Giuseppe Morello |
Ma nel 1897 si trasferì a New York. E già nel 1900 Giuseppe Morello fu implicato nella falsificazione di banconote da 2 e 5 dollari e venne arrestato. A quanto pare, le banconote venivano stampate in Sicilia e importate negli USA nel doppiofondo di lattine d'olio. Secondo numerose testimonianze, Morello era anche coinvolto nelle attività criminali della “Mano Nera”, che consistevano essenzialmente in estorsioni all'interno della comunità italiana, accompagnate da minacce di morte e omicidi veri e propri per coloro che rifiutavano di pagare il pizzo. Un’arte perfezionata da Vito Cascioferro, il famigerato mafioso, originario di Bisacquino, che durante il suo soggiorno a New York dei primi del ‘900 fu associato alla banda Morello. Nel 1903, “Joe” fu il sospettato numero uno nel famigerato “delitto del barile” (il corpo di un siciliano, membro della sua banda di falsari, fu trovato chiuso in un barile abbandonato sulla strada, con 47 ferite di coltello). A confermare che Morello fu il “boss dei boss” della mafia statunitense negli anni tra 1906 e 1910 fu Nick Gentile, famoso mafioso siculo-americano. Una parziale conferma di questa storia viene dalle lettere trovate in suo possesso quando fu arrestato nel 1910, molte delle quali contenevano delle richieste di referenze su potenziali membri mandate da gruppi mafiosi a New Orleans e Chicago. Morello continuò le sue attività di falsario fino al 1910, quando i servizi segreti USA di New York, guidati dal brillante investigatore William Flynn, finalmente riuscirono ad incriminarlo con una serie di imputazioni. Fu condannato a 25 anni di galera, ma in realtà venne scarcerato già nel 1920. In quell'anno, o nel 1921, secondo Gentile, “Joe” Morello tornò in Sicilia per ottenere aiuto e liberarsi di una “sentenza di morte” pronunciata contro di lui dal nuovo “boss dei boss” americano Salvatore D'Aquila. Morello venne ucciso nel 1930, durante la cosiddetta “guerra di Castellamare”. Morello sembra tenesse molto alle sue radici corleonesi e siciliane. Rimasto vedovo di Maria Mervelesi, mandò due sorelle a Corleone per cercargli una nuova moglie. E queste l’individuarono in una certa Nicolina Salemi, che emigrò a New York e lo sposò. Più o meno nello stesso periodo, Morello creò un'impresa edile per riciclare parte dei frutti delle sue attività criminali. La chiamò “Ignazio Florio, cooperativa dei Corleonesi”, in onore del suo paese e di Ignazio Florio, famoso imprenditore palermitano del tempo. Le lettere trovategli addosso dopo un arresto erano firmate da tutti i capi della sua banda, descritti come “tutti di Corleone”. Membri meno rilevanti della banda provenivano da altri luoghi della Sicilia, ma sembra che per diventare uno dei capi bisognava essere di Corleone. Il cognato e socio di Morello nelle attività criminali, Ignazio Lupo, nato a Palermo, ebbe una condanna simile per l'omicidio di un droghiere. La data dell'incriminazione è il 12 marzo 1899. La vittima era un Salvatore Morello, che aveva un negozio in via Beati Paoli.
Dino Paternostro
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