Il 17 dicembre c’è stato un grande evento a Corleone, paese recentemente insignito con decreto del Presidente della Repubblica del titolo di Città. Presso l’Istituto di Istruzione Superiore Statale “Giovanni Colletto” si è svolta una giornata di studi su “1860, la spedizione dei Mille. Corleone, una città simbolo di libertà e di riscatto”. L’iniziativa, diretta soprattutto ai ragazzi della scuola, è stata promossa dall’Istituto Italiano Fernando Santi con la collaborazione dell’associazione culturale corleonese “Cepros” e il patrocinio della Regione Siciliana e del Comune di Corleone. Sono intervenuti: il presidente dell’Istituto “Fernando Santi” Luciano Luciani, il presidente dell’Istituto per la storia del Risorgimento (Comitato di Palermo) Claudio Paterna, lo storico dell’irredentismo antiborbonico e garibaldino Pippo Oddo, lo storico del movimento contadino e dei Fasci dei lavoratori Dino Paternostro, lo studioso della gioventù di Garibaldi Giovanni Perrino, il Vice-Sindaco di Corleone Pio Siragusa. Moderatore Giuseppe Cipriani, coordinatore dell’istituto Fernando Santi.
Le presenze più significative sono state quelle di Anita Garibaldi, pronipote dell’Eroe dei due mondi e di alcuni eredi dei fratelli Bentivegna (Filippo, Francesco, Giuseppe e Stefano), esponenti dell’aristocrazia locale che fiancgheggiarono il movimento risorgimentale e garibaldino pagando un tributo di sangue (Francesco fu fucilato dai Borboni a Mezzojuso nel 1856).
Nel corso della giornata sono state approfondite tutte le fasi dell’impresa dei Mille sicuramente non con intenti agiografici, ma con spirito critico anche sugli aspetti involutivi, come per esempio l’arresto imposto dai Savoia per motivi politici in Aspromonte alla trionfale avanzata dei garibaldini verso Roma. E’ venuto fuori che la famosa frase di Garibaldi “Roma o morte” fu pronunziata dal Generale per la prima volta proprio dal balcone del palazzo Bentivegna nel 1862 a Corleone, dove ritornò per ringraziare la cittadinanza del contributo dato due anni prima.
La convergenza dello spirito libertario del popolo con gli ideali antiborbonici della parte più illuminata dell’aristocrazia siciliana (a Corleone i Bentivegna), costituisce indubbiamente uno snodo fondamentale della vicenda risorgimentale. Come è stato affermato un po’ da tutti i relatori, la coraggiosa presa di posizione della famiglia Bentivegna fa da battistrada al movimento di fine secolo dei Fasci dei lavoratori, che vide ancora una volta nell’animosa civitas di Corleone l’epicentro dell’insurrezione. Un collegamento ideale si può quindi stabilire tra l’eroe risorgimentale Francesco Bentivegna e il capopolo corleonese dei Fasci Siciliani Bernardino Verro, tanto che la prima cooperativa agricola contadina verrà intestata proprio a Francesco Bentivegna.
Anita Garibaldi nel suo veemente intervento ha polarizzato l’attenzione dell’uditorio, in particolare dei tantissimi studenti, dai quali è stata lungamente applaudita. Ha parlato ampiamente della sua vita, della sua famiglia, dove, ha detto, “si è sempre respirato un clima di libertà e di patriottismo”, scherzando sul fatto che la sua culla “era avvolta dal tricolore”. L’appello rivolto ai ragazzi è stato quello di essere orgogliosi delle proprie radici e di fare di tutto per rimanere nella terra di nascita. “La vostra terra – ha ribadito – ha dato lustro alla soria d’Italia nell’affrontare con coraggio e determinazione il cambiamento manifestando una grande voglia di riscatto da tutti i condizionamenti sociali”. Attingendo alla memoria storica, oltre che alla tradizione orale e alle preziose carte di famiglia, Anita ha anche tracciato un ritratto non agiografico del bisnonno, definendolo un anarchico di grande intuito politico oltre che un grande stratega militare. “Quando si ritirò a Caprera” – ha continuato Anita - costituì una vera Comune – fatta di figli, nipoti, amici, amanti, cortigiani, e mantenne sino alla fine quell’inquietudine intellettuale che gli farà dire a un giornalista dell’epoca che quella realizzata non era l’unità d’Italia che aveva sognato”. Un episodio curioso citato da Anita riguarda suo nonno, figlio di Garibaldi. Quando all’età di 12 anni fu portato a Caprera, rimase talmente affascinato da quel mondo così colorato e variopinto che voleva rimanervi. Ma non poteva, perchè non aveva compiuto... 18 anni.
Pippo La Barba
Nessun commento:
Posta un commento