giovedì, maggio 10, 2012

Il boss Provenzano tenta il suicidio: salvato dalla polizia penitenziaria


Bernardo Provenzano il giorno dell'arresto
E' avvenuto la scorsa notte nel carcere di Parma. Ha infilato la testa in una busta di plastica
MILANO - Ha infilato la testa in una busta di plastica tentando il suicidio. Non si sa per quale ragione, ma il boss Bernardo Provenzano ha tentato di togliersi la vita nel carcere di Parma dove è detenuto da circa un anno, dopo l'arresto avvenuto nel 2006, a termine di un lungo periodo di latitanza durato oltre 43 anni. «Binnu u tratturi», come veniva chiamato il capomafia corleonese, ha 79 anni e da tempo deve fare i conti con diverse patologie. Ma il tentativo di suicidio presenta ancora dei risvolti da chiarire. A cominciare da quella busta di plastica. «Chi lascia una busta di plastica nella cella di un detenuto al 41 bis?» si chiede il suo legale Rosalba Di Gregorio.

SALVATO DA POLIZIOTTO - Il boss, stando alle notizie filtrate dal carcere parmense, sarebbe stato salvato grazie al pronto intervento del personale di polizia giudiziaria. Il tentativo di suicidio risale alla tarda serata di mercoledì ma la notizia è filtrata dopo oltre 24 ore. Il boss è rinchiuso in una sezione per i detenuti in regime di 41 bis, nell'area riservata del carcere. In uno dei controlli un poliziotto penitenziario del Gom (Gruppo Operativo Mobile), si è accorto che c'era qualcosa di strano ed è prontamente intervenuto, evitando il suicidio. Del fatto sono state informate l'autorità giudiziaria e il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria.
BINNU U TRATTURI - Assieme a Totò Riina per anni Provenzano è stato uno dei capi indiscussi di Cosa Nostra siciliana. Dopo l'arresto di Riina fu lui a imporre una nuova strategia di «inabissamento» della mafia dopo la stagione del stragi del '92. Controverso il suo ruolo anche nella cattura di Riina tanto che alcuni pentiti hanno ipotizzato che possa essere stato proprio «Binnu u tratturi» a «vendere» Riina alle forze dell'ordine.
MOLTO MALATO - Provenzano è detenuto da un anno a Parma dopo che la Corte d'appello di Palermo ne ha disposto il trasferimento da Novara, accogliendo la richiesta di trasferimento per motivi di salute. Il carcere di Parma è infatti dotato di un centro clinico e nelle sue vicinanze c'è un reparto ospedaliero per detenuti. Numerosi, nei mesi scorsi, gli appelli dei legali del boss: «È molto malato, rischia la morte ogni giorno. Basta col 41 bis. Venga detenuto ma in condizioni civili», era stato l'appello, lo scorso settembre, dell'avvocato Rosalba Di Gregorio. Oltre alla recidiva di un cancro alla prostata, una ischemia gli ha distrutto parzialmente il cervello. I tremori e i movimenti rallentati, dicono inoltre, sono quelli tipici di una sindrome parkinsoniana.
I SOSPETTI DELL'AVVOCATO - «Io mi chiedo chi lascia un sacchetto di plastica nella cella di un detenuto al 41 bis?» attacca il legale di Provenzano l'avvocato Rosalba Di Gregorio. E ancora: «due periti nominati recentemente dalla Corte d'assise di Palermo hanno detto che Bernardo Provenzano non era depresso e stava bene: a questo punto o hanno visitato un altro o si doveva prestare più attenzione alla perizia».
IL FIGLIO - A sollecitare l'attenzione sulle condizioni di salute di Bernardo Provenzano era stato il figlio primogenito del boss, Angelo, di 36 anni, in un'intervista alla trasmissione televisiva «Servizio Pubblico» che aveva sollevato clamore e polemiche. «Noi chiediamo - aveva affermato - che mio padre venga curato. Prima di tutto è un detenuto. È vero che sta pagando meritatamente o immeritatamente, ma rimane sempre un cittadino italiano: sarà stato capo di Cosa Nostra ma stiamo parlando di un essere umano». Provenzano Jr aveva aggiunto: «Io mi rendo conto che molta gente potrebbe alzarsi e dire "per quello che ha fatto merita questo e altro. A tutti dico però se mio padre è quello che è, e ci sono delle verità processuali che lo affermano, ora è arrestato: c'è un posto vacante. Chi si sente di far parte di uno Stato che non applica i diritti può prendere posto su quella poltrona».
GLI UOMINI DEL GOM - Il tentativo di suicidio «è stato sventato solo grazie alla solerzia degli uomini del Gom la sola, ormai, rimasta a fronteggiare la disfatta del sistema carcerario italiano» afferma il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Leo Beneduci. «Provenzano, per i misfatti compiuti - dice - deve scontare il carcere fino alla fine dei suoi giorni, perchè, se così non fosse, sarebbe l'irrimediabile sconfitta dello Stato. Al di là delle parole e delle buone intenzioni del governo e, in particolare, del ministro della Giustizia - conclude il segretario dell'Osapp - è davvero arrivato il momento di interventi incisivi per ridare dignità a tutto il sistema carcerario, a cominciare dalla polizia penitenziaria».
Alfio Sciacca
asciacca@corriere.it

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