sabato, giugno 02, 2012

Corleone on tour: viaggio nell'antimafia con gli occhi dei giovani


Corleone, la Torre saracena
Reportage dalla Sicilia con gli occhi dell'associazione. Le storie di Placido Rizzotto e Bernardino Verro, un patrimonio d’arte e naturalistico poco conosciuto. L’impegno di un gruppo di giovani per un’immagine diversa
di Giovanni Rispoli
“Where is the mafia? E la casa del Padrino?’ Anni 90, andavo a scuola. Li vedevo parlare con i vecchietti, che rispondevano regolarmente non lo so: perché non capivano l’inglese, e perché la casa di don Vito qui non esiste. Ma loro pensavano si trattasse di omertà, e quindi di averla trovata, la mafia”.
È il film di Coppola, Marlon Brando e Al Pacino, a spingere Corleone sulle rotte del turismo; e ad aggiungere alla consueta vacanza degli emigranti la visita occasionale di chi invece arrivava, e ancor oggi arriva, arrampicandosi per le vie della città alla ricerca di don Vito e delle testimonianze del suo terreno passaggio. Com’è ovvio qualcuno ha costruito poi su questo anche un piccolo business: Il Padrinonero su bianco stampigliato sull’accendino che vedi dal tabaccaio, per dirne una.

“La Corleone che noi vogliamo promuovere, invece, è un’altra: una località dell’entroterra siciliano che, per i suoi piccoli tesori, e tra questi la storia dell’antimafia, vale la pena visitare”. È il giorno dopo i funerali di Stato di Placido Rizzotto, 24 maggio. Francesca – una triennale in antropologia, esperienze di lavoro al Nord (“il mio cognome è Riina, puoi immaginare la difficoltà a trovare casa”, mi dice sorridendo) – ci accoglie nella sede di Corleone on tour, l’associazione che appunto con l’obiettivo di promuovere un’immagine diversa della città lei e altri dieci ragazze e ragazzi hanno da poco fondato.

Tra natura e cultura, spiega, Corleone presenta molte attrattive: la possibilità quindi di offrire ai visitatori una proposta di qualità c’è tutta. I poster e le magliette con l’immagine di Rizzotto, labiografia del sindacalista scritta da Dino Paternostro, i dvd delfilm di Pasquale Scimeca: la tensione ideale che è dietro la scelta di questi ragazzi è ben rappresentata. Ma è una tensione, una passione, che deve diventare lavoro, dicono, affiancando l’attività dell’associazione, nell’ambito particolare del turismo responsabile, alle altre iniziative oggi in campo nel corleonese: fra tutte, le cooperative create sui terreni confiscati alla mafia.

“Sì – riprende Francesca –: l’obiettivo è il lavoro. Non viviamo in un mondo a parte, siamo in Italia e siamo nel Sud: la disoccupazione la soffriamo anche noi”. Il serbatoio dell’impiego pubblico è cosa d’altri tempi, ormai: “Il posto, era questa l’ambizione di tanti: il lavoro d’ufficio, sistemarsi a vita. Storia passata. L’associazione significa non aspettare più la manna dal cielo, che l’ufficio ce lo costruiamo noi. Sapendo che questo comporterà grandi sacrifici: un lavoro senza orari, ad esempio, a differenza di quel che accade in un ufficio normale. Ci rimboccheremo le maniche”.

I ragazzi dell’associazione, del resto, non sono abituati a stare fermi. Dicevamo di Francesca, ma anche Fabrizio, il presidente, ha fatto le sue esperienze. “Mi ero iscritto al Dams, poi dopo un anno ho lasciato: avevo la sensazione di perdere tempo, temevo di finire parcheggiato nell’università. Ho lavorato nei villaggi turistici, ora gestisco un e-commerce di prodotti tipici.

Siamo molto diversi qui, abbiamo idee, penso al rapporto con la politica, anche distanti. Ma sulle finalità dell’impresa, sul farne un’occasione di lavoro, siamo tutti in sintonia”. Come ribadisceFrancesca – una seconda Francesca, psicologa e impegnata in politica (candidata alle ultime elezioni, non è entrata in consiglio comunale per pochissimi voti) –: “La nostra è una scelta che va contro il clientelismo; e contro la mentalità del chi-te-lo-fa-fare. Qui lo spirito d’impresa è deficitario, impera l’individualismo. È difficile ma ci crediamo”.
Lo spirito d’impresa, il lavoro associato. La cultura e la realtà che queste parole significano, la mafia, potere tanto feroce quanto parassitario, ha sempre provato a stroncarle. Attentando alla vita e ai beni delle persone e mortificandone entusiasmi e speranze: le energie vitali, per dirla in altro modo. “La mafia, voglio dire le paure che crea, è entrata nel profondo – osserva Rosalba (laurea in lingue e un’esperienza di lavoro a Torino) –, è penetrata nell’inconscio collettivo. Magari non te ne accorgi ma il timore te lo porti dentro. È anche per questo che molti preferiscono andar via”. “Ha fatto crescere un senso diffuso di paura, generato una grande insicurezza. Tanti reagiscono attraverso il meccanismo classico della rimozione”, aggiunge Francesca, che queste particolari sofferenze le osserva un po’ più da vicino.

Proprio lei, Francesca, parlava prima del rifiuto del legame clientelare che anima l’associazione; del no, quindi, a un rapporto malato con il ceto politico. Seppure in estrema sintesi, può essere di qualche interesse, allora, capire quali siano le idee dei nostri interlocutori intorno alla politica. Anche in questo caso Corleone non è un mondo a parte, i ragazzi della città di Rizzotto non sono diversi dai loro coetanei del resto d’Italia. Cosimo,membro di un’altra associazione giovanile, Dialogos, impegnata soprattutto sul terreno dell’informazione, anzi della “controinformazione”, venuto a salutare i suoi amici, interviene dichiarando senza mezzi termini la sua “lontanza dalla politica attuale”, che vede tutta chiusa in se stessa e arroccata intorno ai propri privilegi. 

Non sappiamo se Rosalba condivida le posizioni radicali di Cosimo – che, nella sua scelta di sinistra, non è propriamente un moderato –, però su questo non ha dubbi: “Mi sento molto lontana anch’io, vivo un forte distacco – spiega –. Ho dato il mio voto, ma non riconosco alle odierne rappresentanze la capacità di interpretare le esigenze della comunità. Credo in me stessa e nelle persone che mi scelgo. L’aver deciso di puntare sull’associazione ha anche questo significato”. Diverse le idee di Francesca, che nella possibilità della politica di rinnovarsi ha fiducia, come dimostra la sua partecipazione – anche se non fortunata, ricordavamo sopra – all’ultima vicenda elettorale. Non dissimili i sentimenti di Fabrizio: “La politica attraversa la nostra vita. Se una persona ha delle competenze, perché non metterle al servizio degli altri?”.

Intanto le competenze di cui dispongono, e torniamo all’inizio, questi ragazzi le hanno unite per un loro particolare progetto. Fino a che punto è realizzabile? “Tu hai incontrato prima una coppia di argentini – riprende Francesca Riina –: ho raccontato loro la storia di Bernardino Verro e Placido Rizzotto, erano incantati”. Alloral’antimafia e la storia locale, e poi le chiese e i musei, e la natura, e le tradizioni popolari: i percorsi sono a portata di mano, si tratta “solo” di saperli valorizzare, rifletteDavide riprendendo il discorso mentre, salutati i ragazzi – indaffarati, l’inaugurazione di Corleone on tour è fissata per l’indomani –, ci accompagna verso l’aeroporto.

Le pareti di Rocca Busambra illuminate dal sole, il pensiero corre inevitabilmente a quella sera del marzo ’48, a un uomo coraggioso caricato a forza su un macchina scura, a un testimone impaurito. Ci giriamo verso i campi: “Che bel vigneto...”. “È l’ex feudo Drago – dice Davide – i terreni che Placido e i contadini avevano occupato. In mano alla mafia, confiscati, passati poi al consorzio di comuni Sviluppo e legalità. Ci lavorano le cooperative sociali”.

Where is the mafia? C’è, sappiamo che c’è; dove, è un’altra storia. Ma l’antimafia, intanto, è ben visibile. 
Rassegna sindacale, 1 giugno 2012

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