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Comiso 1982 |
di Antonio Mazzeo
Vista da fuori, la ex base Nato di Comiso, in provincia di Ragusa,
appare identica a quando ospitava, vent’anni fa e oltre, i 112 missili
nucleari “Cruise” puntati contro l’est Europa, la Libia, il Corno d’Africa
e il Medio oriente. Una lapide, all’ingresso, ricorda l’intitolazione al
generale Vincenzo Magliocco, “eroe” delle conquiste coloniali in Africa
orientale grazie all’uso di gas ed armi chimiche. Le facciate delle
villette e delle palazzine per i militari Usa portano solo lievi segni
delle stagioni passate. Ad entrarci, però, scopri un mondo fatto di degrado
ed abbandono: porte e persiane divelte, mura sfondate, bagni e impianti
elettrici saccheggiati, rifiuti di ogni genere disseminati ovunque. Più in
là, protetta dalla rete metallica, la moderna pista aerea dell’aeroporto
civile che verrà, se mai verrà. L’anno prossimo sarà quello buono,
dicono i politici, ma intanto dallo scalo non decolla nulla mentre la
“riconversione” ha già ingurgitato 50 milioni di euro.
Adesso, sulla ex base atomica c’è la spada di Damocle di un altro
terribile strumento delle guerre post-moderne, il MUOS, il nuovo sistema di
telecomunicazioni satellitari delle forze armate statunitensi. Un terminale
lo stanno costruendo a pochi chilometri da Comiso, nella riserva naturale di
Niscemi. Uno studio del Politecnico di Torino sull’impatto elettromagnetico
delle maxi-antenne ne ha rilevato l’incompatibilità con il traffico aereo.
Le emissioni potrebbero fare impazzire i computer di bordo e causare
collisioni e incidenti. Se lo strapotere dei Signori di morte avrà la
meglio sulla ragione dei giusti, il Mezzogiorno avrà la sua ennesima
cattedrale degli sprechi.
Lo scorso 4 aprile oltre 60 associazioni e organizzazioni sociali si
sono date appuntamento a Comiso per ricordare la straordinaria stagione di
lotte per la pace e contro la militarizzazione che prese il via, lì,
trent’anni prima. Il 4 aprile 1981, oltre centomila siciliani, giovani,
studenti, disoccupati, impiegati e contadini, sfidarono in corteo l’orrore
dell’olocausto nucleare. Tra gli animatori più convinti di quel meeting
l’allora segretario regionale del Partito comunista, Pio la Torre. Meno di
un mese dopo sarebbe caduto sotto il piombo politico-mafioso, altro
omicidio eccellente delle centrali mondiali del terrore. Per contrastare
ogni anelito di cambiamento e di speranza nel Sud martoriato dal
sottosviluppo, i processi di militarizzazione, il dominio criminale.
Quella giornata consacrò Comiso in uno degli epicentri della protesta
internazionale contro la follia nucleare. Divenne meta dei giovani di tutta
Europa. Per condividere entusiasmi, sogni, presidi, digiuni, blocchi
stradali e azioni dirette non-violente. Le mobilitazioni non impedirono
l’arrivo dei missili e sino al 1990 le rampe mobili dei Cruise si
spostarono impunemente nelle strade e nelle campagne della Sicilia. Ma le
campagne antinucleari, alla fine, costrinsero le due superpotenze a smantellare
le armi nucleari a medio raggio dal continente europeo.
Il movimento pacifista dei primi anni ‘80 era composto da una pluralità
di soggetti politici e sociali, comitati di base, militanti dei partiti
della sinistra storica e della nuova sinistra, autonomi, comunità
cristiane, antimilitaristi, nonviolenti, femministe, anarchici,
ambientalisti, ecc.. Le lotte assunsero caratteristiche specifiche ed
originali. L’interscambio di esperienze, l’accettazione delle differenze,
il superamento di divisioni e frammentazioni ideologiche, il confronto e la
dialettica tra realtà sociali e culturali sino ad allora contrapposte, le
analisi e l’impegno etico-politico maturato in quegli anni, condizioneranno
positivamente le successive lotte per la difesa della pace e per il
disarmo, contro le spese militari e la criminalità organizzata, per la
salvaguardia dell’ambiente e delle risorse del territorio, per la
cooperazione dal basso e l’interposizione nonviolenta tra i belligeranti,
in solidarietà con i popoli oppressi dalle ingiustizie. I contenuti, le
forme di comunicazione e le pratiche di lotta sarebbero poi divenuti
patrimonio dei successivi movimenti contro la globalizzazione dell’economia
e/o altermondisti ed il nuovo ordine internazionale di matrice neoliberista.
Il movimento contro le guerre non sarebbe però più stato lo stesso
soprattutto nel Sud Italia, dove intere aree sono state trasformate in
avamposto per le “missioni” nazionali, Nato ed extra-Nato nei Balcani, in
Caucaso, nel Golfo Persico e nel continente africano. Subito dopo Comiso ci
sarebbero stati gli interventi in Libano e in Somalia, i raid contro
Tripoli e Bengasi, la prima Guerra del Golfo, i bombardamenti in ex
Jugoslavia, il Kosovo, l’Afghanistan, l’Iraq e, lo scorso anno,
l’occupazione della Libia e i respingimenti in mare, manu militari,
di migliaia di profughi scampati alle barbarie africane. Tranne che alla
vigilia dei sanguinosi conflitti che hanno segnato la fine del secolo
scorso e l’inizio del terzo millennio (mai durante, mai dopo), le
mobilitazioni sono state intense e vissute come quelle della generazione
di Comiso.
Deboli e sporadiche, invece, le campagne contro l’insediamento o
l’ampliamento delle basi militari. Tra le esperienze da ricordare, nei
primi anni ’90, quelle per contrastare l’arrivo dei cacciabombardieri F-16
dell’Aeronautica Usa a Crotone e Gioia del Colle, l’ampliamento della base
navale di Taranto e dell’aeroporto di Sigonella in Sicilia. Nulla o quasi
nulla di fronte alla crescente nuclearizzazione dei Golfi di Taranto,
Napoli e Augusta; contro i pericolosissimi transiti di sottomarini e
portaerei a propulsione nucleare dallo Stretto di Messina, l’insediamento a
Napoli-Capodichino-Lago di Patria di un gigantesco complesso
aeronavale della marina Usa ed Africom, la trasformazione dell’aeroporto di
Amendola (Foggia) in piattaforma di lancio dei famigerati aerei senza
pilota Predator, ecc. Scandaloso e intollerabile il silenzio, a
Gioia del Colle, Trapani, Pantelleria, Sigonella e finanche
Catania-Fontanarossa, davanti al via vaia di caccia, velivoli cisterna,
aerei killer senza pilota della coalizione multinazionale anti-Gheddafi.
In controtendenza, fortunatamente, sorgono in Sardegna comitati
popolari contro l’insediamento di selve di antenne radar anti-migranti,
mentre in Sicilia irrompe il movimento contro il MUOS di Niscemi, emblema
dei crimini della globalizzazione (strumento di guerra planetaria,
dilapidatore di ingenti risorse finanziarie, bomba elettromagnetica contro
l’ambiente e la salute, opera criminogena).
La militarizzazione ha avuto una duplice effetto nel Sud Italia: il
rafforzamento del controllo sociale, anti-democratico ed anti-popolare;
l’arricchimento del blocco di potere che governa i territori. Due fenomeni
che hanno radici antiche. La desecretazione dei documenti conservati negli
archivi di Roma e Washington ha permesso di fare luce sul “peccato
originale” da cui si è sviluppata la rete di alleanze tra gerarchie
militari statunitensi, servizi segreti nazionali e stranieri, estremismo
neofascista, ambienti massonici, gruppi economici dominanti e criminalità
mafiosa. A partire dalla strage di Portella delle Ginestre, l’1 maggio del
1947, primo eccidio di Stato proprio dopo la vittoria del Blocco del popolo
alle elezioni regionali siciliane. Le basi militari originate da accordi
bilaterali Italia-Stati Uniti o in ambito alleato sono state funzionali a
cementare l’illecita alleanza e limitare la sovranità popolare.
La partnership tra i poteri militari e la mafia è proseguita sino ai
giorni nostri. Lo confermano l’omicidio di Pio La Torre e le inchieste
giudiziarie che hanno provato l’attivismo delle cosche criminali negli
appalti nelle basi di Sigonella, Crotone, Napoli e Niscemi. Anche per
questo i movimenti anti-mafia, le realtà antirazziste e i soggetti no
war devono ri-trovare linguaggi e pratiche comuni, saldare legami
ed esperienze. Con l’odierna svolta autoritaria e bellicista è in gioco il
futuro del paese. Per questo c’è bisogno di una nuova alleanza dal basso.
Per ricostruire democrazia e riaffermare con forza che l’Italia ripudia
la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
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Comiso 1982 |
Articolo pubblicato in Mosaico di pace, n. 6, giugno 2012
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