Nicola Mancino |
L'ex ministro dell'Interno è stato riconvocato dai magistrati di Palermo: al centro degli interrogatori la decisione di revocare il carcere duro a circa 350 mafiosi detenuti alla fine della stagione delle stragi
PALERMO - L'ex ministro di Grazia e Giustizia Conso ha sempre sostenuto di aver preso "in assoluta solitudine" la pesantissima decisione di revocare il regime di carcere duro del 41 bis a circa 350 mafiosi detenuti alla fine della lunga stagione delle stragi del '92 e del '93. Una versione che non ha mai convinto i magistrati di Palermo che oggi hanno interrogato l'ex capo dell'Amministrazione penitenziaria Adalberto Capriotti alla luce di un documento a sua firma, saltato fuori solo nelle scorse settimane. E' una lettera inviata al ministro di Grazia e giustizia in cui Capriotti suggerisce la revoca del 41 bis per "dare un segnale di distensione all'interno delle carceri".
Per i pm un documento a sostegno della tesi secondo la quale ai vertici delle istituzioni, tra il 92 e il 93, ci fu chi trattò con Cosa nostra. Nel pomeriggio, ancora a Palazzo di giustizia di Palermo, è stato sentito per la seconda volta l'ex ministro dell'Interno Mancino, una delle figure nodali di questa presunta trattativa che tutti gli esponenti allora al governo hanno fin qui negato. Nella lista dei nuovi interrogatori anche l'ex Guardasigilli Conso che, per motivi di salute, ha chiesto di essere sentito a Roma. Mancino è giunto alle 15 negli uffici della Procura e non ha fatto dichiarazioni entrando nelle stanze dei magistrati. All'interrogatorio partecipa personalmente anche il capo della Procura, Francesco Messineo, che è giunto poco dopo l'ex ministro. Sulla nuova tornata di interrogatori interviene l'Associazione familiari vittime dei Georgofili. "Contiamo molto su questa nuova tornata di interrogatori - dice Giovanna Maggiani Chelli - sperando che dicano una buona volta tutto ciò che sanno. A Firenze al processo Tagliavia non hanno detto ciò che dovevano se oggi si conoscono questi nuovi documenti dei quali per forza dovevano essere a conoscenza".
La Repubblica, 6 dicembre 2011
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