L'ospedale di Corleone |
di GIUSI SPICA
Entro giugno i manager delle aziende dovranno proporre le deroghe. Tagli operativi dal prossimo ottobre: ne resteranno apertiPALERMO - In Sicilia gli ospedali dove si potrà partorire passeranno da settanta a quarantadue entro ottobre, ma i direttori generali delle aziende avranno tempo fino al 30 giugno per proporre eventuali deroghe alla chiusura dei reparti con meno di 500 nascite all'anno destinati alla chiusura che gravitano in zone montane o disagiate. La Regione ha pubblicato venerdì in gazzetta ufficiale il decreto sui punti nascita, stoppato a settembre sull'onda della protesta dei sindaci dei comuni madoniti e delle isole minori e del braccio di ferro tra commissione sanità all'Ars e assessorato alla Salute. La nuova versione cancella le cinque eccezioni inizialmente previste (Bronte, Mussomeli, Nicosia, Santo Stefano di Quisquina e Corleone)
I punti nascita previsti dal decreto (clicca per ingrandire) |
e introduce "multe" per le strutture che sforano il limite del 20 per cento di parti cesarei. Il provvedimento riorganizza la rete del parto in 15 punti nascita di secondo livello (strutture con una media di 1500 parti all'anno dotate di terapia intensiva neonatale, rianimazione e pediatria), e 27 reparti di primo livello (con uno standard compreso tra i 500 e 1000 parti all'anno e ospitati in strutture più piccole), con meno servizi per mamme e bambini ma dotate del trasporto materno e neonatale per trasferire il paziente in un ospedale di secondo livello. Il piano taglia 27 reparti di Ginecologia e Ostetricia e mantiene quelli indicati nella tabella. Si apre così uno spiraglio per quei punti nascita che si trovano in zone disagiate, perché difficilmente raggiungibili o isolate. I manager delle aziende hanno a disposizione sei mesi per presentare un piano di riconversione, monitorare l'attività dei reparti, proporre eventuali deroghe alla chiusura e potenziare i servizi per mamme e bambini. E questa è solo la prima bozza della nuova mappa del parto nell'Isola. L'obiettivo è adeguarsi entro tre anni alle direttive ministeriali, che prevedono di mantenere in vita solo le strutture dove nascono più di mille bambini. In quest'ottica nel decreto appena pubblicato si impone ai direttori generali di monitorare ogni sei mesi l'attività. Per gli ospedali e le cliniche che superano il 20 per cento dei cesarei sui parti effettuati, si prevede una decurtazione tariffaria. Il decreto firmato dall'assessore Massimo Russo ha avuto il via libera della commissione dell'Ars, dopo un primo stop a settembre. Il presidente Giuseppe Laccoto aveva imposto di modificarlo, anche sull'onda delle proteste di cittadini e sindaci, dalle isole minori alle Madonie. Per l'Aiogoi, l'associazione dei ginecologi che ha contribuito a elaborare il documento, è un passo avanti per la sicurezza di mamme e bambini: "Ognuno di noi vorrebbe l'ospedale sotto casa - dice Luigi Alio, primario del reparto di Ginecologia del Civico e membro della commissione scientifica - ma bisogna guardare prima di tutto alla qualità dei servizi. Il decreto è molto elastico e, in questi mesi di sperimentazione, avremo la possibilità di capire dove si orienteranno i flussi e proporre eventuali correttivi. Ora è importante far sì che tutti i cittadini costretti a spostarsi dal proprio comune per partorire siano supportati economicamente. Una delle prime cose da fare sarà offrire a mamme e parenti strutture ricettive e hospice negli ospedali".
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