“Nel
valutare la situazione odierna, la NATO e l’Unione Europea si sono rese conto
che le forze KFOR sul campo potrebbero non essere sufficienti per rispondere in
modo appropriato a eventuali incidenti e scontri in Kosovo, legati alle
elezioni in Serbia”, ha ammesso il portavoce del Comando centrale militare tedesco,
Hauke Bunks. Il
dispositivo KFOR prevede dal 1° marzo 2011 due Multinational Battle Groups, di
cui uno a conduzione italiana. Attualmente,
la missione vede schierati 31 paesi con 5.500 uomini. La Germania è il paese
impegnato con il maggior numero di militari, 1.300, più altri 550 che
giungeranno nei Balcani tra meno di una settimana.
Nel
caso di un inasprimento del conflitto tra le comunità albanesi e serbe,
l’Alleanza Atlantica potrebbe chiamare all’Italia un maggiore impegno in Kosovo
per i prossimi 5-6 mesi. Le forze
armate italiane sono di base a Pec-Peja, nella parte occidentale della
repubblica. Personale dell’Aeronautica militare della cosiddetta Task Force “Air” opera invece nell’aeroporto AMIKo di
Djakovica in supporto e assistenza ai velivoli dei partner NATO. Nello scalo di
Djakovica è presente anche il Gruppo elicotteri dell’Aviazione
dell’Esercito denominato Task Force “Ercole”.
Gli
altri centri operativi delle forze KFOR sorgono a Lipljan, Novo Selo, Prizren e
Urosevac. Sotto il comando e la direzione dell’US Army Corps of Engineers,
sono stati completati di recente i lavori di costruzione della più grande e
moderna installazione militare NATO in tutta l’area balcanica: si tratta di
“Camp Bondsteel”, nella regione meridionale del Kosovo, quasi alla frontiera con la Macedonia. La
struttura si estende in un’area di 955
acri (poco meno 4.900.000 metri quadri) ed è in grado di ospitare sino a 5.000
uomini tra militari, civili e contractors. Nuova sede del comando generale di
KFOR, “Camp Bondsteel” è una vera e propria cittadella autosufficiente: ospita
numerosi magazzini e depositi di armi e munizioni, caserme e aree residenziali
per i familiari dei militari, scuole, centri sportivi e commerciali e un grande
ed attrezzato ospedale militare.
La
nuova base kosovara avrà il compito di proiettare le forze terrestri e aeree
USA e NATO in un’area compresa tra l’Adriatico e il Caucaso. Come evidenziato
da alcuni analisti, la sua localizzazione consente di porre sotto controllo due
corridoi terrestri ed energetici di importanza strategica per l’Occidente:
quello progettato dalle imprese tedesche (e lautamente finanziato dall’Agenzia
europea per la ricostruzione) che congiunge, via Belgrado, il porto rumeno di
Costanza ad Amburgo, e quello “statunitense” (con fondi USAID) sulla rotta
Bulgaria-Macedonia-Albania.
Le
azioni di guerra alleate in Kosovo si svilupparono nel corso della primavera
1999. Secondo il Comando supremo dell’Alleanza, in 78 giorni furono lanciate
più di 38.000 sortite aeree; 900
i velivoli NATO impegnati, 600 dei quali di pertinenza delle forze armate USA.
Buona parte degli strikes partirono da basi aeree italiane
(Aviano, Gioia del Colle e Sigonella in primis) e da unità navali dislocate
nell’Adriatico. A dirigere le operazioni, il Combined
Allied Operations Center installato
ad hoc all’interno dell’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza, oggi al centro dei
lavori di trasformazione nella base-comando della 173^ brigata aviotrasportata
dell’esercito USA e delle forze terrestri di USAFRICOM destinate al continente
africano.
Alla
guerra parteciparono per la prima volta i cacciabombardieri stealth B-2, fatti decollare dalla base aerea
di Whiteman (Missouri) e riforniti in volo da aerei cisterna USA e NATO
provenienti da basi italiane. Battesimo di fuoco anche per i giganteschi aerei
cargo C-17 Globemasters , che trasportarono in Albania e
Macedonia gli oltre 5.000 militari e gli elicotteri d’assalto poi utilizzati
per l’invasione e l’occupazione del Kosovo. Ad oggi è ancora ignoto il numero
dei civili che furono uccisi durante le operazioni aeree alleate in Serbia e
Kosovo. Secondo l’organizzazione non governativa statunitense Human Rights Watch le vittime dei caccia NATO sarebbero
state tra 489 e 528. Anonimi “effetti collaterali” di un conflitto-pantano
insensato, la cui risoluzione manu
militari appare sempre più
lontana.
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