di Antonio Mazzeo
Un carosello in cielo, giù c’è Catania, il
blu dello Ionio, l’Etna nera con il cocuzzolo perennemente innevato. Due,
cinque, otto, dieci interminabili minuti, l’aereo che oscilla, vibra, scende,
risale. E il cuore che accelera. Paura di volare? Mai. Ma perché ci sta tanto
ad atterrare? E che cavolo! ogni volta la stessa storia. Arrivi in orario ma
poi ti fanno girare per mezz’ora su Fontanarossa. E sudi freddo, senti una
strana pressione sullo stomaco. Quasi sempre non ti dicono nulla. Non ti
spiegano perché. Domenica all’una invece, sul Pisa-Catania, il comandante
annuncia che straremo in aria un po’ sino a quando la torre di controllo non ci
autorizzerà all’atterraggio. C’è un intenso traffico aereo militare sullo scalo
di Sigonella.
Cazzo, ‘sti americani giocano alla guerra
perfino all’ora di pranzo e nel giorno del Signore, sdrammatizza il vicino
di poltrona già superabbronzato. Beh, sempre meglio di quanto è
accaduto a mio zio la scorsa estate. Veniva da Venezia e gli hanno dirottato
all’ultimo l’aereo a Punta Raisi. Allora c’erano i war games degli yankees
e della NATO, gli ultimi fuochi sulla Libia da liberare. Le spregiudicate
manovre dei famigerati aerei senza pilota, gli UAV-spia Global Hawk e
i Predator stracarichi di missili e bombe a guida laser.
Da due anni il terzo aeroporto d’Italia
come volume di traffico, oltre sei milioni e mezzo di passeggeri l’anno, è
asservito alla dronomania della Marina e dell’Aeronautica militare degli Stati
Uniti d’America. Atterraggi e decolli ritardati, le attività sospese in pista e
nelle piattaforme, timetable che per effetto domino
impazziscono in tutto il Continente, gli imprevisti e faticosi dirottamenti su
Palermo. Volare da o su Catania vuol dire disagi che si sommano ai disagi,
nuovi pericoli che si aggiungono a quelli vecchi. In futuro sarà peggio. Entro
il 2015, la grande stazione aeronavale di Sigonella sarà consacrata capitale
mondiale degli aerei senza pilota e ospiterà sino a venti Global
Hawk e sciami di droni d’attacco e di morte. E Fontanarossa sarà soffocata,
imprigionata, asservita alla guerra.
“Sì, il traffico civile subisce certe
riduzioni e interferenze per l’attività militare del vicino scalo di
Sigonella”, ammetteGaetano Mancini, presidente della Sac, la società che
gestisce l’aeroporto etneo. “Tutto però è sotto controllo e mai ci sono stati
problemi per la sicurezza dei passeggeri. Negli ultimi mesi la situazione si è
poi fatta sicuramente meno pesante”. L’ordine di scuderia è tranquillizzare ed
evitare allarmismi. Eppure dall’8 marzo di quest’anno a Fontanarossa sono state
sospese tutte le procedure strumentali standard nelle fasi di accesso, partenza
e arrivo degli aeromobili, “causa attività degli Unmanned Aircraft”,
gli aerei senza pilota in dotazione alle forze armate statunitensi e alleate,
come specificato da una nota ai piloti di aeromobili (NOTAM) emessa dalle
autorità preposte al controllo del traffico. Le limitazioni dovevano durare
sino allo scorso 5 giugno, ma un giorno prima della scadenza dei termini, tre
NOTAM distinti dai codici B4048, B4049 e B4050 hanno prorogato la sospensione
delle procedure standard sino al prossimo 1 settembre. Anche stavolta il
transito dei voli civili, in piena stagione estiva, sarà subordinato alle
evoluzioni dei droni. Semaforo giallo anche per i cacciabombardieri e gli aerei
radar e da trasporto uomini e mezzi delle forze armate. Un altro avviso, codice
M3066/12, ha ordinato infatti la sospensione di tutte le strumentazioni
standard al decollo e all’atterraggio nel Sigonella Airport, dal
4 giugno all’1 settembre 2012, anche stavolta per le attività degli Unmanned
Aircraft.
La Sicilia trampolino bellico si trasforma
in laboratorio sperimentale del piano di iper-liberalizzare lo spazio aereo
alle scorribande degli aerei senza pilota. La sicurezza delle popolazioni e dei
passeggeri sacrificata all’altare degli interessi economici del complesso
militare industriale USA. In Europa e aldilà dell’Atlantico, governi e
organismi internazionali sembrano impotenti di fronte all’intollerabile
pressing dei produttori di droni. Il business è enorme: secondo gli
analisti economici, nei prossimi dieci anni la spesa annua per i sistemi senza
pilota crescerà da 6,6 ad 11,4 miliardi di dollari e ci sarà pure un’ampia
espansione anche in ambito civile. Solo in riferimento alla tipologia
degli UAV ospitati pure a Sigonella (gli RQ-4 Global Hawk, gli MQ-9
Reaper e gli MQ-1 Predator), il Pentagono vuole portarli
dagli attuali 340 a 650 nel 2021. Ognuno di essi ha costi insostenibili. Ogni falco
globale di US Air Force, quello più vecchio, costa 50 milioni di
dollari (in Sicilia ce ne saranno presto cinque). Gli altri cinque UAV previsti
per Sigonella con il programmaAllied Ground Surveillance (AGS) di
sorveglianza terrestre della NATO, costeranno complessivamente 1,7
miliardi di dollari. Spesa record di 233 milioni a drone per la versione Global
Hawk acquistata dalla Marina USA nell’ambito del programma Broad
Area Maritime Surveillance (BAMS) che vedrà ancora la Sicilia
piattaforma avanzata per i raid in Africa, Medio Oriente e sud-est asiatico.
Due anni fa, senza che sia stato ancora
disciplinato l’impiego degli aeromobili a pilotaggio remoto nel sistema del
traffico aereo europeo, l’Aeronautica militare e l’Ente nazionale per
l’aviazione civile (Enac) hanno siglato un accordo tecnico per consentire
l’impiego dei Global Hawk di Sigonella nell’ambito di spazi
aerei “determinati” (terminologia del tutto nuova rispetto a quella in uso
nei NOTAM dove gli spazi sono proibiti, pericolosi o limitati).
In linea teorica si annuncia l’adozione di procedure di coordinamento tra
autorità civili e militari “tese a limitare al massimo l’impatto sulle attività
aeree civili” e “nel rispetto dei principi della sicurezza del volo”,
anche se poi si ammette che per le operazioni “connesse a situazioni di crisi o
di conflitto armato”, l’impiego dei droni non sarà sottoposto a limitazioni di
alcun genere. Nel Mediterraneo cronicamente in fiamme è come dare illimitata
libertà di azione ai falchi globali e ai predatoridel
cielo e del mare.
“I velivoli telecomandati
rappresentano un rischio insostenibile per il traffico civile e le popolazioni
che risiedono nelle vicinanze degli scali utilizzati per le manovre di decollo
e atterraggio”, denunciano gli attivisti della Campagna per la smilitarizzazione
di Sigonella. “Negli Stati Uniti d’America il tasso degli incidenti
agli aerei senza pilota è nettamente superiore a quello dell’aviazione
generale e di quella commerciale, come più volte sottolineato dalla Federal
Aviation Administration, l’amministrazione responsabile per la gestione
delle attività nello spazio aereo nazionale”. Il 15 luglio 2010, durante
un’audizione alla Commissione per la sicurezza pubblica interna del Congresso,
la vicepresidente della FAA ha espresso forti perplessità su una “rapida e
piena integrazione” dei sistemi senza pilota nel traffico aereo generale, così
come auspicato dal Pentagono e dal presidente Obama. “Molti dei dati a nostra
disposizione arrivano solo dalla Customs and Border Protecion (CPB) che
pattuglia i nostri confini”, spiega la Federal Aviation Administration.
“Essi ci rivelano che i ratei di incidenti degli UAS sono molto grandi.
Dall’anno fiscale 2006 alla data del 13 luglio 2010, ad esempio, la CPB ha
riferito un tasso incidentale grave di 52,7 ogni 100.000 ore di volo, cioè
oltre sette volte più alto di quello dell’aviazione generale e 353 volte più
elevato di quello dell’aviazione commerciale. Non si deve poi dimenticare che
il numero di ore di volo denunciato, 5.688, è molto basso rispetto a quello che
viene solitamente considerato in aviazione per fissare i dati sulla sicurezza e
gli incidenti…”.
Un recentissimo report di Bloomberg,
la maggiore società statunitense di analisi del mercato economico e
finanziario, ha messo il dito nella piaga droni. Da quando sono operativi con
US Air Force, Global Hawk, Preador e Reaper hanno
subito 129 incidenti in cui i danni hanno comportato una spesa superiore ai
500.000 dollari o è avvenuta la distruzione del velivolo in missione. “Questi
tre tipi di UAV sono quelli con il maggior tasso d’incidente di tutta la flotta
aerea militare”, scrive Bloomberg. “Insieme hanno cumulato 9,31
incidenti ogni 100.000 ore di volo, tre volte in più degli aerei con pilota”.
Il Global Hawk, da solo, ha un tasso di 15,16.
“Effettivamente il rateo d’incidenti dei
sistemi aerei senza pilota (UAS) non è incoraggiante”, ammette il maggiore
dell’aeronautica, Luigi Caravita, autore di un approfondito studio sui droni
pubblicato dal Centro Militare di Studi Strategici (Cemis). “La mancanza di una
capacità matura di sense & avoid (senti ed evita)
verso altro traffico può diventare ancor più critica se associata alla
vulnerabilità o alla perdita del data link tra segmento di terra e segmento di
volo: in più di un occasione un Predator è stato perso a
seguito d’interruzione del data link”, spiega il maggiore. “Ad oggi gli UAS
militari non sono autorizzati a volare, se non in spazi aerei segregati, perché
non hanno una banda aeronautica protetta, non sono ancora considerati
sufficientemente affidabili, non hanno ancora totalizzato un numero di ore di
volo sufficiente da costituire un safety case rappresentativo
e convincente, non è stata ancora dimostrata adeguata resistenza da attacchi di
cyber warfare”.
Analoghe considerazioni sono state fatte
dal comando generale di US Air Force nel documento che delinea la visione
strategica sull’utilizzo di questi sistemi di guerra (The U.S. Air
Force Remotely Piloted Aircraft and Unmanned Aerial Vehicle - Strategic Vision).
“I velivoli senza pilota sono sensibili alle condizioni ambientali estreme e
vulnerabili alle minacce rappresentate da armi cinetiche e non cinetiche”,
scrivono i militari statunitensi. Per questo Eurocontrol, l’organizzazione per
la sicurezza del traffico aereo a cui aderiscono 38 stati europei, ha stabilito
nel marzo 2010 alcune linee guida per la gestione del traffico aereo dei falchi
globali destinati allo scacchiere continentale. In particolare, si
raccomanda d’isolare i droni-spia da altri usuari dello spazio aereo. “Dato
che i Global Hawk non possiedono certe capacità, come il sense
and avoid, è necessario che i decolli e gli atterraggi avvengano in spazi
aerei segregati dai livelli normalmente utilizzati dai convenzionali aerei con
pilota, mentre le missioni di crociera dovranno essere effettuate ad altitudini
non occupate da essi”. Nel caso di Catania-Fontanarossa, scalo a meno di una
decina di km in linea d’aria da Sigonella, le raccomandazioni di Eurocontrol
sono solo carta straccia.
Sulle scellerate scelte USA e NATO
d’installare i Global Hawk in Sicilia è intervenuto uno dei
massimi esperti dell’aviazione italiana, il comandante Renzo Dentesano, pilota
per quarant’anni dell’Aeronautica ed Alitalia, poi consulente del Registro
aeronautico e perito per diverse Procure nei procedimenti relativi ad incidenti
aerei. “Questi aeromobili militari saranno in grado di partire e tornare alla
base siciliana dopo aver compiuto missioni segrete e pericolose, delle quali
nessuno deve saper nulla, onde poter effettuare con successo i loro compiti di
sorveglianza e spionaggio”, scrive Dentesano. “È pur vero che nei loro piani
d’impiego è previsto che il Comando che li utilizzerà abbia tutte le
informazioni necessarie in merito al traffico che interessa lo spazio aereo
nelle loro traiettorie, invece, le autorità civili non sapranno nulla di quanto
programmato e qualche Controllore avvisterà sugli schermi radar del trafficoche
sarà etichettato come sconosciuto, del quale quindi ignoreranno sia
le intenzioni che le manovre e le traiettorie”.
“Questo tipo di ricognitori, concepiti
appunto per missioni troppo rischiose per essere affidate a mezzi con a bordo
degli esseri umani, nonostante tutte le misure di security di cui sono dotati i
loro ricevitori di bordo, possono essere interferiti da segnali elettronici
capaci di penetrare nei loro sistemi di guida e controllo, in modo da causarne
la distruzione”, aggiunge Dentesano. “Il Global Hawk, come pure il Predator,
non risultano in grado di assicurare l’incolumità del traffico aereo civile.
Essi non sono in grado di variare la loro traiettoria di volo in senso
verticale, salendo o scendendo di quota, come la situazione per evitare una
collisione prontamente richiederebbe. E la sola variazione della direzione di
moto, rimanendo alla stessa altitudine, potrebbe non bastare ad evitare un
disastro che coinvolga un traffico civile”.
L’allarme è stato lanciato da tempo ma
Governo, Regione ed enti locali non vedono, non sentono, non parlano. Il DC 9
abbattuto da un missile nel cielo di Ustica, il 27 giugno di 32 anni fa, è un
ricordo sbiadito. Con i droni liberi di planare sulle teste dei siciliani è
scattato il count down per l’ennesima strage di stato.
Articolo pubblicato in I Siciliani
giovani, n. 6, giugno 2012.
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