Claudio Martelli |
Claudio Martelli punta il dito su chi quella resa, a
suo dire, la decise: il presidente emerito Oscar Luigi Scalfaro, deceduto di
recente, e quindi impossibilitato a difendersi. «Non ho mai parlato di una
trattativa con la mafia – ha detto Martelli – ma di sicuro ci fu un cedimento
dello Stato; cioè di un compromesso nel tentativo di fermare le stragi». Un
cedimento che, secondo l’ex Guardasigilli, non costituirebbe un vero e proprio
reato «ma un crimine politico sì». E in quel compromesso, ha detto Martelli,
ebbe il ruolo di dominus Scalfaro «che regnava, non era isolato, aveva intorno
a sè uomini a lui devoti, che a lui dovevano il loro ruolo: Mancino, Giuliano
Amato, il capo della polizia Vincenzo Parisi, quello del Dap Adalberto
Capriotti, da lui voluto al posto di ”quel dittatore di Nicolò Amato”, come
scrissero i familiari dei mafiosi al 41 bis».
A proposito di Giuliano Amato, Martelli afferma: «Non
posso accusarlo di spergiuro ma posso dire che ha mentito». E su cosa avrebbe
mentito Amato? «Non ci sono state pressioni sulla scelta dei ministri del mio
Governo», aveva detto Amato, presidente del Consiglio tra il 1992 ed il 1993,
rispondendo in Commissione Antimafia a domande sulla cosiddetta trattativa
Stato-mafia. Pressioni, secondo Martelli, ce ne furono eccome allo scopo di
ammorbidire l’atteggiamento dello Stato nella lotta alla mafia. Una lotta che
aveva nel carcere duro – fortemente voluto dallo stesso Martelli - una
sua espressione orgogliosa ma che fu revocato nel successivo governo Amato
quando Giovanni Conso fu nominato ministro della Giustizia. Un avvicendamento
di cui Amato ha dichiarato di “non ricordare i motivi”.
Martelli sembra deciso ad andare fino in fondo: «Posso
portare dei testimoni» ha dichiarato, affermando che lo scopo di
quell’avvicendamento era quello di mettere al governo uomini più inclini alla
resa, al compromesso con Cosa nostra.
Narcomafie, 13
set 2012
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