Il manager siciliano che già il giudice Giovanni Falcone voleva arrestare deve scontare una condanna a nove anni per associazione mafiosa. E' stato fermato ieri sera all'aeroporto di Bangkok. I magistrati di Palermo lo ritengono il riciclatore dei soldi di Cosa nostra. La Thailandia sarebbe orientata al via libera all'espulsione: lunedì la decisione del giudice. Il boss tradito da un confidente, che ha svelato all'Interpol il suo ultimo viaggio. Gli investigatori hanno poi seguito il manager di Cosa nostra anche attraverso i suoi profili Facebook
di SALVO PALAZZOLO
Ormai da un mese la Procura di Palermo e l'Interpol erano sulle tracce di Vito Roberto Palazzolo, il finanziere di origini siciliane su cui pende una condanna a nove anni per associazione mafiosa: dal Sudafrica, che ha sempre rifiutato l'estradizione del manager-boss, Palazzolo si era spostato ad Hong Kong. Gli investigatori dell'Interpol l'avevano appreso grazie a una notizia confidenziale, poi confermata da indagini sul campo. Così, era subito partita dall'Italia una richiesta di arresto temporaneo. Ma l'uomo d'affari si era trasferito all'improvviso in Thailandia.
Ieri sera, la polizia ha fermato Palazzolo all'aeroporto di Bangkok, con la scusa di un documento ritenuto falso. Adesso, il manager originario di Terrasini (Palermo) si trova rinchiuso in una cella dell'ufficio immigrazione dello scalo tailandese. Il mafioso è stato espulso dalla Thailandia, dice il suo legale Baldassare Lauria. "Noi però - aggiunge Lauria - ci siamo opposti al decreto di espulsione e quindi la decisione ora passa al giudice che penso si esprimerà lunedì".
Dice una fonte dell'Interpol a Repubblica.it : "In questo momento, fervono le trattative fra le autorità italiane e quelle tailandesi, per l'espulsione del latitante verso l'Italia". Sono trattative complesse, Palazzolo non è ancora dunque in stato di arresto, ma di "trattenimento temporaneo". La decisione definitiva, da parte dell'ufficio immigrazione, arriverà lunedì mattina.
Intanto, il finanziere siciliano ha mobilitato un pool di legali. "Nel 2010, l'alta corte sudafricana si era pronunciata per l'ineseguibilità della sentenza di condanna emessa dall'Italia", spiega l'avvocato Baldassare Lauria. I giudici di Joannesburg avevano ribadito che in Sudafrica non esiste il reato di associazione mafiosa. "E Palazzolo è cittadino sudafricano", dice l'avvocato Lauria.
Ieri mattina, all'aeroporto di Bangkok è arrivato addirittura l'ambasciatore del Sudafrica in Thailandia per consegnare alla polizia la sentenza dell'alta corte di Joannesburg. "Si è così aperto un contenzioso - prosegue il legale italiano di Vito Roberto Palazzolo - su cui dovrà pronunciarsi un giudice thailandese. Noi siamo fiduciosi".
E' davvero un curioso caso internazionale quello che si sta consumando in queste ore all'aeroporto di Bangkok. A Palazzolo non sono mai mancati agganci e buone amicizie nei salotti che contano del Sudafrica. Ma, adesso, davanti alla cella in cui è attualmente custodito il manager di Cosa nostra restano anche i poliziotti del Servizio centrale operativo della polizia italiana e i colleghi dell'Interpol. Intanto, la nostra diplomazia sta facendo tutti i passi necessari per cercare di portare a termine, trent'anni dopo, l'indagine che Giovanni Falcone non riuscì mai a concludere.
L'ultimo viaggio
Secondo la ricostruzione dei carabinieri del nucleo investigativo di Palermo, Palazzolo sarebbe partito a fine gennaio dal Sudafrica, assieme alla moglie. Gli spostamenti dell'uomo d'affari siciliano sono stati seguiti costantemente, attraverso l'Interpol, dal sostituto procuratore di Palermo Gaetano Paci, che assieme al collega Domenico Gozzo (oggi procuratore aggiunto a Caltanissetta) ha indagato su Palazzolo fin dalla metà degli anni Novanta. Già lunedì la magistratura thailandese potrebbe pronunciarsi sul caso Palazzolo: l'esito della decisione non è affatto scontato. L'uomo d'affari punta ad essere espulso dalla Thailandia verso il Sudafrica.
La Repubblica, 31.03.2012
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