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Susanna Camusso |
Restituire visibilita' e produttivita' alle aziende
confiscate alla mafia prevedendo l'istituzione di una banca dati nazionale,
insieme a una serie di agevolazioni fiscali e specifiche convenzioni con le
pubbliche amministrazioni che consentano, al contempo, l'accesso agli
ammortizzatori sociali per i lavoratori impiegati. Sono alcune delle proposte
presentate oggi dalla Cgil nella sede della Fnsi a Roma in occasione della
campagna 'Io riattivo il lavoro', iniziativa pubblica che riunisce un
cartello di associazioni: Anm, Centro Pio La Torre, Libera, Arci, Acli,
Confesercenti, Avviso pubblico, Lega coop ed Sos Impresa.
Secondo le stime dell'Agenzia nazionale le aziende
confiscate sono 1.636, e dall'inizio della crisi sono aumentate del 65 per
cento (erano 1.062 all'inizio del 2008). Il fallimento conseguente alla
confisca - e dovuto alla mancanza di commesse per il venir meno della
relazione coercitiva di stampo mafioso - e' una prospettiva che riguarda il
90 per cento delle aziende. A pagare il prezzo piu' alto, con il
licenziamento o la disoccupazione, sono circa 72 mila lavoratori. Secondo la
Cgil, la situazione si e' ulteriormente aggravata con l'ultima riforma
Fornero che ha eliminato l'accesso agli ammortizzatori sociali previsti dalla
legge 109/1996 per i lavoratori delle aziende sequestrate. Ancora una volta,
a pagare il prezzo piu' alto in termini economici, e' il Meridione, dove si
concentrano le regioni con il piu' alto numero di aziende confiscate: 614 in
Sicilia, 330 in Campania, 150 in Calabria. I settori piu' a rischio sono il
commercio (27,84 per cento), costruzioni (27,11), alberghi e ristorazione
(10,03). Tra le istanze emerse con la proposta della Cgil c'e' anche il riuso
sociale delle aziende attraverso cooperative di lavoratori disposti a
rilevarle seguendo le buone prassi finora realizzate con la legge 109/96. Al
centro del dibattito, anche il problema del credito bancario, da affrontare
con un apposito fondo di rotazione presso il ministero dello Sviluppo
economico finanziato con una parte delle liquidita' confiscate alla
criminalita'. A discutere l'iniziativa sono, tra gli altri, il segretario
generale della Cgil Susanna Camusso, il presidente dell'Anm Rodolfo Maria
Sabelli, Davide Pati di Libera, Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La
Torre, Andrea Campinoti di Avviso Pubblico. Camusso auspica un'ampia
partecipazione popolare all'iniziativa per ''ridare a tutto il tema dei beni
confiscati non solo una dimensione giuridica, ma per dare il senso
dell'importanza del patrimonio confiscato come ricaduta sull'economia - ha
detto -. E' fondamentale tutelare i lavoratori delle aziende confiscate e
impedire la vendita all'asta di quei beni che rischiano di tornare nelle mani
dei prestanome. La proposta di legge incrocia la tutela dei lavoratori e il
futuro dell'impresa: ci pare sbagliato eliminare cassintegrazione ed
ammortizzatori sociali per i lavoratori, ne' siamo contenti che tra il sequestro
e la confisca passino almeno 8 anni, ma e' un prezzo che non si puo' far
pagare ai lavoratori''. ''La crisi inverte i fattori - ha detto Antonio
Dell'Olio in rappresentanza di don Ciotti, per Libera - E' l'economia lecita
a chiedere alla mafia di intervenire come unico soggetto in possesso di
grandi liquidita' e in grado di spenderle. Cosi lo Stato rischia di diventare
il prestanome delle mafie''. Roberto Natale, presidente Fnsi, ha ricordato
l'espressione di ''coma etico'' utilizzata da don Ciotti in riferimento alla
corruzione nel nostro Paese. ''Un accesso piu' diretto ai dati delle
pubbliche amministrazioni consentirebbe un ulteriore strumento nella lotta
alla corruzione'', ha detto Natale. ''La pietra angolare del contrasto alle
mafie sta nel dare agilita' agli strumenti di confisca'', ha detto Vito Lo
Monaco, presidente del centro Pio La Torre - Spezzare il legame tra mafia e
politica e' l'altra pietra angolare''.
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