Bolognetta |
La tornata
elettorale del 6 e 7 maggio 2012 è stata senza dubbio originale e diversa dalle
altre. Politicamente non si è mosso molto, più semplicemente il travaso dei
voti tra i “partiti forti” ha ricevuto un’ondata come dei sassolini in un
grande recipiente mosso da un bambino, sassi che ora vanno a destra, poi a
sinistra ed alcune volte assumono una posizione centrale che non sai spiegarti.
I numeri hanno avuto il loro solito effetto alimentando le trasmissioni
televisive, anche la carta stampata, ma principalmente le tribune e i dibattiti
politico-elettorali. Alcuni di questi, uno in particolare, pur di non
fare il classico tour de force da exit pool, pronostici (seri) e
dati parziali prima e dopo cena, hanno inventato simpatiche alternative negli
studi televisivi. Chi segue da casa non può annoiarsi con le sole percentuali
di voto e quindi si presentano gelatai, che dovrebbero saper fare
un buon gelato artigianale, che diventano saggisti e analisti politici da far
invidia a Mannheimer. Da questo ne deduco, seppur con stupore vista la trovata,
che saranno senza dubbio elezioni diverse e divertenti.
Succede quindi che nelle televisioni delle
famiglie tarantine, uno che fa gelato dà i numeri facendo pronostici sulle
percentuali di voto definitivo ed i politici candidati diventano gusti di alta
cremeria. E’ tutto un “programma”, la cosa diventava davvero interessante. Per
capire come è andata a finire con il gelato politico andiamo per un attimo alla
fine della storia concludendo che i pronostici del gelataio si sono poi
rivelati, in virtù del risultato elettorale reale, “un mucchio de fregnacce”,
definizione dovuta e giustificata dalla localizzazione del mio computer che in
quel momento storico condivideva con me il gelato fritto nella rete internet
della capitale e quindi mi sembra giusto dargli il meritato compenso per il
lavoro svolto, eccellente.
Molto meno e poco serio il lavoro di chi
sostiene che fare una diretta televisiva su risultati e sondaggi elettorali, “è
un gioco” e va fatto ridendo, arrivando successivamente a lamentarsi con chi,
nelle dirette televisive nazionali, non dà informazioni sulle percentuali di
Taranto. Me lo vedo a malapena Mentana che interrompe il collegamento con
D’alema in diretta da Montecitorio, che finalmente dopo tanto tempo amoreggia
con Vendola, per annunciare che il “gianduia” sta sfiorando il 20% e rischia di
andare al ballottaggio col “crème caramel” che a sua volta non sfonda il 50% e
non vincerà al primo turno […] è tutto accaduto davvero in diretta nelle
televisioni dei tarantini.
Nella speranza e nell’attesa che un
giorno, parlando della politica tarantina, si possa parlare in maniera seria,
la stessa notte politica elettorale ho sognato che il piccolo paesino di
Bolognetta fosse un quartiere di Taranto a metà strada tra Tamburi e PaoloVI.
Si certo, Bolognetta che nella realtà conta 4000 abitanti arroccati sulle
colline a 20 km a sud di Palermo. Quel sogno poteva cambiare le sorti
elettorali di Taranto, forse non modificando le percentuali, ma portando le
discussioni ed i dialoghi politici sicuramente ad un livello più elevato, altro
che “c’è gigi? e la cremeria?” Quel quartiere nuovo avrebbe mosso le coscienze
di molti, avrebbe fatto parlare in maniera più seria i mezzi di informazione
locale, avrebbe portano in città un dubbio sano per ogni elettore.
Sergio Guttilla, cittadino e giovane scout
di Bolognetta, balza alle cronache nazionali dal giorno alla notte, e non per
suo volere o per mania da gelataio, per molto meno. Ha denunciato il “fare
mafioso” che era, e forse ancora lo è, protagonista della politica del suo
paese, senza avere la pretesa che le cose possano cambiare da un giorno
all’altro o come accade in un sogno di primavera.
Sergio mi spiega che nel suo paese il voto
funziona così. Ogni famiglia assicura un certo pacchetto di voti e chi gestisce
le liste elettorali le correda di candidati rappresentanti di queste famiglie e
che nella lista fanno convogliare i voti. In questo modo, ci spiega, la qualità
della politica, e quindi del politico eletto, si abbassa e degrada molto,
l’elettore diventa un burattino che vota quello che gli hanno detto di votare. Succede
quindi che Sergio pensa formare un gruppo con i giovani del suo paese, alcuni
dei quali appartenenti al gruppo scout, un gruppo che deve cercare di “gettare
dei sassi e smuovere le acque torbide”
Questo gruppo non è un partito politico né
prende direzioni politiche di alcune delle liste o dei singoli candidati di
Bolognetta, il gruppo è l’espressione di tutti quei temi e valori che ci
accomunano anche se siamo di pensieri e di estrazioni culturali diversi,
comunica idee e pensieri attraverso modi originali che possano in qualche modo
stimolare la riflessione e la coscienza, il gruppo è schierato a difendere i
valori della legalità e della buona amministrazione contro gli atti illeciti e
le ingerenze di chi vuole assoggettare il potere libero del cittadino al voto
segreto e cosciente, il gruppo non è “di proprietà” degli attivisti ma è aperto
a tutti coloro che attivamente o, nel segreto della cabina elettorale, vogliono
essere liberi nella scelta, autonomi nel pensare e indipendenti nell’utilizzare
quell’unica arma che ci rende sovrani: la matita che serve per votare. Il
gruppo si chiama “LA RIVOLUZIONE DELLE MATITE”.
“La rivoluzione si fa nelle piazze con il
popolo, ma il cambiamento si fa dentro la cabina elettorale con la matita in
mano. Quella matita, più forte di qualsiasi arma, più pericolosa di una
lupara e più affilata di un coltello”. (Paolo Borsellino)
Fanno un gruppo, adottano il pensiero di
Borsellino, escono allo scoperto in paese ed il risultato quale può essere?
BUUUUMMMM
Sergio riceve una telefonata, qualcuno lo
minaccia dicendogli che gli spezzano le gambe riducendolo a stare su una sedia
a rotelle. Quello che hanno fatto è stato semplicemente comunicare alla gente
di Bolognetta di votare con coscienza ignorando le indicazioni di voto delle
famiglie. Lo hanno fatto con quelle che loro chiamano “action”. Hanno
tappezzato le porte delle case con volantini, hanno messo sagome di cartone sui
balconi, sulle ringhiere delle piazze, scrivendo frasi con messaggi ben chiari.
Alcune di queste recitano “Io non voto quello che dice mio zio ma voto quello
che dico io” o “chi vota i parenti spesso se ne pente”. Frasi che hanno avuto
sicuramente più effetto nelle action perché scritte in dialetto siciliano.
Qualcuno si era accorto che i sassi
nell’acqua torbida stavano smuovendo davvero le cose. Le minacce a Sergio hanno
però provocato ancora più movimento in paese, un movimento che a Bolognetta non
si era mai visto. Il gruppo de “LA RIVOLUZIONE DELLE MATITE” organizza una
marcia di solidarietà che raccoglie un’adesione eccezionale anche dai paesi
vicini, e per quanto riguarda le minacce si allestisce un cartellone con su
scritto “PER LE MINACCE RIVOLGERSI A…” dove ognuno scrive il proprio nome e
cognome. La solidarietà arriva anche dal sacerdote della parrocchia, don
Giuseppe Graziano che celebra Messa con una matita sull’orecchio.
Infine i risultati elettorali. Alcuni
candidati dicono che nel voto è successo qualcosa di imprevedibile, c’è stata
una rivoluzione, il voto non è coinciso con il pacchetto dei voti familiari, la
gente ha promesso il voto ma in cabina elettorale non eseguito l’ordine e ha
disatteso e scardinato il “sistema”.
A Sergio ho chiesto il significato della
paura che per lui non ha una definizione precisa ma, mi dice, che sa benissimo
di essersi accorto che la stessa sfuma quando hai intorno persone che ti
dimostrano solidarietà ma ti assale quando ti senti solo e se lo sei
davvero intorno ti si crea il vuoto. Ne approfitta per lanciare un
appello allo stato, alle istituzioni, lo ha fatto sulle radio e sulla stampa
nazionale dicendo che lo stato non deve abbandonare la gente, non deve farli
sentire soli, perché da soli non denunceranno mai.
Ma la mafia non esiste, ”…ma
unnè stà maaafia” dicevano decenni fa a Palermo, a Cinisi e nelle piazze
roventi dei paesi siciliani con le persiane chiuse che ascoltano e osservano.
Venti anni sono passati dalle stragi che provocarono la morte di Falcone,
Borsellino e degli uomini della loro scorta, loro da quelle frasi in bianco e
nero hanno fatto tanta strada e sono passati ai colori, la loro coscienza è
scossa da tempo e si è già mossa. Quando ho citato a Sergio il titolo di questo
articolo accennandogli che non sarebbe stato solo il semplice racconto su
quello che gli è accaduto ma anche un esempio da seguire per la decaduta
oreficeria della Magna Grecia, mi risponde immediatamente “eheheh…
se vuoi cambio residenza”. Ed allora il sogno di Bolognetta, quartiere tra il
Tamburi e PaoloVI ma anche tra Solito Corvisea e Salinella sino alla litoranea,
potrebbe diventare realtà, solo allora i tarantini potrebbero iniziare a
prendere il voto politico un po’ più sul serio, non commentandolo più al bar
tra una scommessa sportiva ed un’altra, andando un tantino più in là de “il tuo
partito ha perso quindi ti devi vergognare e tornare a casa” ed ammettendo che
il sistema mafioso politico è ben radicato anche a Taranto sino a divenire una
cosa “normale” che percepiamo come lecita e difendibile, un sistema da
proteggere alla prima critica, specie se la critica viene fatta dai forestieri
o da chi, anche se tarantino, ha voluto lasciare la città, come si permettono?
Che stessero alle loro case!!!
L’Unità, 13 maggio 2012
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