva l’intera tribuna in fondo alla chiesa, opera di Tommaso De Vigilia; così pure l’organo cinquecentesco e la cantoria che l’ospitava, un complesso di pregevolissima fattura per il quale si erano impegnati valenti artisti». Ed è andata distrutta anche - scrivono ancora Marsalisi e Ridulfo - «l’enorme scalinata che giungeva al centro della strada e l’altissima torre campanaria che costituivano, congiuntamente alla porta delle Buccerie, un’insostituibile testimonianza del passato». Nel libro i due autori, oltre a raccontare le origini della chiesa madre, descrivono i diversi altari che si trovano nella stessa, e le tante processioni di santi, che culminavano, per il Corpus Domini, nella spettacolare processione delle circa 100 statue di santi, presenti a Corleone.
Dino Paternostro

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