Il manifesto dell'iniziativa |
È vero, a volte pare che il passato assai lontano si disperda e si
smarrisca come fosse una stagione mai venuta, mai vissuta, difficilmente vicina
alle orme del nostro presente. Come se quelle generazioni fossero rimaste nel
grembo di un tempo mai nato e mai pensato, eppure loro ci sono, in diverso
modo, ancora. Il vero futuro, forse, abita
i soli luoghi antropologici di un “progresso” che ha ancora da venire? Oppure è
già nel presente di ogni storia umana,
che vive, spera le gioie e le fatiche di un tempo vissuto in pienezza?
Questi pensieri “aprano” le pagine di un libro donatomi qualche
giorno fa dagli stessi autori, con l’impegno di leggerlo e la consegna di poter
curare un profilo critico-ermeneutico sullo stesso.
Ho accettato l’invito a scrivere perchè non ci accada di camminare
per le vie della nostra città da anonimi visitatori, bensì da cittadini
consapevoli e responsabili di una memoria che non è solo ricordo rattrappito,
avvizzito di superficialità, ma storie umane tessute dentro contesti
socio-culturali, che ereditiamo e riconsegniamo ai figli di quest’ora e di quella futura al fine
di lavorare per il bene comune: il cittadino, nella sua dimensione personale e
sociale, soggetto non funzionale, ma telos di ogni ordinamento giuridico.
Ecclesia Sancti
Martini,
Storia e arte della Chiesa Madre San
Martino di Corleone, Ecco il titolo del volume. A me il compito di
introdurvi “dentro” gli spazi di queste prime parole che danno l’incipit ad un lavoro di ricerca protrattosi per ben due anni.
Un’ indagine
scrupolosa e appassionata, quella dei nostri autori, di documenti storici volti
a scoprire e riscoprire i “diversi” volti della nostra chiesa di San Martino.
Non una ricostruzione fine a se stessa, bensì un lavoro atto a
schiudere vicende umane di una comunità credente, che operava e s’affaticava
per consegnarsi e consegnarci, sì una οἰκία dove potersi radunare e celebrare il culto
cristiano, ma al contempo attenta e premurosa nel tenere viva e «[…] accesa la
fiammella delle fede […]».
Ma non solo; la maggiore chiesa, già agli inizi del XIV sec.,
veniva impegnata anche come luogo di assemblea per l’Università della Terra di Corleone, “spazio civico” in
cui s’incontravano le autorità cittadine.
Ripercorrendo l’indice del libro, a primo acchito, ci si rende subito
conto che il materiale raccolto, oggetto di studio, segue l’intelaiatura
cronologica, a tratti interrotta da testimonianze che disvelano sequenze di
vita quotidiana.
Gli autori ci
riportano alle origini della fondazione dell’edificio di culto, per poi
risalire e soffermarsi in determinati periodi in cui la chiesa subisce
interventi importanti, di ampliamento, per giungere alla fine del secolo appena
trascorso.
Conosceremo i maggiori maestri d’arte che, a partire dalla fine
del XV sec., hanno lasciato alla comunità credente opere di indiscusso pregio
artistico.
Il libro, allentando un po’ le fila dal tema princeps, quasi ci distrae riportando anche alla luce una vera e
propria nota di colore, dal sapore antico ma non troppo.
Si tratta di Don Antonino
Bono sacerdote, persona facoltosa vissuta verso la metà del XVIII sec., appartenente
a quanto pare ad una delle famiglie più autorevoli di Corleone. Giunto
all’imbrunire della sua esistenza scrive testamento. Nell’indicare i beni da conferire
in dote alla Collegiata della madrice, non si lascia vincere in generosità, ricordandosi
nelle sue disposizioni anche i nipoti: don Filippo e Antonino Triolo. Sull’esito
di questa ingente eredità non manca la querelle.
Scorrendo le ultime pagine troviamo un’ ampia appendice
documentaria, nella quale si riproduce copia fotostatica degli atti notarili; una
tavola comprendente tutti i Rettori della Chiesa di San Martino; e un’accurata
ed estesa bibliografia.
Nel panorama dei tanti apporti sulla storia locale, questo è certamente
un lavoro importante. L’aver dedicato una lente d’indagine privilegiata e
specifica sulla chiesa di San Martino ci permette non solo di rivisitare la
vita di un edificio, ma di verificare in
specie la portata assiologica di quelle fonti già conosciute sottoponendole
al vaglio di nuove.
Nell’additare le linee portanti di questo lavoro, ho la necessità
di tracciare due vie maestre, come fossero il cardo e il decumanus maximus
di una città romana. La prima metodologica, che apre la nostra conoscenza,
appunto, su nuovi documenti, i quali gettano luce nuova nella ricerca in
oggetto. Una disamina di atti notarili, visite pastorali, documenti dell’archivio
storico della stessa chiesa e di quello diocesano; chiaramente un lavoro che si
costruisce avvalendosi e confrontandosi passo passo con quegli autori che, per
le medesima via, hanno contribuito e continueranno a concorrere agli sviluppi
della stessa indagine storica.
Il punto d’intersezione
fondante di questo contributo scaturisce dalla seconda strada, a mio avviso, cuore
pulsante di tutto il libro. E come ritrovarsi paradossalmente dentro e fuori le
mura della nostra chiesa. Le immagini in questo caso aiutano il lettore ad
affrontare e comprendere luoghi e spazi, semmai conosciuti solo dagli addetti
ai lavori, ma ignoti a noi, che viviamo ogni giorno i crocicchi della nostra
città.
Decisiva è la scelta di accompagnare la parola con l’immagine
ricostruita con i moderni programmi dell’informatica. Sicchè il lettore entra repentinamente
dentro i secoli della sua chiesa Madre per riappropriarsi di un passato, sì
lontanissimo, ma ancor oggi sotto il suo sguardo. Vi si svelerà all’interno uno
scrigno preziosissimo di cappelle e di altari documentati dalle visite
pastorali disposte dalla Curia di Monreale fin dal 1574. Non si potrà sfuggire
a tanto splendore. Il maestoso polittico del De Vigilia, collocato dietro
l’altare, illuminava non solo l’intera tribuna del presbiterio, ma ogni
preghiera consegnata dalla comunità credente. Fino al 1787, la cona magna raccontava ed educava quelle generazioni alla
comprensione di un linguaggio umano-divino che la bellezza dell’opera d’arte di
per sé trasmetteva. Purtroppo oggi non la possediamo più. L’altare maggiore è
solo l’inizio del nostro cammino, immani tesori ancora ci aspettano di essere
visitati e conosciuti. Troverete pagine ricchissime di spunti che meritano di
essere lette e approfondite. Certo non nascondo anche una certa fatica che il
lettore potrà affrontare per la mole di note di cui il testo si avvale per una
migliore comprensione. Ritengo, nonostante tutto, che sia necessario aver tra
le mani questo libro come ogni libro, che ci consente di scoprire, forse, che
la nostra città nasce e diventa città ogni giorno senza interruzione di sorta.
Sta di fatto che «la conoscenza del proprio passato– come scrive
Mons. Cataldo Naro – è fondamentale così come per le singole persone, anche per
le comunità umane. Solo una conoscenza storica del nostro passato collettivo ci
può dare da una parte la coscienza di essere quella comunità che di fatti siamo
nella continuità del tempo e delle esperienze e dall’altra ci aiuta a liberarci
del nostro incoscio sociologico alle stesso modo che la psicanalisi aiuta le
persone singole a liberarsi dei loro complessi sul piano della psicologia. La
conoscenza storica onesta e serena serve, infatti, a illuminare il passato, a
comprenderlo, ad assumerlo in piena coscienza. L’ignoranza degli antecedenti
storici ci chiude alla comprensione di noi stessi, come comunità, ci impedisce
di guardare realisticamente e liberamente al futuro, ci incatena agli stessi
nodi irrisolti delle generazioni passate.
Maurizio Nicastro
Maurizio Nicastro
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