Bernardo Provenzano |
Il primo tentativo risale al 26
maggio scorso, tre giorni dopo il ventesimo anniversario della strage di
Capaci. I parlamentari del Pd Giuseppe Lumia e dell'Italia dei Valori Sonia
Alfano si presentarono al carcere di Parma per proporre a Bernardo Provenzano
di collaborare coi magistrati. E l'anziano padrino, nel corso di un colloquio
un po' confuso, rispose: «Sì, ma i miei figli non devono andare al macello». Il
senatore e l'eurodeputata gli assicurarono che lo Stato avrebbe potuto
garantire loro un avvenire, e Provenzano concluse: «Fatemici parlare, e poi
sarà la volontà di Dio».
LE REAZIONI. LUMIA E ALFANO: "SI METTONO IN PERICOLO LE NOSTRE VITE"
LE REAZIONI. LUMIA E ALFANO: "SI METTONO IN PERICOLO LE NOSTRE VITE"
Invece dei figli, qualche giorno dopo con il vecchio capomafia andarono a
parlare i magistrati della Procura antimafia di Palermo. In assenza dell'avvocato, cercarono di capire se
potevano emergere elementi utili alle indagini; o almeno qualche disponibilità
per il futuro. Non ottennero nulla. Solo un generico «non voglio fare del male
a nessuno». Che a volerlo interpretare potrebbe significare che Provenzano non
ha intenzione di collaborare accusando altre persone. Niente pentimento in
vista, dunque. Ma un mese fa, il 4 luglio, dopo che all'illustre detenuto
ristretto al «41 bis» era stato notificato l'avviso di conclusione indagini per
l'omicidio Lima e la trattativa Stato-mafia, Lumia e Sonia Alfano sono tornati
all'attacco. Provando a scalfire il muro dell'omertà in un nuovo colloquio nel
penitenziario emiliano. Al quale hanno assistito, come prevede la legge, i
responsabili della polizia penitenziaria, che hanno redatto una relazione
inviata dalla direzione generale delle carceri alle Procure di Palermo e
Caltanissetta, nonché la Direzione nazionale antimafia.
«Un uomo con la schiena
diritta sta con lo Stato e la legge dello Stato» ha provato a stimolarlo Lumia, componente della
commissione antimafia di cui in passato è stato presidente. Ottenendo però
un'unica e poco promettente risposta: «Sia fatta la volontà di Dio». Il
senatore ha insistito sostenendo che «non c'è Dio senza verità», e allora il
boss ottantenne è tornato sul discorso dei figli. Chiedendo come avrebbe potuto
aiutarli, nella sua condizione di ergastolano sottoposto alle regole del
«carcere duro». I parlamentari ne hanno subito approfittato per ricordargli gli
«strumenti della legge» utili a mutare le condizioni di vita anche dei figli
dei collaboratori di giustizia impegnati a «fare uscire una volta per sempre la
verità». A questo punto il padrino corleonese è sembrato mettere le mani
avanti, e come se volesse giustificare il suo silenzio ha sostenuto «di non
avere più una buona memoria, e quindi di avere paura di fare
"malafigura"». Ma il suo problema restano i figli, quasi una
fissazione, perciò ha domandato ai due parlamentari in visita se potevano autorizzarlo
ad avere colloqui con loro. «No», gli ha risposto ovviamente Lumia.
Ricordandogli però che poteva rivolgersi ai «magistrati seri e trasparenti» che
indagano sui fatti di mafia e avrebbero potuto ascoltare le sue richieste.
La conversazione con
Provenzano s'è interrotta con questo appello, e gli agenti di custodia hanno
annotato che buona parte del dialogo tra il padrino e l'eurodeputata Sonia
Alfano (presidente della Commissione
speciale sulla criminalità organizzata di Strasburgo) si è svolto in dialetto
siciliano. Ma la missione nel carcere di Parma dei due parlamentari - impegnati
in una sorta di tour delle prigioni che pare finalizzato a sollecitare alcuni
boss a collaborare con gli inquirenti, tanto che a maggio avevano provato pure
con Filippo Graviano - è proseguita con altri due incontri. Uno con il
capo-camorrista del clan dei casalesi Francesco Bidognetti, detto Cicciotto 'e
mezzanotte ; l'altro con Antonino Cinà, il medico mafioso anche lui imputato
per la presunta trattativa a cavallo delle stragi del '92. Entrambi costretti
al «41 bis».
Di norma i «colloqui
investigativi» con i detenuti per saggiarne la disponibilità al «pentimento» spettano al procuratore nazionale antimafia, alla
polizia giudiziaria o ai magistrati autorizzati dal ministro della Giustizia; i
rappresentanti degli organismi elettivi, invece, possono entrare nelle carceri
per verificare le condizioni di detenzione. Dal contenuto delle relazioni su
questi due colloqui, però, emerge che il senatore e l'eurodeputata hanno
parlato di molto altro.
Con Bidognetti, Lumia e la
Alfano sono rimasti mezz'ora,
ricavandone solo una requisitoria contro i pentiti e la legge che - secondo il
Casalese - concede credibilità alle loro dichiarazioni anche quando mancano i
riscontri. Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe Alfano ucciso dalla mafia
nel 1993, ha provato a far valere le ragioni delle vittime che aspettano la
verità sui delitti in cui hanno perso la vita i loro cari, ma Bidognetti ha
replicato che certi collaboratori finiscono per offendere pure le persone
assassinate. Aggiungendo che certi parlamentari colpevoli di scelte sbagliate
andrebbero arrestati.
Anche con Bidognetti Lumia
s'è raccomandato di affidarsi ai bravi magistrati, «e nella sua zona ce ne
stanno molti», ma con scarse speranze, mentre a
Nino Cinà - uno dei presunti intermediari tra le istituzioni e la mafia nei
contatti di vent'anni fa - ha ricordato che chi ha avuto un ruolo in Cosa
nostra ha una sola alternativa: o sconta la sua condanna o sceglie di
collaborare. Risposta di Cinà, che si considera vittima di errori giudiziari:
«Io no ho avuto un ruolo in Cosa nostra, ho solo curato dei mafiosi per dovere
etico e morale». Quanto alla presunta trattativa, il detenuto ha spiegato che
il suo accusatore Massimo Ciancimino ha fornito versioni contrastanti che ne
dimostrerebbero l'inattendibilità. Cinà ha poi rivelato di aver già svolto
cinque colloqui investigativi (ufficiali, stavolta) tra cui uno con i
magistrati palermitani Paci e Ingroia. Che però, evidentemente, non hanno dato
frutti.
«Dobbiamo sconfiggere Cosa
nostra», ha insistito Lumia, ottenendo
ancora una risposta deludente: «Cosa nostra è stata sconfitta già con l'arresto
di Riina». Sonia Alfano ha promesso una nuova visita, e Cinà se n'è mostrato
lieto: «Sono a sua disposizione, a 360 gradi».
Corriere della sera, 9 agosto 2012 | 10:44
Nessun commento:
Posta un commento