Placido Rizzotto |
Se l’ On. Nencini fosse stato
attento all’omelia sin dall’inizio, avrebbe potuto ascoltare l’Arcivescovo
esprimere “apprezzamento incondizionato
da tributare a chi, battendosi contro il sopruso mafioso, ne ha affrontato la
rappresaglia criminale, pagando con la
vita la fedeltà all’impegno assunto”. Il riferimento alla mafia rimane
implicito, e tuttavia vivo, in tutta
l’omelia, come è possibile rilevare dal testo consultabile sul sito ufficiale
dell’Arcidiocesi di Monreale.
Chi conosce mons. Di Cristina non
potrà accusarlo di essere rimasto in silenzio davanti al fenomeno “mafia”: ne
danno testimonianza molte sue omelie in cui lo stigmatizza come struttura di
peccato, assolutamente inconciliabile con il Vangelo e la professione
cristiana. A riprova di questa
attitudine c’è anche “Nuova Evangelizzazione e Pastorale”, il documento della
Conferenza Episcopale siciliana del 1994 di cui, come è risaputo, l’Arcivescovo
è stato il principale estensore, che al n. 12 – paragrafo molto citato anche ai
nostri giorni – condanna severamente mafia, mentalità e comportamenti mafiosi.
Lo stesso don Luigi Ciotti, dopo
la celebrazione, in sacrestia, si è congratulato con mons. Di Cristina per
l’omelia, di cui ha chiesto anche il testo “poiché – così ha detto – avrebbe
voluto riprendere i tratti salienti”. Quanto poi alla concelebrazione, i due
concelebranti principali sono stati il Vicario Generale dell’Arcidiocesi e il
Vicario Foraneo Decano di Corleone, due
cariche istituzionali; don Ciotti ha concelebrato insieme ad altri sacerdoti
presenti, secondo la prassi del cerimoniale liturgico. Quanto al fatto che egli
non sia intervenuto alla fine delle esequie, precisiamo che gli interventi non
sono stati di nostra competenza, ma del Responsabile del Cerimoniale del
Quirinale che ne ha stabilito il numero e l’ordine.
Mons. Antonino Dolce
Vicario Generale
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