Totò Riina il giorno dell'arresto |
Ad ammanettarlo, sulla Circonvallazione di Palermo, furono gli uomini del capitano 'Ultimo', oggi colonnello Sergio De Caprio. Riina, che non ha mai deciso di collaborare con la giustizia, secondo il cardiochirurgo che lo ha visitato in carcere, ad Opera, ''potrebbe rischiare la vita''. Perche' le sue condizioni, spiega, ''sono incompatibili con il carcere''. Una diagnosi che pero' non coincideva con quella sottoscritta poco tempo prima dal medico del carcere di Opera dove il vecchio boss e' detenuto da anni. In quella si leggeva che invece Riina puo' continuare a vivere dietro le sbarre, senza escludere che, in caso di necessita', possa essere sottoposto ad esami clinici in una struttura esterna.
Il vecchio capo di Cosa nostra continua nel suo silenzio. Come quando era giovane. Aveva appena 19 anni quando fu condannato a sei anni per l'uccisione di un coetaneo durante una rissa. Dopo la morte del rivale Riina sarebbe tornato a Corleone per assumere un ruolo di rilievo ai servizi del boss Luciano Liggio. Toto' Riina venne arrestato nuovamente nel 1963 e sconto' alcuni anni di prigione poi venne assolto nei due processi a suo carico. Con il passare degli anni la sua ascesa e' continuata fino a fare uccidere il boss Stefano Bontate, riuescondo cosi'a conquistare il potere su tutta Cosa Nostra. Quando venne arrestato, il 15 gennaio del 1993, dopo vent'anni di latitanza, Riina aveva gia' due condanne con l'ergastolo sulle spalle. Venne rinchiuso nel carcere speciale dell'Asinara, in Sardegna, dove rimase fino al mese di luglio del 1997. Il 12 marzo del 2001 viene revocato l'isolamento, consentendogli cosi' la possibilita' di vedere altre persone nell'ora di liberta'. Tra il 24 luglio del 2009 e l'1 luglio del 2010 il Capo dei Capi e' stato interrogato per due volte dai magistrati di Caltanissetta in cui ha detto e non detto. Ha parlato, anche se solo indirettamente, della cosiddetta 'trattativa' tra Stato e mafia e del 'papello'.
E' stato proprio lui, Riina, a chiedere di essere sentito la prima volta, nel luglio 2009 «per fare dichiarazioni spontanee». «Io se faccio parte di Cosa Nostra o se sono il capo dei capi o il sotto capo dei sotto capi, non sono tenuto a dirlo ne' a lei ne' a nessuno. Tengo a precisare pure di non mi fare questa domanda, perche' io sono per i fatti miei e voialtri siete per i fatti vostri. Lei fa il procuratore di Caltanissetta e io sono Salvatore Riina da Corleone», ha detto ai magistrati nisseni. Sulla strage di via D'Amelio, in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, ha detto: «Visto considerato che questo Spatuzza e altri pentiti parlano.. allora ci dissi all'avvocato: si vuole interessare di tutti questi miei casi nuovi e vedere come stanno i fatti e che c'e' di vero di questi papelli, di queste mie cose scritte, di queste mie con lo Stato? Ma volete cercare? Ma volete trovare? Volete vedere? Se dice la verita' questa signora (Rita Borsellino, ndr) che l'agenda era li', cioe' che l'agenda ce l'hanno preso, che aveva tutte cose scritte, tutti gli appunti di dove andava, quello che faceva, scritti in quell'agenda rossa…rossa…''. Sulla presunta trattativa, su cui sta indagando la Procura antimafia di Palermo, Riina disse: ''E allora questo e' il momento per dirci: ma volete vedere questi incartamenti, dove io ho fatto ste trattative ccu stu' Statu? Chi e' questo Stato che io fatto queste trattative? Ecco perche' sono venuto alla scoperta e sono stato io al mio avvocato a dire: faccia una richiesta di essere sentiti. Quindi che cosa ho fatto di male, signor procuratore? Sti servizi segreti che cosa facevano? Che cosa hanno fatto? Io non conoscevo Borsellino, non ho mai avuto una contravvenzione fatta da Borsellino».
Siciliainformazioni.com
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