Bernardo Provenzano il giorno dell'arresto |
MILANO
- Ha infilato la testa in una busta di plastica tentando il suicidio. Non si sa
per quale ragione, ma il boss Bernardo Provenzano ha tentato di togliersi la
vita nel carcere di Parma dove è detenuto da circa un anno, dopo l'arresto
avvenuto nel 2006, a termine di un lungo periodo di latitanza durato oltre 43
anni. «Binnu u tratturi», come veniva chiamato il capomafia corleonese, ha 79
anni e da tempo deve fare i conti con diverse patologie. Ma il tentativo di
suicidio presenta ancora dei risvolti da chiarire. A cominciare da quella busta
di plastica. «Chi lascia una busta di plastica nella cella di un detenuto al 41
bis?» si chiede il suo legale Rosalba Di Gregorio.
SALVATO
DA POLIZIOTTO - Il boss, stando alle notizie
filtrate dal carcere parmense, sarebbe stato salvato grazie al pronto
intervento del personale di polizia giudiziaria. Il tentativo di suicidio
risale alla tarda serata di mercoledì ma la notizia è filtrata dopo oltre 24
ore. Il boss è rinchiuso in una sezione per i detenuti in regime di 41 bis,
nell'area riservata del carcere. In uno dei controlli un poliziotto
penitenziario del Gom (Gruppo Operativo Mobile), si è accorto che c'era
qualcosa di strano ed è prontamente intervenuto, evitando il suicidio. Del
fatto sono state informate l'autorità giudiziaria e il Dipartimento per
l'amministrazione penitenziaria.
BINNU U TRATTURI
- Assieme a Totò Riina per anni Provenzano è stato uno dei capi indiscussi di
Cosa Nostra siciliana. Dopo l'arresto di Riina fu lui a imporre una nuova
strategia di «inabissamento» della mafia dopo la stagione del stragi del '92.
Controverso il suo ruolo anche nella cattura di Riina tanto che alcuni pentiti
hanno ipotizzato che possa essere stato proprio «Binnu u tratturi» a «vendere»
Riina alle forze dell'ordine.
MOLTO
MALATO - Provenzano è detenuto da un anno a
Parma dopo che la Corte d'appello di Palermo ne ha disposto il trasferimento da
Novara, accogliendo la richiesta di trasferimento per motivi di salute. Il
carcere di Parma è infatti dotato di un centro clinico e nelle sue vicinanze
c'è un reparto ospedaliero per detenuti. Numerosi, nei mesi scorsi, gli appelli
dei legali del boss: «È molto malato, rischia la morte ogni giorno. Basta col
41 bis. Venga detenuto ma in condizioni civili», era stato l'appello, lo scorso
settembre, dell'avvocato Rosalba Di Gregorio. Oltre alla recidiva di un cancro alla prostata, una ischemia gli ha distrutto parzialmente il
cervello. I tremori e i movimenti rallentati, dicono inoltre, sono quelli
tipici di una sindrome parkinsoniana.
I SOSPETTI
DELL'AVVOCATO - «Io mi chiedo chi lascia
un sacchetto di plastica nella cella di un detenuto al 41 bis?» attacca il
legale di Provenzano l'avvocato Rosalba Di Gregorio. E ancora: «due
periti nominati recentemente dalla Corte d'assise di Palermo hanno detto che
Bernardo Provenzano non era depresso e stava bene:
a questo punto o hanno visitato un altro o si doveva prestare più attenzione
alla perizia».
IL
FIGLIO - A sollecitare l'attenzione sulle
condizioni di salute di Bernardo Provenzano era stato il figlio primogenito del
boss, Angelo, di 36 anni, in un'intervista alla trasmissione televisiva
«Servizio Pubblico» che aveva sollevato clamore e polemiche. «Noi chiediamo -
aveva affermato - che mio padre venga curato. Prima di tutto è un detenuto. È
vero che sta pagando meritatamente o immeritatamente, ma rimane sempre un
cittadino italiano: sarà stato capo di Cosa Nostra ma stiamo parlando di un
essere umano». Provenzano Jr aveva aggiunto: «Io mi rendo conto che molta gente
potrebbe alzarsi e dire "per quello che ha fatto merita questo e altro. A
tutti dico però se mio padre è quello che è, e ci sono delle verità processuali
che lo affermano, ora è arrestato: c'è un posto vacante. Chi si sente di far parte
di uno Stato che non applica i diritti può prendere posto su quella poltrona».
GLI
UOMINI DEL GOM - Il tentativo di suicidio «è stato
sventato solo grazie alla solerzia degli uomini del Gom la sola, ormai, rimasta
a fronteggiare la disfatta del sistema carcerario italiano» afferma il
segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Leo Beneduci.
«Provenzano, per i misfatti compiuti - dice - deve scontare il carcere fino
alla fine dei suoi giorni, perchè, se così non fosse, sarebbe l'irrimediabile
sconfitta dello Stato. Al di là delle parole e delle buone intenzioni del
governo e, in particolare, del ministro della Giustizia - conclude il
segretario dell'Osapp - è davvero arrivato il momento di interventi incisivi
per ridare dignità a tutto il sistema carcerario, a cominciare dalla polizia
penitenziaria».
Alfio
Sciacca
asciacca@corriere.it
asciacca@corriere.it
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