Lo storico Giuseppe Carlo Marino |
E' semplicemente
indegna la campagna scatenata contro Antonio Ingroia. Fa molto pensare a quella
che era stata scatenata, a suo tempo, contro Falcone e contro Borsellino. I
poteri mafiosi lo hanno preso di mira come il loro più determinato e pericoloso
avversario. Tutto è possibile contro la "mafia-delinquenza", anche
per i berlusconiani (anche a loro "la mafia fa schifo!"); niente è
tollerato e tutto dventa impossibile se si attacca la mafia-mafia dei
"colletti bianchi". Con questi limiti dell'azione antimafia si era
già confrontato il celebre prefetto Cesare Mori in età fascista. Ed altri prima
di lui (penso al prefetto Malusardi). Adesso, per Ingroia, si prefigura la
stessa sorte già riservata al prefetto Mori: "promoveatur ut
amoveatur" o, peggio ancora, una specie di esilio. D'altra parte, il
coraggioso magistrato non avrebbe altra scelta dinanzi a sé, almeno
nell'immediato. Volete che subisca la stessa sorte del suo maestro Paolo
Borsellino? Una società civile degna del suo nome dovrebbe stringersi compatta,
senza se e senza ma, intorno a lui. Ma questa Italia è capace soltanto di
piangere sui cadaveri dei suoi migliori servitori che non è stata capace di
difendere e di sostenere in vita.Una gran massa di gente si merita la classe
politica che ufficialmente la "governa" ovvero che la
"sgoverna". La storia mi ha insegnato a capire che cosa radicalmente
non va in una larga parte del popolo italiano.
21 luglio 2012
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