di Roberto Tagliavia
Nino
Alongi (nel suo fondo di sabato 19
maggio) chiama in causa quegli ex dirigenti di partito, ultimi rappresentanti di una politica alta ma rigorosamente confinati fuori dagli attuali organismi
dirigenti del PD, perché, pur coltivando la memoria e continuando a impegnarsi generosamente, sarebbero irrilevanti
per imprimere una svolta significativa al maggiore partito della sinistra. Ciò
che non dice è cosa fare per offrire uno sbocco politico alla crisi politica
siciliana.
Alongi
indica nella scelta di appoggiare Lombardo la causa della perdita di
credibilità del PD e della palude che ne deriva (né opposizione né alternativa), e bolla come sacerdoti laici o, peggio, come cantastorie
della nostra infanzia quanti tra noi di fronte al declino del PD
organizzano convegni, centri studi, scrivono libri, e mantengono viva la
memoria di leader prestigiosi (come La
Torre o Mattarella n.d.r.).
Ma
questo è il punto. In un momento di declino della politica e di smarrimento di
ogni orizzonte ideale, morale e organizzativo già il ricordare è una azione
politica forte, perché contrasta la sfiducia e il ripiegamento nel
qualunquismo. Non credo, quindi, che l’appellativo di ex-dirigenti sia
condivisibile: in realtà si continua a svolgere la propria funzione “dirigente”
mantenendo memoria dei valori fondamentali, continuando a riflettere e spingendo
la riflessione sul che fare.
Quanti
di noi si cimentano nello scrivere libri non si limitano a tenere viva la memoria di un partito che non c’è più, ma
rileggono con più accuratezza i fatti e gli errori che ci hanno portato a
questo degrado (penso,
per es. alla utile nuova e inedita lettura delle attinenze fra le uccisioni di
Palme e di La Torre ) e, cosa ben più importante, indicano nodi da sciogliere,
nuove frontiere da superare, obiettivi possibili, cambiamenti e scelte
innovative da adottare.
Quello
che sembra mancare, in questo concordo con Alongi, è una effettiva incidenza,
un accoglimento da parte della politica istituzionale e di partito di queste
sollecitazioni. Il fatto è che il personale interno al partito è stato
selezionato in chiave elettorale di fedeltà e appartenenza, quindi, è difficilmente
interessato a rispondere. Il resto delle forze interessate è fuori, magmatico,
disperso in movimenti di grande generosità e molto appaganti ma politicamente
impediti dal costruire una seria alternativa di governo.
Qui
Alongi doveva scegliere e non lo ha fatto: o dare la parola d’ordine (che io
prediligo) di “invadere il PD” utilizzando le regole democratiche che lo
informano e pretendendone l’uso più corretto o, se si pensa davvero che sia
impossibile riformare il PD, dire che si vuole fare un nuovo partito, con tutti
i limiti di velleitarismo e i rischi di provincialismo che una simile impresa oggi
può comportare. Quello che non può continuare è che al generoso impegno rispondano grilli parlanti o lo snobismo di gruppi
e gruppetti autosufficienti che non si pongono il problema di informare e
organizzare larghi parti della società, interessi leciti e speranze condivise.
In
questo senso rassicuro Alongi, non mi sento un ex e non intendo deflettere da un impegno di vita che ha al suo
centro la costruzione di una alternativa di governo, democratica e di sinistra,
utile ai siciliani e al Paese.
Palermo, 21 maggio 2012
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