Il gesuita John McNeill |
Il diritto degli omosessuali a vivere serenamente,
pubblicamente, la dimensione affettiva riguarda una minoranza trascurabile
della società? Tra le statistiche ufficiali e le percentuali reali c’è
sicuramente uno scarto. E i numeri, nelle questioni di civiltà, non sono
decisivi. Anche se si trattasse di meno del 5% della popolazione, sarebbe
ugualmente importante l’impegno generale a salvaguardare la salute mentale, la
dignità sociale e la qualità della vita di queste concittadine e di questi
concittadini.
Senza contare che
l’omofobia è l’anticamera della misogenia, o forse il rovescio della stessa
medaglia. Palermo è da anni all’avanguardia su questo fronte ed è sede di un
festival annuale, Sicilia Queer Filmfest,
che raduna artisti e intellettuali a vario titolo impegnati nella difficile
battaglia civile. Mercoledì 31 ottobre c'è stato un importante appuntamento, per
così dire interlocutorio, fra l’ultima edizione del festival e la prossima: al
cinema De Seta dei Cantieri culturali della Zisa, aperto per l’occasione, alle
ore 21 è stato proiettato il docufilm Taking a chance on God (Scommetti su
Dio, USA 2012) . La singolarità
dell’iniziativa (sottolineata dalla partecipazione al dibattito, dopo la proiezione, del regista Brendan Fay e di don Franco
Barbero, della comunità di base di Pinerolo) sta nel tema del filmato: la vita
del gesuita statunitense John McNeill, sacerdote e teologo cattolico gay, pioniere per i diritti civili
delle persone omosessuali nella società e nelle chiese e autore di opere
rivoluzionarie di spiritualità per le persone omosessuali che, impegnato
nell'aiuto della comunità gay durante la crisi dell'AIDS degli anni 1980,
rifiutò di essere messo a tacere sui temi dell'omosessualità dall'allora
cardinale Ratzinger e perciò venne espulso dall'ordine dei Gesuiti.
L’evento
palermitano sarà replicato il 2 novembre a Trapani e il 4 a Catania.
Il
riferimento alla teologia cattolica e alle posizioni ufficiali della chiesa non
è certo casuale. Sappiamo quanta influenza abbiamo le indicazioni etiche delle
gerarchie ecclesiastiche nell’opinione pubblica, soprattutto quando si tratta
non di rispettarle in prima persona quanto di strumentalizzarle per
stigmatizzare i comportamenti altrui. Non è un caso che il siciliano Alfredo Ormando, nel 1998, si sia lasciato bruciare vivo nel in piazza
San Pietro in segno di protesta
contro l’insegnamento vaticano (spesso smentito dalle abitudini sessuali di
tanti preti e frati) che, come scrisse egli stesso a un amico, “demonizza l’omosessualità, demonizzando nel contempo
la natura, perché l’omosessualità è sua figlia”. Né è un caso che proprio a Palermo sia attiva da
anni un’associazione (“Ali d’aquila”) che raccoglie omosessuali credenti
desiderosi di sensibilizzare le comunità cristiane. Non molti i preti che
hanno mostrato intelligente e fattiva
solidarietà: tra questi don Cosimo Scordato, rettore di San Saverio, e don Franco Romano, parroco di San Gabriele. Più elastico l’atteggiamento di alcune chiese
protestanti, come la valdese-metodista, anche se la prima benedizione in Italia
di un matrimonio fra donne è stato celebrato
- come a suo tempo ha informato “Repubblica” – a Trapani perché la
maggioranza dei fedeli che frequentano le due comunità palermitane avevano
espresso parere sfavorevole.
Il cammino
che resta da percorrere non è né breve né privo di insidie. Sul piano teologico
è facile dimostrare che la Bibbia non ha delle indicazioni vincolanti in ambito
sessuale, ma questioni del genere vengono di solito affrontate più con la
pancia che con la testa. E, a livello viscerale, si preferisce conservare
alcuni pregiudizi culturali, rafforzati dalla medicina tradizionale e dalla
stessa psicoanalisi freudiana, che rivedere i propri parametri di giudizio.
Soprattutto per due ragioni. La prima riguarda il fondamento etico di ogni
relazione sessuale, l’amore vissuto come riconoscimento reciproco e impegno per
la gioia del partner: se questo
criterio diventasse qualificante, quante relazioni eterosessuali rivelerebbero
inconsistenza e ipocrisia? La seconda ragione riguarda la diversità statistica
della persona omofila: come ogni altra “diversità” inquieta, mette in crisi la
confortante certezza di essere “normali” ed esonera dalla fatica di aprirsi
alla varietà della natura e della storia.
Sia chiaro
che non è necessario abbracciare nessuna esaltazione retorica della opzione
omo-affettiva né, tanto meno, farne una bandiera di contestazione del sistema
borghese. Su questioni del genere è del tutto ovvio che si possano
legittimamente coltivare idee, perplessità, argomentazioni di segno opposto.
Non opinabile è solo ciò che i padri costituenti, fino a revisione della Carta,
hanno sancito solennemente, tranciando alla radice ogni forma di fanatismo
ideologico e di bigottismo pratico: “Tutti i cittadini hanno pari dignità
sociale e sono eguali davanti alla legge
senza distinzione di sesso, di razza,
di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Augusto Cavadi
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