di Agostino Spataro
Grillo cresce perché diminuisce la partecipazione democratica
dei cittadini
Scusate se insisto, ma ieri un nuovo sondaggio ha frastornato l’Italia: il signor Grillo sarebbe al
21% dei suffragi elettorali. Certi
commentatori avvertono (o minacciano?) che, da qui alle prossime elezioni, la
“scalata” potrebbe continuare fino a toccare livelli davvero sorprendenti. Questo dato (reale o enfatizzato) accelera l’esigenza di
cambiare registro e di correre ai ripari.
A cominciare da un’incisiva riforma della legge elettorale (“porcellum”) per introdurre la riduzione di almeno il 30% del numero dei parlamentari (una Camera di 400 membri e un Senato di 200) e il voto (numerico) di preferenza affinché sia l’elettore a scegliere il suo rappresentante in Parlamento e non più il capo-partito. Ed anche l’abolizione del “premio” di maggioranza che aggiudica allo schieramento che prende un solo voto in più un premio di circa cento parlamentari. Una rendita scandalosa quanto inutile, che non è servita a far funzionare per il meglio il “bipolarismo”. In realtà, il “premio” è servito per nominare altri cento servitori dei… capi-partito e per escludere dalla rappresentanza parlamentare talune forze politiche che, insieme, costituiscono quasi il 20% degli elettori italiani. Il risultato di questa legge indegna è sotto gli occhi di tutti. Mai come oggi, è stata così coartata, umiliata la partecipazione dei cittadini, dei militanti alla vita democratica, alle scelte politiche ed economiche del Paese.
A cominciare da un’incisiva riforma della legge elettorale (“porcellum”) per introdurre la riduzione di almeno il 30% del numero dei parlamentari (una Camera di 400 membri e un Senato di 200) e il voto (numerico) di preferenza affinché sia l’elettore a scegliere il suo rappresentante in Parlamento e non più il capo-partito. Ed anche l’abolizione del “premio” di maggioranza che aggiudica allo schieramento che prende un solo voto in più un premio di circa cento parlamentari. Una rendita scandalosa quanto inutile, che non è servita a far funzionare per il meglio il “bipolarismo”. In realtà, il “premio” è servito per nominare altri cento servitori dei… capi-partito e per escludere dalla rappresentanza parlamentare talune forze politiche che, insieme, costituiscono quasi il 20% degli elettori italiani. Il risultato di questa legge indegna è sotto gli occhi di tutti. Mai come oggi, è stata così coartata, umiliata la partecipazione dei cittadini, dei militanti alla vita democratica, alle scelte politiche ed economiche del Paese.
Non un voto per punizione ma per convinzione
Perciò, bisogna subito modificare
il “porcellum”( perche non abolirlo?), anche attivando una corsia prioritaria
in sede parlamentare, come chiedono i cittadini esasperati dalla mancanza di
una reale possibilità di ricambio del ceto politico. Senza queste modifiche
cresceranno la sfiducia, l’astensionismo, le delusioni e il ritiro nel “privato”,
il voto di protesta. Crescerà Grillo.
La preferenza unica non è la panacea, tuttavia potrebbe favorire
il recupero di gran parte di tale disagio e sbloccare la situazione. Con la preferenza, infatti, si stimolerebbe
la partecipazione politica ed elettorale; si riporterebbero dentro i partiti il
confronto e la protesta dei cittadini i quali, riappropriandosi della facoltà
di scelta, potrebbero esercitarla all’interno della lista di riferimento. Senza essere, cioè, costretti a votare per
protesta: più per punire qualcuno che per scegliere un programma, un governo,
un parlamentare.
Da questo malessere si originano, infatti, i dati preoccupanti
dei sondaggi che un po’ fanno il paio con le manovre miranti a scardinare
l’impianto democratico del Paese. Il primo problema è, dunque, quello di
ricreare normali condizioni di esercizio dei diritti democratici per rasserenare
il clima politico e per consentire agli elettori di votare non per ritorsione,
ma per promuovere il benessere solidale della nazione. Insomma, ognuno deve potere scegliere, serenamente, fra programmi e
candidati, con convinzione e responsabilità. Eventualmente, anche le liste del
signor Grillo.
Questo è il punto politico più urgente! Poiché, votare con
la legge-porcata potrebbe significare un colpo esiziale alla nostra democrazia.
A Parma è nato un torbido connubio, non la “terza
Repubblica”
Chiarito quest'aspetto, è necessario analizzare alcune
tendenze emergenti dai sondaggi e un po’ dagli umori della gente che parrebbero
indicare per l’Italia un futuro politico
anomalo, incerto, probabilmente conteso fra il centro-sinistra e una forza
populista senza progetto e senza statuto com’è quella del signor Grillo. La
situazione è preoccupante ma recuperabile. Nulla è scontato. Tuttavia, non
si può sottovalutare, poiché tali previsioni un qualche fondamento ce l’hanno e
fanno leva sull’esasperazione diffusa in
alcuni settori dell’elettorato giovanile e di centro-destra. Significativamente, questo 21% dei
grillini si realizza, quasi interamente, ai danni del PdL di Berlusconi, in caduta libera. Un déjà vu, potremo dire. Un travaso già
verificatosi a Parma con l’elezione del sindaco grillino che qualche autorevole
quotidiano (tra questi, sorprendentemente, anche il mio “La Repubblica ”) ha
qualificato, addirittura, come atto di nascita della “terza Repubblica”.
Ora, con tutto il rispetto delle opinioni, considero, a dir
poco, un abbaglio, il volere far nascere una nuova (terza?) Repubblica da un torbido connubio come quello che, di
fatto, si è realizzato a Parma fra il candidato grillino e i berlusconiani i
quali, esclusi dal ballottaggio dopo
una lunga decade di malgoverno, hanno riversato, per ritorsione, i loro voti su
Pizzarotti. Una “terza Repubblica” che nascerebbe su una siffatta
confluenza bisognerebbe indicarla al pubblico ludibrio invece che esaltarla,
enfatizzarla. Fin qui, nulla di
strano: sono gli aspetti beceri di certa politica e di una vista corta.
Quel che più
meraviglia è la lettura enfatica, e pertanto sospetta, che si continua a fare del
“fenomeno” su quasi tutti gli organi
d’informazione - com’è noto- controllati dai soliti “poteri forti” i
quali, certo, non amano Grillo, ma
vorrebbero usarlo come minaccia incombente per condizionare i singoli partiti
in affanno, lo stesso governo Monti, per obiettivi di potere che poco hanno a
che spartire con gli interessi veri del popolo italiano.
Dopo il fallimentare dispotismo di Bossi e Berlusconi,
un altro leader populista?
Tuttavia, se siamo a questo punto delle ragioni ci sono e fra queste sicuramente alcune di cui quasi mai si
parla: l’appiattimento dei partiti sugli interessi forti, italiani e stranieri;
l’aggiramento della volontà polare e la vanificazione degli stessi esiti
referendari; la distribuzione iniqua del carico fiscale e della ricchezza
nazionale; l’occupazione sistematica del potere pubblico; ecc. ecc. Per
rimuoverle non ci vuole la bacchetta magica, ma è necessario riaprire le vie
della partecipazione democratica per la ricostruzione morale ed economica del
Paese, per ridare fiducia e una prospettiva di lavoro ai giovani; per riformare
lo Stato, l’amministrazione, la scuola, l’informazione, ecc. Uno sforzo immane,
collettivo e solidale, che presuppone il ripristino di una corretta dialettica
democratica, elettorale che affida ai
cittadini, organizzati nei partiti e nelle associazioni, il diritto/dovere di
cambiare uomini e cose. Francamente,
dopo il dispotismo fallimentare di Bossi e di Berlusconi, l’Italia non bisogno
di un altro “leader” populista che, dalla sua villa “a cinque stelle”, detti ordini
in nome del popolo indignato.
Il discorso è di responsabilità nazionale e vale per tutti,
per la destra, per la sinistra, per il centro.
Su questo terreno vanno verificati il ruolo e la capacità
propositiva dei partiti e dei loro raggruppamenti elettorali. Specie in questa
fase di acuta crisi e con un governo tecnico (e anomalo), il problema è di
come, con quali idee e schieramenti, si prepara il ritorno alla normalità
politica, al dopo-Monti.
Un grande polo della sinistra democratica e
progressista per governare il Paese
Il quadro è confuso, incerto. Il centro-destra ondeggia, perde pezzi, anche pregiati, del suo
elettorato. Allo stato, non sappiamo se e come uscirà dalla sua crisi. Una
condizione propizia che dovrebbe favorire una sinistra davvero rinnovata negli
uomini e nelle idee, portatrice di un progetto nuovo che rompe con i vecchi
schemi ma anche con nuove ambiguità e incoerenze. C’è necessità - a mio modesto parere - di un grande polo della sinistra
democratica e progressista che assuma come compito costitutivo, identitario
quello di rappresentare e difendere i legittimi interessi dei lavoratori, dei
giovani, della cultura e degli intellettuali, dei ceti medi produttivi e
professionali, dell’imprenditoria onesta e socialmente responsabile, ecc. Oggi,
questo immenso popolo è sotto attacco, sta pagando le più gravi conseguenze
della crisi che altri hanno provocato e - cosa ancor più grave - è senza una
forte rappresentanza politica. Chi dovrà
rappresentarlo? Questo è un altro punto politico chiave. Non certo formazioni
minoritarie per vocazione, individualiste, ma una nuova sinistra, un “Frente
amplio” di tutte le forze disponibili, se del caso, in alleanza con altre forze anche del centro popolare e
soprattutto con settori della società prive di rappresentanza.
Il Partito Democratico fuori dall’equivoco
Alla prova dei fatti, il
Partito Democratico non ce l’ha fatta a svolgere tale ruolo, a rappresentare queste istanze. Forse
non l'ha nemmeno voluto. Anche perché è nato con un vizio d’origine: quello di avere ideato e gestito la sua costituzione
come sommatoria di due componenti importanti (la gran parte dell’ex PCI e una
corrente dell’ex DC) e non come forza politica e ideale animata da valori e
concezioni condivise. In realtà, più che un partito, con la sua identità e con
la sua omogeneità ideale e programmatica, è stato creato un contenitore per
ospitare il vertice, centrale e territoriale, delle due componenti. Il centro-sinistra è stato il
risultato di questa confluenza, più qualche formazione che di volta in volta è
stata associata per esigenze elettorali.
Tanto da rischiare una identificazione tra il partito e l’alleanza di
governo. Nel PD, a parte il comune
anelito governativista dei suoi vertici, su quasi tutto il resto le due
componenti (cattolica e di sinistra) sono divise e sovente contrapposte. Il
disagio, la contraddizione si colgono anche nella composizione del gruppo
dirigente ai cui vertici troviamo personalità
che amano collezionare ruoli e frequentazioni in club esclusivi internazionali
massimamente liberisti e altre che scendono in piazza alla testa dei lavoratori per contrastare le mire e i
disegni dei primi.
Se la sinistra si unisce …
Vere e proprie antinomie che vanno chiarite e superate. E pazienza se alcuni liberisti camuffati se
ne andranno per la loro strada. Si perderà qualche bel nome, ma si guadagnerà
tantissimo in credibilità e in voti. E, soprattutto, si avrà la possibilità
di creare un grande partito della sinistra democratica e progressista che, con
altre forze popolari, può legittimamente aspirare a governare e a riformare
questo Paese. Ovviamente senza chiusure autarchiche, settoriali, ma in sintonia
con i valori e i nuovi fermenti che animano oggi la scena politica in Europa e
nel mondo.
Perciò, se la
sinistra avesse, non dico le palle (poiché a essa, essendo di genere femminile,
non si addicono tali attributi), ma la voglia di unirsi e rimettersi in gioco,
i lavoratori e i cittadini italiani avrebbero un grande partito e l’Italia un
governo degno.
Agostino Spataro
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