La casa confiscata |
PALERMO – Antonio Dolcemascolo, 33
anni, e Rosalia Lucido, 28, sono due
coniugi palermitani rimasti senza lavoro e senza casa. Per mesi hanno
vissuto in auto insieme ai figli. Il loro disagio
è stato raccontato qualche mese fa dai giornali, e a raccogliere
l’appello per trovare casa è stata Cecilia Dorangricchia, presidente
dell'associazione «L'Aquilone Onlus», un sodalizio che si occupa dell’affido
temporaneo di bambini.
I due coniugi hanno così trovato ospitalità in un bene confiscato alla mafia in via Melendez 46 a Ciaculli, che la Dorangricchia ha avuto affidato in qualità di Presidente dell’associazione «Aquilone Onlus». Doveva essere una sistemazione temporanea nell’attesa che dal Comune giungesse una soluzione, ma niente. «Il nostro gesto di solidarietà – spiega Cecilia Dorangricchia – adesso è diventato un problema. Avendo dato ospitalità a questa famiglia, non possiamo utilizzare più la struttura, sospendendo di fatto le attività, che consistono principalmente in progetti di affido temporaneo per bambini provenienti dalle ex repubbliche sovietiche. Ci troviamo nella situazione paradossale perché adesso siamo noi senza una casa. Pensavo fosse una sistemazione di 20, 30 giorni, invece dal Comune non è arrivata più alcuna risposta. Tra l’altro, la famiglia in questo immobile risulta comunque “abusiva”, e siamo stati sollecitati a far liberare i locali. Possibile – mi chiedo – che si debba ricorrere sempre a gesti eclatanti per avere attenzione ? Possibile che il Comune non riesca a trovare una sistemazione dignitosa a questa famiglia ?
I due coniugi hanno così trovato ospitalità in un bene confiscato alla mafia in via Melendez 46 a Ciaculli, che la Dorangricchia ha avuto affidato in qualità di Presidente dell’associazione «Aquilone Onlus». Doveva essere una sistemazione temporanea nell’attesa che dal Comune giungesse una soluzione, ma niente. «Il nostro gesto di solidarietà – spiega Cecilia Dorangricchia – adesso è diventato un problema. Avendo dato ospitalità a questa famiglia, non possiamo utilizzare più la struttura, sospendendo di fatto le attività, che consistono principalmente in progetti di affido temporaneo per bambini provenienti dalle ex repubbliche sovietiche. Ci troviamo nella situazione paradossale perché adesso siamo noi senza una casa. Pensavo fosse una sistemazione di 20, 30 giorni, invece dal Comune non è arrivata più alcuna risposta. Tra l’altro, la famiglia in questo immobile risulta comunque “abusiva”, e siamo stati sollecitati a far liberare i locali. Possibile – mi chiedo – che si debba ricorrere sempre a gesti eclatanti per avere attenzione ? Possibile che il Comune non riesca a trovare una sistemazione dignitosa a questa famiglia ?
Il Presidente dell’Associazione
Cecilia Dorangricchia
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