Questo che vi propongo è un file esplosivo che rivela il vero volto della Lega. Troverete tutto quello che non avreste mai osato neanche immaginare sui duri e puri del Carroccio, quelli che predicano bene nelle valli tra ampolle e riti celtici, ma razzolano male, molto male a Roma e lì dove sono riusciti ad affermarsi. E’ tempo di sfatare il mito di una Lega intransigente, legalitaria, dura e pura, che non fa affari con nessuno, che grida Roma ladrona ma che, in realtà, ha le mani in pasta in tutto. Basta con le frottole e le balle che ci propina ogni giorno. La verità è che il verde brillante ha lasciato il posto ad un più intenso verde marcio. Cominciamo dalle basi, dall’abc della presunta difesa della legalità dei leghisti, che hanno offerto il loro soccorso verde per salvare dai processi Cosentino e alcuni boss della camorra, De Lorenzo, Di Donato e Crippa, vecchi arnesi della prima Repubblica, così la Lega li chiamava, che, secondo la magistratura, avrebbero causato danni all’erario. Sono trascorsi solo dieci anni da quando Bossi chiamava Berlusconi, il mafioso. Nel frattempo, la Lega ha firmato e sottoscritto tutte le 37 leggi ad personam del regime di Silvio. Sono anni che la Lega urla e strepita contro Roma ladrona, contro gli sprechi della pubblica amministrazione ma tutte le volte che Italia dei Valori ha chiesto di abolire le province ha votato contro. Ecco un rapido excursus su tutti i posti di potere, enti, società a partecipazione pubblica, banche, autostrade, ospedali sui quali la lega ha messo le mani in questi anni: consip, Cinecittà, age, Finmeccanica, Eni, Fiera Milano, Eni, Sviluppo sistema Fiere, Expo 2015, Enel, Poste italiane, Rai, Banca popolare di Milano, Impregilo. E c’è molto di più, leggere per credere. Volete sapere qual è il partito che detiene il maggior numero di parlamentari con il doppio o triplo incarico? Su 85 camicie verdi, 44 hanno una poltrona in Parlamento, una al governo e una in un’amministrazione locale. Nel dossier troverete nomi e cognomi ed anche quelli di parenti, figli ed amici piazzati su comode e molto remunerate poltrone. Un bell’esempio di nepotismo in salsa verde. Un capitolo a parte del dossier è dedicato a tutte le promesse fatte, agli slogan annunciati, reiterati e mai realizzati, a cominciare dalla presunta difesa delle coste italiane dall’immigrazione clandestina. Vi forniamo numeri, date e cifre di tutte le sanatorie targate Carroccio. Questa è la politica della Lega in fatto di immigrazione. Militari libici sparano contro un peschereccio italiano ed il ministro Maroni non fa una piega, salvo qualche giorno dopo, sorseggiare un drink all’ambasciata libica a Roma, alla festa per il 41esimo anniversario della dittatura di Gheddafi. C’è molto di più nel nostro dossier. L’elenco di tutti i processi a carico dei leghisti, un bel capitolo che abbiamo chiamato “lega ladrona” e la storia dettagliata di come la Lega Nord ha messo le mani sulle banche. Leggere per credere.
Massimo Donadi
capogruppo IdV alla Camera dei Deputati
LE CONTRADDIZIONI DELLA LEGA NORD
SOMMARIO
a- La presunta diversità della Lega
b- Salvati dalla Lega gli amici dei mafiosi ed i corrotti
c- La Lega vota tutte le leggi ad personam
d- La questione delle Province e dei Prefetti
e- Partito di lotta e di sottogoverno
f- «Lega poltrona» - Gli incarichi multipli dei leghisti
g- Il nepotismo verde
h- La pseudo lotta agli sprechi
i- La Lega violenta
LE COSE NON FATTE E GLI SLOGAN MAI REALIZZATI.
a- Il Federalismo che non c’è
Box: I ritardi e le inadempienze del Governo nell’attuazione della legge sul federalismo fiscale.
b- Federalisti a parole, centralisti di fatto
c- Più voti alla Lega, meno soldi ai Comuni
d- Servizi pubblici locali
e- Meno tasse
f- Dove il nucleare? Lo decide Roma
g- Il Ponte sullo Stretto s’ha da fare
h- Il Porcellum
i- Basta cemento
j- La Lega lattona – La truffa delle quote latte
k- Il disastro Malpensa
l- Immigrati: fermare l’invasione!
m- La Lega “contro” Gheddafi
C’E’ DEL MARCIO IN PADANIA
a- La sicurezza, la lotta alle mafie e le cricche da difendere
b- Lega ladrona
c- Banche padane
ALTRE CONTRADDIZIONI
a- Le relazioni con la Chiesa cattolica
PARTE I: LA LEGA E LE POLTRONE
a- La presunta diversità della Lega
Questa viene sostenuta e alimentata dai quadri, dai militanti e dai simpatizzanti, con dichiarazioni, provocazioni, posizioni e linguaggio movimentista, immediato,populista.
Ma essa è il partito che può vantare il periodo più lungo trascorso al governo del Paese datangentopoli in avanti . Alleati del primo governo Berlusconi, i leghisti hanno contribuito a fare cadere quel gabinetto, durato soltanto 8 mesi. Rappacificatisi con il Cavaliere, sono stati leali alleati di Forza Italia e del suo leader per l’intera XIV legislatura sostenendo i governi Berlusconi II e III dal 2001 al 2006. Nel 2008 sono tornati al governo nell’alleanza di centrodestra con il PDL. La Lega Nord ha quindi cumulato quasi 8 anni a presidio del governo centrale: più di qualsiasi altro partito.
Gli ultimi avvenimenti sembrano indicare il grado di mutazione morfologica ormai raggiunto dalla Lega che, nel volgere di pochi anni, da forza antisistema si è trasformata in un movimento di lotta e di governo e ora si accinge a diventare il partito del palazzo2… Ma alla lunga rischia di mettere a nudo la contraddizione di fondo della Lega, che la rende tanto simile al Psi di craxiana memoria: sano come un pesce nei sondaggi elettorali, con un robusto potere di interdizione come forza di governo, ma evanescente nella qualità politica dei risultati raggiunti.
b- Salvati dalla Lega gli amici dei mafiosi ed i corrotti
Solo alcuni esempi tra i più recenti:
Le intercettazioni delle telefonate tra il Sottosegretario Nicola Cosentino ed alcuni boss della Camorra non potranno essere utilizzate dalla magistratura alla quale si toglie così un importante strumento di indagine e di prova. Lo ha deciso la camera il 22 settembre scorso. Il gruppo della Lega Nord è stato determinante nella votazione finale.
Lo stesso giorno si è deciso di non dare l’autorizzazione a procedere alla Corte dei Conti nei confronti di vecchi “arnesi” della Prima Repubblica che, nell’esercizio delle loro funzioni, avrebbero causato danni all’erario, cioè allo Stato: De Lorenzo, Di Donato, Crippa. Erano quei ministri della Prima Repubblica, personaggi finiti nell’inchiesta di Mani Pulite, anche condannati, poi prescritti e quant’altro. Ebbene, la Corte dei Conti ha promosso un giudizio erariale nei confronti di questi ex deputati. Ma il Parlamento ha deliberato che la Corte dei Conti non può giudicarli. Anche in questo caso i voti determinanti sono stati quelli della Lega.
Che un simile provvedimento sia stato avallato dal partito che esprime il ministro degli Interni e che ha la sua ragion d’essere nella protezione dei ceti produttivi settentrionali contro un Sud che si vorrebbe tutto parassitario e corrotto appare particolarmente grave.
Sempre il 22 settembre La Lega ha votato a favore della insindacabilità di un deputato, Berlusconi, che da Presidente del Consiglio ha invitato a non dare pubblicità - e quindi in ipotesi a mettere a rischio la solidità di un gruppo quotato in borsa - ad un gruppo editoriale che esercita un ruolo critico verso il suo operato. Si è voluto quindi sottrarre al giudizio civile di responsabilità per danni un deputato nel cui operato è mancato ogni nesso funzionale tra l’ attività di parlamentare e la sua minaccia nei confronti di gruppi economici concorrenti, anzi il conflitto di interessi ha spezzato ogni vincolo funzionale tra comportamento e funzioni tipiche.
Siamo in presenza di un Presidente che dice agli imprenditori: non investite sui mezzi dei miei avversari; però, è anche proprietario dei mezzi che traggono un beneficio dallo spostamento di risorse.
Ma la cosa più importante è che in Aula la Lega ha votato a favore della messa in discussione delle funzioni delle Autorità di garanzia, l’Antitrust in particolare. E non si è voluto valutare con attenzione il tema ancora più delicato della RAI: si doveva votare avendo in considerazione la libertà dei mercati, la tutela dei competitori, l’impossibilità di aggredire un competitore sul piano industriale.
c- La Lega vota tutte le leggi ad personam
Si contano 37 leggi “ad personam” volute e fatte licenziare dalle Camere da Berlusconi, negli ultimi 15 anni. Sono passati solo una decina d’anni da quando Bossi chiamava Berlusconi “il Mafioso”.
Citiamo solo due esempi tra i tanti:
Grazie a ex Cirielli, indulto e lodo Alfano il premier ha evitato la condanna a 4 anni e 6 mesi. La traduzione in italiano della sentenza della Cassazione che ha confermato: Mills è stato corrotto dal premier.
Senza tre leggi ad personam, fatte apposta per lui e per Cesare Previti, ieri Silvio Berlusconi sarebbe stato prelevato dalle forze dell’ordine e accompagnato a San Vittore per scontare la pena dopo la condanna definitiva per corruzione giudiziaria di David Mills. Stessa sorte sarebbe toccata, con le opportune procedure di estradizione, per il legale (si fa per dire) inglese. E’ questa – checché ne dicano i tg e i giornali di regime – la traduzione in italiano della sentenza della Cassazione che l’altroieri ha confermato irrevocabilmente la colpevolezza di Mills per essere stato corrotto da Berlusconi con 600 mila dollari in cambio di due false testimonianze nei processi All Iberian e Guardia di finanza, e dichiarando il reato prescritto da un paio di mesi. Basta riavvolgere il nastro del processo per immaginarne l’esito finale e definitivo, al netto della legge ex Cirielli (2005), dell’indulto extra-large (2006) e del “lodo” Alfano (2008) [...].
La legge sul legittimo impedimento – peraltro attualmente all’esame della Corte costituzionale – completa il quadro.
Un altro esempio concerne una legge “ad aziendam” a favore della Mondadori. Il colosso editoriale di Segrate - di cui il premier Berlusconi è “mero proprietario” e la figlia Marina è presidente - doveva al Fisco la bellezza di 400 miliardi di vecchie lire, per una controversia iniziata nel ‘91. Grazie al decreto numero 40 del 2010, approvato dal governo il 25 marzo e convertito in legge il 22 maggio, potrà chiudere la maxi-vertenza pagando un mini-tributo: non i 350 milioni di euro previsti (tra mancati versamenti d’imposta, sanzioni e interessi) ma solo 8,6.
d- La questione delle Province e dei Prefetti
La capacità di insediamento in queste amministrazioni nelle regioni del Nord offre un’opportunità di sbocco al crescente numero di militanti, che si attivano per convinzioni profonde ma anche perché la Lega è un’opzione vincente nello scenario politico attuale e quindi attrae simpatizzanti anche perché promette percorsi professionali nella partecipazione politica.
Per questo motivo, probabilmente, la Lega contesta gli sprechi e le inefficienze nella pubblica amministrazione ma è contraria all’abolizione delle Province, di questo livello amministrativo intermedio con compiti residuali, schiacciato com’è tra Comuni e Regioni.
L’abolizione delle prefetture è chiesta dalla Lega praticamente dalla sua nascita.
“L’abolizione della figura del prefetto è una vecchia battaglia leghista, che abbiamo rispolverato…
Sopprimiamo le Prefetture ovunque, in tutte le città italiane e non solo in quelle al di sotto dei 200 mila abitanti, a patto che però si mantengano le questure e i comandi provinciali dei vigili del fuoco.
È una questione di equità e di giustizia nei confronti del territorio e dei cittadini».
Il Presidente Cota: “Diamo alle Province i compiti dei prefetti”
e- Partito di lotta e di sottogoverno
Accanto agli incarichi istituzionali frutto del consenso elettorale e del peso parlamentare, la Lega occupa ormai da anni un sottobosco di potere a livello di enti e società di emanazione pubblica o a partecipazione pubblica: banche, autostrade, ospedali, Rai, Expo 2015, Finmeccanica, Cinecittà.
Un censimento su questo piano è più difficile. Ci limitiamo a riferire i risultati di un reportage di Marco Damilano pubblicato da l’Espresso del 17 febbraio 2010, elencando le società in cui esponenti leghisti o persone designate dalla Lega hanno un ruolo.
Consip, la spa del ministero dell’Economia per l’acquisto di beni e servizi destinati alle amministrazioni dello Stato: Danilo Broggi, amministratore delegato.
Cinecittà: Roberto Codonati (consulente per l’immagine della Lega), membro del cda.
Agea, l’agenzia che vigila sull’erogazione dei fondi comunitari per l’agricoltura: professor Dario Fruscio, presidente (designato su indicazione di Zaia).
Finmeccanica: Dario Galli, membro del cda (e presidente della provincia di Varese)
Fiera Milano: Attilio Fontana, membro del cda (e sindaco di Varese)
Eni: Paolo Marchioni, consigliere di amministrazione (e vice-presidente della provincia di Verbano-Cusio-Ossola, nonché assessore al Bilancio)
Sviluppo Sistema Fiere: Leonardo Ambrogio Carioni, presidente (nonché presidente della Provincia di Como, sindaco di Turate, presidente dell’Unione delle Province lombarde)
Expo 2015: Leonardo Ambrogio Carioni, consigliere di amministrazione;
Pedemontana: Leonardo Ambrogio Carioni, consigliere di amministrazione;
Enel: Gianfranco Tosi, consigliere di amministrazione (ex sindaco di Busto Arsizio);
Poste italiane: Mauro Michielon, consigliere di amministrazione;
Sea (gestione dello scalo di Malpensa): Giuseppe Bonomi, presidente e direttore generale;
Inail: Marco Fabio Sartori, presidente;
Fincantieri: Francesco Belsito, consigliere di amministrazione;
Rai: Giovanna Bianchi Clerici nel cda; Antonio Marano, vice-direttore generale;
Serenissima: Attilio Schneck, presidente (e presidente della provincia di Vicenza)
Buonitalia («la cabina di regia nella promozione dell’agroalimentare italiano nei mercati mondiali»): Walter Brunello, presidente.
Nel mondo bancario un alleato prezioso è Massimo Ponzellini, presidente della Banca Popolare di Milano, oltre che di Impregilo.
Quando è chiamata a rispondere delle proprie scelte, spesso finge di essere forza di «opposizione» all’interno dell’esecutivo Berlusconi (come già capitava con Galan ed è sempre accaduto con Formigoni) e non come forza di governo centrale, insediata e nel pieno delle proprie facoltà. Per decidere. Anche quando decide cose che poi non le piacciono.
f- «Lega poltrona» - Gli incarichi multipli dei leghisti
Il primato che caratterizza la Lega Nord è senza dubbio il fatto che è il partito con più parlamentari che mantengono doppi e tripli incarichi politici. Su 85 camicie verdi 44, oltre la metà, si fanno in due se non addirittura in tre, affiancando alla poltrona in Parlamento, una al governo o in un’amministrazione locale.
In particolare, alla Camera siedono 25 leghisti con doppio incarico e 3 con triplo, mentre al Senato se ne contano 14 con doppio incarico e 2 con triplo. Oltre ai 7 impegnati anche a Palazzo Chigi (il ministro delle Riforme Umberto Bossi, il ministro degli Interni Roberto Maroni, il ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, il vice ministro di Infrastrutture e Trasporti Roberto Castelli, il sottosegretario agli Interni Michelino Davico, il sottosegretario alla Salute Francesca Martini, il sottosegretario all’Economia Daniele Molgora), tra i parlamentari del Carroccio si contano tre presidenti di Provincia (Brescia, Bergamo e Biella), 2 consiglieri provinciali, 15 sindaci, 3 vice sindaci, 2 assessori comunali e 17 consiglieri comunali.
Daniele Molgora (Lega Nord): deputato, sottosegretario all’Economia (fino a maggio 2010) e presidente della provincia di Brescia.
Luciano Dussin (Lega Nord): deputato, sindaco Castelfranco veneto
Adriano Paroli (Lega Nord): deputato, sindaco di Brescia
Pierguido Vanalli (Lega Nord): deputato leghista e anche sindaco di Pontida
Gianluca Buonanno (Lega Nord), deputato, sindaco di Varallo e vice sindaco del comune di Borgosesia, entrambi in provincia di Vercelli;
Giovanni Fava (Lega Nord), deputato, nel consiglio provinciale di Mantova e in quello comunale di Sabbioneta.
Ettore Pirovano (Lega Nord), Deputato e presidente della Provincia di Bergamo
Roberto Simonetti (Lega Nord) Deputato e presidente della Provincia di Biella
Gianvittore Vaccari (Lega Nord), senatore, sindaco di Feltre
Gianpaolo Vallardi (Lega Nord), senatore, sindaco di Chiarano
Massimo Bitonci (Lega Nord), deputato, sindaco di Cittadella (Padova)
Giacomo Chiappori (Lega Nord), deputato, sindaco di Villa Faraldi (Imperia)
Sandro Mazzatorta (Lega Nord), senatore, sindaco di Chiari (Brescia)
Claudio D’Amico (Lega Nord), deputato, sindaco di Cassina de’ Pecchi (Milano)
Giovanna Negro (Lega Nord), deputata, sindaco di Arcole (Verona)
Cesarino Monti (Lega Nord): senatore, assessore Comune di Lazzate (Mi)
g- Il nepotismo verde
che non premia il merito ma la consanguineità, che non guarda agli interessi del Nord, ma agli interessi della casta verde. Il partito che doveva marciare su Roma per distruggere la Casta e i privilegi, si è trasformato nella più classica delle macchine piazza-parenti. Bastava dare un’occhiata a quello che ha combinato lui, l’Umberto, per capire come sarebbe andata a finire. Suo fratello Franco Bossi lo piazzò a Bruxelles a fare da assistente all’eurodeputato leghista Matteo Salvini.
Ci provò anche con il primogenito Riccardo Bossi, ma tornò a casa appena il fattaccio finì sui giornali: “È assurdo che mi venga vietata ogni esperienza solo perché ho un cognome importante”, si rammaricò.
Renzo Bossi, detto Il Trota a seguito di un celebre battuta del papà (La Provincia di Varese, 7 febbraio 2010). Dopo esser stato per settimane candidato a possibile membro di un osservatorio per l’Expo 2015 da circa 12.000 euro al mese, Renzo finalmente un posto l’ha trovato: nel Consiglio regionale della Lombardia. Eletto a Brescia. Con tanti, tantissmi «Bossi» sulla scheda.
Una mappa della Parentopoli leghista:
a) Cominciamo dal Piemonte, dove Lo Spiffero, il Dagospia di Torino, ha raccontato la “Famigliopoli subalpina”: una clamorosa infornata di mogli, cugini e cognati che Roberto Cota ha portato a segno da quando è diventato presidente. Nella sua segreteria c’è Michela Carossa, figlia di Mario, capogruppo della Lega in Regione. Capo di gabinetto del governatore è Giuseppe Cortese, che ha trovato lavoro pure alla moglie, Isabella Arnoldi, diventata portavoce dell’assessore leghista Massimo Giordano, fedelissimo di Cota. Per loro, può darsi che la pacchia finisca al massimo tra cinque anni.
b) C’è invece chi, grazie alla Lega, si è costruito un futuro garantito. È il caso delle cinque vincitrici di un concorso per funzionari della Provincia di Brescia, come racconta Il Riformista. Ci hanno provato in 700 a conquistarsi il posto fisso, ci sono riusciti in 8, e per più della metà c’è puzza di raccomandato. Ha vinto Sara Grumi, figlia di Guido, assessore leghista al Comune di Gavardo e candidato alle ultime regionali. C’è Katia Peli, nipote dell’assessore provinciale all’Istruzione, leghista pure lui, Aristide Peli. Lavoro assicurato anche per Silvia Raineri, capogruppo della Lega nel consiglio comunale di Concesio e moglie del vicesindaco di Brescia Fabio Rolfi. Vittoria anche per Cristina Vitali e Anna Ponzoni: tutte e due lavorano già in Provincia, guarda caso entrambe per l’assessorato guidato dal leghista Giorgio Bontempi.
c) A Varese, nel 2002 diventa presidente della Provincia Marco Reguzzoni, marito di Elena, figlia di Francesco Speroni, storico capo di gabinetto del Senatur quando era ministro delle Riforme. Niente paura, Reguzzoni non ha dovuto pagare il peso delle polemiche. Oggi è il capogruppo della Lega nientemeno che alla Camera dei Deputati.
d) Restiamo sempre nel letto matrimoniale ma ci spostiamo più a est, a Verona, dove alla moglie del sindaco Flavio Tosi l’elezione del marito ha messo in tasca 45 mila euro all’anno in più. Stefania Villanova lavorava già in Regione, ma è diventata tutt’a un tratto dirigente e messa a capo della segreteria dell’assessorato regionale alla Sanità.
e) In Friuli, i leghisti le moglie se le sono incrociate. L’ex presidente del consiglio regionale Ballaman assunse Laura Pace, moglie dell’allora sottosegretario agli Interni Maurizio Balocchi. Lui si prese in carico Tiziana Vivian, ex fidanzata dello stesso Ballaman.
f) A Padova, l’ex segretario provinciale della Lega Maurizio Conte – oggi diventato assessore nella giunta Zaia – affidò l’incarico per progettare e dirigere i lavori di un nuovo polo scolastico a suo fratello Tiziano Conte. Con regolare bando di concorso, giura lui. E se non puoi sceglierli in famiglia, c’è comunque un partito che ti assiste. Racconta il Pd Piero Ruzzante al Corriere del Veneto, di altre “designazioni” ai vertici di tre enti regionali:
“Corrado Callegari in Veneto Agricoltura, impiegato di banca mestrino stipendiato con 15mila euro al mese; Antonello Contiero in Intermizoo, autista di autobus di Rovigo, premiato con 5mila euro mensili e inserito nel listino di Zaia; e Fausto Luciani in Avepa, ristoratore allo zoo-safari di Bussolengo e retribuito con ben 154mila euro annui”.
g) A Bergamo, nell’estate del 2009, racconta BergamoNews, l’architetto Silvia Lanzani, è stata incaricata, per 13.754 euro, di curare il progetto preliminare della nuova centrale di sterilizzazione dell’ospedale di Treviglio, diretto dal leghista Cesare Ercole. Silvia Lanzani è della Lega e fa l’assessore alle Infrastrutture in Provincia. Come si dice, una che lavora con la testa, con il cuore, e con il portafoglio.
h- La pseudo lotta agli sprechi
Con il sostegno della Lega Nord:
Aumentato il numero dei membri del Governo
Fissato dal Governo Prodi il tetto massimo dei componenti dell’Esecutivo a 60, questo Governo lo ha innalzato a 65 componenti (nominate, ultimamente, anche due sottosegretarie: una all’attuazione del programma, l’altra ai rapporti con il Parlamento, delle quali non si sentiva proprio il bisogno; costo: un milione di euro l’anno per due poltrone inutili).
Abolita la stretta sui voli di stato
Il Governo Prodi aveva imposto una stretta sul loro utilizzo, con la direttiva del luglio 2008 Berlusconi l’ha abolita (i voli risultano triplicati).
Tolto il tetto agli stipendi dei manager pubblici
Imposto il tetto dal Governo Prodi �� il trattamento economico massimo avrebbe dovuto essere 300.000 euro – saltato con questo Governo.
Eliminato le misure di contenimento delle consulenze alla p.a.
Introdotta dal Governo Prodi la decurtazione per i contratti di entità superiore a 300.000 euro, a decorrere dai loro rinnovi, eliminati decurtazione e tetto massimo da questo Governo.
i- La Lega violenta
Il sindaco di Verona Flavio Tosi ha una condanna definitiva per istigazione all��odio razziale contro i rom.
Il loro veterano, il prosindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, vanta una condanna in primo grado per lo stesso reato.
E il loro ministro dell’Interno Bobo Maroni s’è buscato 4 mesi e 20 giorni di reclusione in Cassazione per aver menato e addirittura addentato agenti della Digos impegnati, nel 1996, in una perquisizione della Procura di Verona nella sede della Lega a Milano.
L’intero stato maggiore del Carroccio è finora scampato, grazie a spericolate votazioni immunitarie del Parlamento, a un’altra inchiesta veronese per le bande paramilitari denominate ‘Guardia Padana’. Senza dimenticare le loro parole di affettuosa solidarietà agli sciagurati ‘Serenissimi’ che sequestrarono un traghetto a Venezia per occupare armi in pugno il campanile di San Marco. Come nemici dell’odio e della violenza, non c’è male.
Contro l’allora procuratore capo di Verona, Guido Papalia, che oltre alla tara della funzione giudiziaria ha pure l’origine meridionale, la Lega dell’Amore scaricò una gragnuola di minacce e insulti, culminati il 13 febbraio 2005 in un corteo di 10-15 mila fanatici capitanati dal ministro Roberto Calderoli, agghindato pagliaccescamente in toga. La squisita sfilata urlava “Papalia il tuo posto è in Turchia”, “Papalia terrone il tuo posto è in Meridione”, “Papalia il più terrone che ci sia”. Il tutto condito dal dolce stil novo di Mario Borghezio: “Magistrati facce di merda”. Gran finale con falò di immaginarie sentenze e una finta lapide dedicata al procuratore. Papalia fu poi promosso e trasferito a Brescia.
Il nuovo procuratore, Mario Giulio Schinaia, fu quasi subito aggredito da una gang di giovani facinorosi, uno dei quali l’accoltellò alla schiena. L’aggressore, 17 anni, appena arrestato dichiarò di odiare il magistrato perché indagava sulle bande giovanili violente di estrema destra.
Ora, per Natale, Schinaia ha allestito in Procura un presepe antirazzista, con la Sacra Famiglia di colore. Subito gli son saltati addosso il ministro Zaia (“inutile provocazione”) e il prosindaco prosecco Gentilini (“disprezza il presepe bianco, non è più al di sopra delle parti”). Sono fortunati a essere leghisti: fossero di sinistra, il centrodestra li avrebbe già additati come mandanti morali postumi dell’attentato al procuratore.
PARTE II: LE COSE NON FATTE E GLI SLOGAN MAI REALIZZATI.
La realizzazione, insomma, di un quotidiano tradimento del Nord.
a- Il Federalismo che non c’è
Il federalismo fiscale prosegue il suo iter attraverso l’emanazione da parte del Governo di una serie di decreti attuativi che vengono presentati alla spicciolata, curandone soprattutto l’aspetto propagandistico.
I primi decreti attuativi sono provvedimenti del tutto disorganici, una sorta di spezzatino, in cui le singole disposizioni procedono senza una vera logica. Il provvedimento su “Roma capitale” è sostanzialmente un guscio vuoto con l’esclusiva preoccupazione di regolamentare lo status giuridico ed economico dei membri elettivi e di governo dell’ente (compresi la disciplina dei compensi e di quella dei permessi retribuiti) eludendo, e rinviando una più puntuale regolamentazione delle funzioni di Roma Capitale, costituzionalmente necessarie.
Lo schema di decreto sui fabbisogni ed i costi standard degli enti locali è un’altra scatola vuota che indica esclusivamente l’adozione del modello con il quale SOGE ed IFEL procederanno ai calcoli, tra l’altro considerando solo alcune delle funzioni fondamentali degli enti locali, quelle considerate dalla legge sul federalismo fiscale, al momento “provvisorie”, in quanto tra qualche anno entreranno in vigore quelle definite dal Codice delle Autonomie, in corso di approvazione, ed i calcoli andranno rifatti ex novo. Oltre al dispendio di risorse ed energie inutili, sarà eluso dal controllo parlamentare il contenuto vero e proprio, la ciccia, dei fabbisogni e dei costi standard, i quali saranno adottati con un decreto che non sarà trasmesso alle Camere.
Il resto è in gestazione in questi giorni. Ciò che domina è il controllo della spesa, via alienazione di beni, riduzione degli organi di decentramento, meccanismi di recuperi delle risorse attraverso le sanatorie fiscali, subordinazione della stima dei fabbisogni alle esigenze finanziarie, vincoli agli amministratori.
I provvedimenti attuativi del federalismo fiscale si inseriscono, infatti, in un contesto in cui la stretta finanziaria ha già determinato forti restrizioni nella spesa locale, e in cui le nuove disposizioni della Ue, prevedendo la possibilità di riduzioni automatiche dei trasferimenti dei fondi comunitari per gli stati che non sottostanno ad alcuni indirizzi, rendono incerti molti finanziamenti destinati al sud.
b- I ritardi e le inadempienze del Governo nell’attuazione della legge sul federalismo fiscale
A sedici mesi dall’approvazione della legge delega sul federalismo fiscale, la n. 42 del 2009, è possibile fornire un primo giudizio sul suo stato di attuazione, la cui complessità comporta un processo sicuramente complesso e difficile. L’idea che tutti possano guadagnare dal federalismo – il Nord avere più risorse, il Sud non perderne, Roma avere quelle aggiuntive per la Capitale , la Sicilia per la sua autonomia e via promettendo - è chiaramente demagogica, soprattutto dopo la grande crisi economica mondiale. Ad oggi, il rischio è quello di un’attuazione affrettata e superficiale della legge, per singoli «pezzi», motivata unicamente da obiettivi politici di breve periodo.
Questi sono gli oggetti di delega previsti dalla legge n, 42 del 2009, che possono essere contenuti in diversi decreti legislativi:
- determinazione dei costi e dei fabbisogni standard sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni (articolo 2) per comuni, province, sanità e resto della spesa regionale;
- istituzione della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica (articolo 5);
- disciplina dei tributi delle regioni (articolo 7);
- classificazione finanziaria (articolo 8);
- fondo perequativo a favore delle regioni (articolo 9);
- finanziamento funzioni delle regioni (articolo 10);
- finanziamento funzioni di comuni, province e città metropolitane (articolo 11);
- autonomia finanziaria degli enti locali (articolo 12);
- fondi perequativi per gli enti locali (articolo 13);
- finanziamento delle città metropolitane (articolo 15);
- interventi speciali (articolo 16);
- coordinamento e disciplina fiscale dei diversi livelli di governo (articolo 17);
- patrimonio degli enti territoriali (articolo 19);
- disciplina transitoria per le regioni e gli enti locali (articoli 20 e 21);
- perequazione infrastrutturale (articolo 22);
- istituzione e disciplina delle città metropolitane approvate con referendum (articolo 23);
- ordinamento transitorio di Roma capitale (articolo 24);
- gestione dei tributi e compartecipazioni (articoli 25 e 26).
Gli unici oggetti di delega approvati finora con decreto legislativo sono uno e parzialmente un altro: quello relativo al patrimonio degli enti territoriali e quello che stabilisce l’ordinamento di Roma Capitale, senza alcun riferimento alle funzioni e alle risorse che sono rinviate ad un successivo decreto legislativo.
Solo uno e parzialmente un altro oggetto di delega risultano quindi attuati su diciotto contenuti nella legge n. 42 del 2009.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato, ma ancora non trasmesso alle Camere in attesa del parere da parte della Conferenza unificata, lo schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale. ….
L’adozione anticipata della manovra triennale per il periodo 2011-2013 con il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito in legge nell’agosto scorso, ha comportato l’impossibilità di rispettare il complesso delle procedure in materia di finanza pubblica definite dalla legge 31 dicembre 2009, n.196 e ha chiamato le regioni e gli enti locali a fornire un rilevantissimo contributo al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
Il taglio dei trasferimenti è pari, per le regioni, a 4.000 milioni di euro per il 2011 e 4.500 milioni di euro annui a decorrere dal 2012 e, per gli enti locali, a 1.800 milioni di euro per il 2011 e 3.000 milioni di euro annui a decorrere dal 2012. ….
Il Documento di Finanza Pubblica 2011-2013 è stato varato il 29 settembre scorso senza alcuna preventiva concertazione con Regioni ed enti locali. E non è neppure stata istituita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, che la legge n. 42 del 2009 individua come sede propria del lavoro inter-istituzionale fra i diversi livelli di governo.
Al di là delle parole, il Governo sembra aver assunto una filosofia neocentralistica, prova ne sono i ripetuti richiami, ad esempio, alla presunta lentezza delle Regioni nell’impegnare e spendere le risorse destinate alle politiche di sviluppo e coesione (solo l’8 per cento di pagamenti al 30 aprile 2010 sulle risorse disponibili per il 2007-2013), quando la stessa critica dovrebbe essere estesa ai programmi gestiti dai Ministeri, che alla stessa data hanno effettuato solo il 10 per cento dei pagamenti previsti (si veda l’audizione del 23 giugno del capo dell’Ispettorato generale della RGS per i rapporti finanziari con l’UE nel corso dell’Indagine conoscitiva sull’efficacia della spesa e delle politiche di sostegno alle aree sottoutilizzate nella commissione bilancio della Camera.
In conclusione, si corre il rischio di un vero e proprio tradimento dello spirito e della lettera della legge 42 sul federalismo fiscale.
c- Federalisti a parole, centralisti di fatto.
Patto di stabilità interno
Gli Enti locali – e in special modo i Comuni – ricevono puntualmente, da qualche anno a questa parte, il plauso della Corte dei Conti. La Magistratura contabile, tuttavia, non riconosce solo il contributo fondamentale degli EE. LL. agli equilibri di finanza pubblica, ma anche le gravi «distorsioni indotte dall’esigenza di rispettare i vincoli imposti dal Patto di stabilità interno», in particolare sui bilanci dei Comuni. A fronte dell’impossibilità di contenere le spese correnti, le città italiane riducono ai minimi termini la spesa per investimenti.
Rallenta fortemente il gettito da imposte indirette, a causa degli sgravi ICI decisi dal Governo nazionale, e il gettito delle addizionali sulle imposte dirette non riesce a compensare tale calo. A causa delle decisioni governative che inaridiscono le fonti tributarie di finanziamento, i Comuni italiani sono costretti a tagliare gli investimenti e a indebitarsi in misura crescente.
L’autonomia finanziaria degli Enti locali risulta fortemente compressa negli ultimi anni.
Gli ultimi dati consuntivi di contabilità nazionale, relativi al 2008, descrivono un quadro di grave sofferenza.
È il caso di ricordare che l’abolizione dell’ICI sull’abitazione principale, che contrasta palesemente con il principio costituzionale dell’autonomia tributaria, è stata motivata con la finalità di ridurre la pressione fiscale e di sostenere i redditi. In verità, l’abolizione dell’ICI è avvenuta a pressione fiscale invariata, ossia compensando le minori entrate ICI proprio attraverso l’aumento di gettito erariale.
Altra, evidente spia dell’atteggiamento centralista dell’attuale Governo è il blocco dell’autonomia decisionale di Comuni e Regioni sulle aliquote addizionali di loro competenza: le Amministrazioni locali non sono più libere di determinare il valore delle aliquote addizionali loro spettanti.
A seguito dell’abolizione dell’ICI prima casa il peso delle entrate tributarie sul complesso delle entrate dei bilanci comunali cala dal 32,4% al 26,7%, mentre l’incidenza dei trasferimenti cresce dal 41,1% al 47,3%9.
I tagli per i risparmi sui costi della politica.
Nel 2008 i Comuni sono stati in grado di risparmiare 25 milioni di euro, ma la legge finanziaria del Governo ha stabilito preventivamente di sottrarre alle Amministrazioni municipali ben 171 milioni di trasferimenti, senza alcun riferimento all’effettivo risparmio conseguito. La riduzione del Fondo ordinario, ridotto di 200 milioni di euro dal decreto 112 del 2008. I contributi statali per investimenti agli enti locali sono stati drasticamente ridotti: da 3,3 miliardi nel 2008 a 1,7 nell’assestato 2009 fino a 1,5 nel previsionale 2010.
Prevale un mero obiettivo di rigorismo finanziario a carico della sola finanza decentrata, senza una lucida analisi del ruolo anticiclico che gli investimenti pubblici locali potrebbero avere
c- Più voti alla Lega, meno soldi ai Comuni
Se i tagli della manovra finanziaria nazionale dell’estate 2010 ai danni delle Regioni sono insostenibili, quelli imposti ai comuni lo sono almeno altrettanto. Considerando i soli comuni con più di cinquemila abitanti 443 su 1500, un terzo di quelli lombardi, il taglio che il Governo prevede di applicare alle amministrazioni cittadine è di 1,4 miliardi nel prossimo biennio.
Un taglio che in provincia di Varese si traduce così: i quarantasette comuni con popolazione superiore ai cinquemila abitanti, cioè quelli che sono soggetti al patto di stabilità, dovranno tagliare la spesa di 31.220 milioni nel 2011 e di 42.208 milioni nel 2012. Il più colpito è Cardano al Campo, che dovrà risparmiare circa il 30 per cento rispetto al 2010, quasi 6,9 milioni nel biennio, più di quanto imposto a Busto Arsizio, che pure dovrà contrarre la spesa di oltre il 14 per cento. Duramente colpiti anche Venegono Inferiore, Jerago con Orago e Besozzo, che lasceranno sul campo attorno al 15 per cento.(da Varesenews, 16 giugno 2010).
Lo ammette lo stesso Attilio Fontana, sindaco di Varese della Lega Nord e presidente di Anci Lombardia: «Tutto si può dire, meno che questa sia una Finanziaria federalista…».
«Purtroppo è la Finanziaria nel suo complesso a non muoversi nella direzione del federalismo, ne tradisce i concetti cardine e cioè la libertà per gli enti locali unita al principio di responsabilità».
«Rischiamo di condurre alla morte molte delle nostre città e dei nostri territori». (Corriere della Sera, 22 giugno 2010).
Trasferimenti dello Stato ai Comuni del Veneto.
Lì c’è Zaia, che è uno che sa il fatto suo e sicuramente in questi anni è riuscito a condizionare gli alleati per dare più risorse alla sua regione:
Trasferiti nel 2003: 956,3 Milioni di €
Trasferiti nel 2009: 786,2 Milioni di €
Rispetto al 2003: 170,1 Milioni di € in meno
Mancato rimborso ICI 2009: 35,5 Milioni di € in meno
In totale, nel 2009: 205,6 Milioni di € in meno
Comuni senza Ici
L’esenzione della “prima casa”, in particolare, ha comportato una perdita di gettito ICI, per il 2008, pari al 23,3% di accertato e pari al 26,4% di riscosso: vale a dire un quarto della voce di entrata tributaria maggiormente importante per i Comuni.
E un esito davvero paradossale, per un Governo egemonizzato dalla Lega, è che il calo maggiore di
gettito si è avuto nei Comuni dell’Italia settentrionale.
d- Servizi pubblici locali
Il governo propaganda che per i cittadini ci saranno solo vantaggi, mentre il rischio vero è che questo Governo metta le mani nelle tasche degli italiani tramite aumenti non regolati delle tariffe di servizi essenziali come quelli dell’acqua e dei rifiuti. Settori in cui non esiste neppure, ne è prevista dalle norme di questo decreto, un’autorità nazionale di controllo sulla qualità dei servizi e sulla congruità delle tariffe.
Meno male che c’è stata la Lega , così il governo ha potuto votare una legge che obbliga l’ingresso dei privati per almeno il 40% nelle società pubbliche, che supera definitivamente l’in house.
e- Meno tasse
Non è affatto vero che i governo del Cavaliere hanno ridotto la pressione fiscale: in nove anni le entrate sono cresciute del 33%. Certo, la crisi economica dà il proprio contributo (con una sensibile riduzione del Pil che naturalmente comporta un aumento della pressione fiscale), ma qualche parola in più va spesa.
Nel 2000 le entrate complessive dello Stato rappresentavano il 45,4% cento del Pil, nel 2009, alla fine del “decennio berlusconiano”, questa percentuale è salita al 47,2%, il valore più alto mai raggiunto. In termini assoluti, nello stesso periodo le entrate sono cresciute del 33%, un valore superiore di ben 12 punti percentuali rispetto alla crescita dei prezzi, ferma al 20,6%. […]
1) le entrate dello Stato nel “decennio berlusconiano” non soltanto non sono diminuite ma sono addirittura aumentate, in relazione sia all’inflazione, sia al prodotto interno lordo. Non soltanto non c’è quindi stata la promessa riduzione delle tasse, ma al contrario è aumentata la voracità dello Stato.
2) L’incremento delle entrate dello Stato non è stato però causato da un incremento omogeneo delle principali fonti di gettito, ossia imposte dirette (quelle sul reddito), imposte indirette (Iva e accise) e contributi previdenziali (essenzialmente Inps e Inpdap). […] Le imposte dirette non sono aumentate, ma neppure diminuite, ed in ogni caso non vi sono state “meno tasse per tutti”. È invece leggermente diminuito il gettito delle imposte indirette, ossia Iva e accise, se lo si rapporta all’andamento dell’inflazione (meno 2,3 per cento nel periodo considerato), ed in particolare, se lo si confronta con il Pil: da un 14,7 per cento del 2000 si è scesi ad un 13,6 del 2009. In particolare, c’è da notare che la riduzione più accentuata è avvenuta negli ultimi due anni, e cioè nel 2008 e nel 2009 (nel 2007 era ancora uguale a quella del 2000).
Ecco il risultato di sedici anni di promesse in tema di riduzione della pressione fiscale:
Pressione fiscale dal 1994 in % sul PIL :1994:40,8%; 1995:41,2%; 1996:41,6%; 1997:43,7%; 1998:42,3%; 1999:42,4%; 2000:41,6%; 2001:41,3%; 2002:40,8%; 2003:41,4%; 2004:40,6%; 2005:40,4%; 2006:42,0%; 2007: 43,1%; 2008: 42,9%; 2009: 43,2%. (Fonte: Istat. Rielaborata dal blogIl Nichilista di Fabio Chiusi).
In compenso, la Lega per un quindicennio ha votato senza fare una piega condoni e scudi fiscali.
f- Dove il nucleare? Lo decide Roma
Tutti ricorderanno i distinguo in campagna elettorale: sì al nucleare, ma non in Veneto, sì, al nucleare, ma non in Lombardia. E così nel Lazio e in Puglia, per la verità, da parte dei candidati della destra.
Non si capisce perché l’abbiano votato, i leghisti, il nucleare voluto da Scajola e da Berlusconi. Un nucleare deciso a Roma, in cui le Regioni non hanno alcun protagonismo. I siti saranno individuati a livello nazionale. Un nucleare imposto «con stile centralistico e autoritario».
Meglio il nucleare, perché il fotovoltaico deturpa. In Piemonte, Cota e i suoi assessori la pensano così. Sul nucleare si è pronunciata all’inizio del mese di luglio la nuova giunta piemontese, tirando mazzate ai pannelli solari colpevoli di “deturpare il territorio” piemontese. La Regione Piemonte accelera sul nucleare e rallenta sul fotovoltaico. Nel campo dell’energia la giunta guidata dal leghista Roberto Cota non ha dubbi: si può costruire una centrale. E, dalle parole ai fatti, l’assessore all’ambiente Roberto Ravello dichiara a ilFattoQuotidiano.it: «Siamo contrari ad una chiusura ideologica. Il Piemonte è pronto a fare la sua parte per l’interesse nazionale».
Dalla stessa giunta arriva uno stop alle autorizzazioni per i nuovi impianti forovoltaici, in grado di creare corrente elettrica dal sole. L’iniziativa è di Massimo Giordano, assessore all’energia e all’innovazione, che grazie ad un disegno di legge regionale vuole regolamentare l’installazione a terra dei pannelli solari nelle aree di particolare pregio dal punto di vista agricolo, naturalistico ed estetico. Per Giordano «c’è stata un’eccesiva crescita degli impianti che hanno deturpato il territorio piemontese». Anche se danno energia pulita, i terreni liberi per l’installazione sono cresciuti del 149%.
g- Il Ponte sullo Stretto s’ha da fare
In un momento, anzi, sembra addirittura familiarizzare con l’idea del Ponte. Siamo nel 2005, si preparano le elezioni politiche del 2006, e Bossi si allea con Lombardo (Mpa). Sulla scheda appare un simbolo comune. E pensare che solo qualche mese prima, nel marzo 2005, la Lega scatena un’offensiva senza precedenti contro il progetto di ponte sullo Stretto di Messina. «Il ponte è un ecomostro, un’opera vergognosa e dispendiosa, inutile sotto tutti i punti di vista», dice Andrea Gibelli, nel 2005 capogruppo della Lega alla Camera, nel 2010 vice di Formigoni in Regione Lombardia(Signore e Trocino, Razza Padana, Bur 2008, pp. 252-253).
h- Il Porcellum
Nei fatti, la Lega è indisponibile a qualsiasi riforma elettorale. Alla Lega il Porcellum (peraltro provvedimento e nome dovuti al Ministro Calderoli) conviene, per tanti motivi. Perché dà l’impressione di essere alleati con Berlusconi, ma senza troppa enfasi, così si possono raggiungere anche gli elettori delusi dal premier, come la Lega fa abilmente.
Serve per inaugurare la stagione dei distinguo di governo, che la Lega ormai frequenta quotidianamente. «Non lo abbiamo deciso noi, siamo in un’alleanza, certe cose si devono sopportare»: chiaro? Ci hanno votato in un’alleanza… Perché è un sistema che annulla le individualità e così si possono candidare esponenti non proprio di primo piano, e il leader può avere diritto di vita e di morte sulla lista da comporre. Perché nella Lega decide Bossi. E basta.
i- Basta cemento
Il Piano casa che non ha funzionato; ed è stato ovviamente sostenuto anche dalla Lega Nord, che per l’occasione ha sospeso temporaneamente la campagna di affissioni: «Basta cemento!».
Secondo l’Osservazione nazionale sul consumo di suolo:
Il territorio Lombardo è pari a circa 2,1 milioni di ettari. Di questi, al 2005- 2007, le aree agricole coprono oltre 930mila ettari, quelle naturali (boschi, vegetazione arbustiva ed erbacea, vegetazione rada) circa 825mila ettari e le superfici urbanizzate oltre 288mila ettari. […] Tra il 1999 e il 2005/07 le coperture agricole del suolo sono state quelle più urbanizzate: oltre 22.000 ettari di campi sono diventate superficie urbane pari ad una riduzione del 2,3% dello stock di aree agricole del 1999. Si tratta di trasformazioni irreversibili e artificiali. Anche 2.600 ettari di superficie naturali sono diventate urbane, sebbene il saldo delle coperture naturali sia positivo: +3.900 ha circa. L’urbanizzazione rimane il fattore di pressione più forte verso l’agricoltura e la natura.
Il tasso di crescita periodico dell’urbanizzato in Lombardia è stato pari a 8,7%.
I dati sono inequivocabili:
Suolo URBANIZZATO in 6-8 anni: + 22.954 ettari (pari a +4,7 città come Brescia).
Suolo AGRICOLO PERSO in 6-8 anni: - 26.728 ettari (pari a –5,4 città come Brescia)
Suolo URBANIZZATO ogni giorno: +103.000 metri quadri (pari a circa 6 volte piazza del Duomo di Milano)
In Veneto:
Così in cinque anni in Veneto sono state rilasciate concessioni per 94 milioni di metri cubi di nuove costruzioni, l’equivalente di una palazzina alta e larga dieci metri e lunga 1800 chilometri . […] Le costruzioni attuali, dicono i tecnici, sono sufficienti (anche tenendo conto dell’ondata migratoria) fino al 2022. In Veneto dal 2001 al 2006 sono state realizzate case per 788.000 persone (ma i nuovi abitanti sono soltanto 248.000). Nel solo 2002 sono stati costruiti 38 milioni di metri cubi di capannoni. Ma soprattutto: la superficie urbanizzata in Veneto è aumentata del 324 per cento rispetto al 1950 (mentre la popolazione è aumentata soltanto del 32 per cento).
(Ferruccio Sansa et alii, La colata, Chiarelettere 2010).
j- La Lega lattona – La truffa delle quote latte
L’iniziativa della Lega nord sulla vicenda delle quote latte è la prova che minoranze organizzate e legate a doppio filo con una parte politica possono ottenere ascolto anche a fronte di richieste inverosimili e peraltro dannose per la maggior parte dei cittadini italiani. Che poi un partito come la Lega appoggi delle rivendicazioni che vanno contro le norme comunitarie non è certo un bel gesto per una forza di Governo.
La doppia verità del governo Berlusconi sulle quote latte. Con il leghista Luca Zaia hanno ragione i “fuorilegge” della Padania. Con il nuovo ministro Giancarlo Galan, invece, l’Italia torna ad allinearsi con l’Europa.
Ma Galan ha perso. Ha vinto la Lega lattona. E adesso lo prendono in giro. Viviana Beccalossi, che era stata a lungo assessore all’agricoltura in Lombardia (in quota Pdl), aveva detto: «Hanno strumentalizzato un gruppo sparuto di allevatori, chiedendo i loro voti in cambio di una difesa politica sulle quote latte. Parlano tanto di legalità e poi il risultato è una pessima figura, l’ennesima, con Bruxelles», aveva detto l’ex assessore. Ma per gli allevatori della proroga aveva garantito Bossi Jr.
Un miliardo e mezzo di euro di multa che, divisi per i tre milioni di voti che la Lega ha preso nel 2008, fanno 500 euro. Il contribuente italiano pagherà salato i consensi che il Carroccio raccoglie tra le 23 mila aziende di allevatori del Nord che grazie al ”regalino” contenuto nella manovra correttiva, potranno evitare di pagare le multe.
Grazie al maxiemendamento, si premieranno i furbetti. Ovvero quegli allevatori che non hanno pagato, e non hanno intenzione di pagare le multe. Allevatori che la Lega , movimento che lotta contro gli sprechi… degli altri, difende e protegge trovando nel superministro dell’Economia un nume tutelare non da poco. Ci sono troppi emendamenti della Lega di cui Tremonti è garante, il ministro è stato garante delle furberie della Lega. La Lega protegge quegli allevatori che non hanno pagato mentre sarebbero necessarie più equità e meno furberie.
k- Il disastro Malpensa
«Un anno fa, eravamo venuti da tutta la Padania a Malpensa; faceva un freddo cane; per protestare contro il progetto Prodi che voleva vendere Alitalia ad Air France. […] Poi è venuto Berlusconi, è venuta la cordata, è venuta la Cai , è venuta l´alleanza con Air France e sono rimasti pochissimi voli su Malpensa. Quanto freddo abbiamo patito, in cambio di una beffa». Parola di Letizia Moratti, sindaco di Milano. (Tito Boeri, La Repubblica , 14 gennaio 2009).
È questo l’epilogo di una storia iniziata mezzo secolo fa, quando tra gli anni ’60 e gli anni ‘70 la SEA (compagnia che gestisce l’aeroporto) predispose alcuni progetti per la realizzazione della “Grande Malpensa”. «La Lega farà volare Malpensa», titola così il sito della Lega Nord. Volare verso il basso, senza
controllo, si sono dimenticati di aggiungere.
Quando la crisi di Malpensa (e di Alitalia) era evidente a tutti, i proclami leghisti si sono sprecati, come al solito: «una Lega pronta a tutto per difendere Malpensa, anche geometrie variabili in Parlamento» (Roberto Castelli), «Per Bossi Malpensa resta la madre di tutte le battaglie. I leader del Carroccio si riuniscono per salvare lo scalo e i lavoratori» (La Padania ), «Berlusconi è un uomo del Nord, quindi dovrebbe comprendere appieno qual è l’importanza di Malpensa. Non è soltanto un aeroporto, non è soltanto un’infrastruttura, è la punta dell’iceberg della questione settentrionale». (Roberto Cota).
I fatti, purtroppo, ci raccontano un’altra storia, il fallimento di Malpensa. Quanti passeggeri all’anno passano per Malpensa? Nel 2009 sono transitati 17,5 milioni di passeggeri, collocando l’aeroporto milanese al 23° posto tra gli aeroporti europei, e fuori dalla graduatoria mondiale che si ferma al 30° posto di Monaco (con 32,7 milioni di passeggeri).
Il fallimento della Lega si concretizza nell’incapacità di negoziare con Roma, con Berlusconi, che, come ci ricorda Letizia Moratti «è venuto Berlusconi, è venuta la cordata, è venuta la Cai , è venuta l’alleanza con Air France e sono rimasti pochissimi voli su Malpensa». Certo, la Lega ha cercato di salvarsi in corner (o di far credere di essersi salvata in corner) con l’emendamento “salvamalpensa”:
il Governo si è cioè impegnato a liberalizzare gli “slot” già assegnati ad Alitalia ma non ancora utilizzati, come per altro qualcuno chiedeva da tempo.
Altri operatori potranno subentrare, in teoria, ma il problema sta nell’effettiva utilizzazione degli slot, ostacolata da accordi bilaterali stipulati per proteggere la compagnia di bandiera. La Lega Nord , quindi, si sarà impegnata nel rinegoziare questi accordi.
Come, no? Ugo Parolo (Consigliere Regione Lombardia – Lega Nord) il 30 giugno 2010 riteneva che sono due gli obiettivi strategici per Malpensa: «Il primo - ha spiegato - riguarda il miglioramento dell’accessibilità dell’aeroporto, mentre il secondo è la liberalizzazione degli slot e delle rotte intercontinentali».
Ci scusi, Parolo, ma finora, che avete fatto?
Il 15 gennaio 2009, Mario Agostinelli descrive così la questione Alitalia-Malpensa: «Si tratta di un disastro annunciato, da imputare a scelte che hanno privilegiato interessi politici di parte, prive di qualunque verità industriale ma sempre infarcite di una sterile propaganda confezionata a cena nelle residenze private del premier. Un risultato a cui si perviene nelle peggiori condizioni oggettive: ai tempi di Prodi, Air France avrebbe messo 1,85 miliardi di euro per risanare e investire, dando in cambio titoli Air France allo Stato; oggi la cordata dei “venti patrioti” di Cai ha pagato 427 milioni, facendo gravare sui cittadini italiani il debito rilevante; per l’occupazione, rispetto all’ipotesi di Prodi, si passa da 2120 esuberi a oltre 4000; per la flotta, Cai mantiene 148 aerei ma tra essi si assumono in leasing i velivoli di Air One determinando un costo aggiuntivo; i voli intercontinentali dall’Italia passano da 20 a 16, cioè 13 da Fiumincino e solo 3 da Malpensa; i voli Alitalia da Malpensa erano 170, ne rimangono 16».
l- Immigrati: fermare l’invasione!
Fermare l’invasione degli immigrati! Ecco la prima ambizione politica leghista, su cui costruire tutte le iniziative elettorali. «A casa loro», devono andare, gli stranieri. Quelli «clandestini», soprattutto, ma anche gli altri, nel caso, perché sono troppi.
Eppure i fatti confermano che la Lega ha approvato nel corso degli anni gli ingressi e le sanatorie. E non avrebbe potuto fare altrimenti, nonostante la coerenza con la propaganda anti-stranieri li avrebbe invitati a non fare nulla di tutto ciò.
Sanatoria Bossi-Fini: 705.000 irregolari ‘sanati’
Decreto flussi 2002: 20.500 ingressi
Decreto flussi 2003: 99.000 ingressi
Decreto flussi 2004: 79.500 ingressi
Decreto flussi 2005: 79.500 ingressi
Decreto flussi 2006: 170.000 ingressi
Decreto flussi 2008: 150.000 ingressi
Sanatoria Colf e Badanti (2009): 294.000 irregolari ‘sanati’
Decreto flussi 2010: 80mila ingressi
Dai all’immigrato!: le ordinanze leghiste Il Nord Italia, e la Lombardia in particolare, sono le regioni che hanno più bisogno degli immigrati per il lavoro in fabbrica, nelle campagne o per l’assistenza agli anziani. Eppure gli immigrati sono accettati solo fino a quando sono dentro il posto di lavoro e producono ricchezza. Poi, finito il loro turno, si vorrebbe che scomparissero.
Tra ordinanze delle amministrazioni locali o semplici proposte ecco qualche esempio di come, con timbri e carta da bollo, si sta legalizzando forme di evidente discriminazione tra i cittadini.
Alcuni esempi :
Adro (Bs): premio di 500 euro ai vigili urbani per ogni clandestino individuato.
Alassio (Sv): divieto di trasporto di mercanzia in borsoni e sacchi di plastica e di utilizzo di furgoni come deposito merce.
Alessandria: la moschea viene chiusa perché i locali sono giudicati inidonei e privi del certificato di agibilità.
Alzano Lombardo (Bg): incentivi economici alle nuove coppie ma solo se italiane.
Assisi (Pg): divieto di mendicare nei luoghi pubblici situati a meno di 500 metri da chiese ed edifici pubblici. L’ordinanza anti elemosina vige in diverse altre città, da Cesena a Savona, da Firenze a Roma.
Azzano Decimo (Pn): divieto di burqa. Proposta di censimento dei residenti di fede islamica.
Brignano Gera d’Adda (Bg): aiuti economici solo per i disoccupati italiani.
Cantù (Co): un numero verde per segnalare la presenza di clandestini.
Capriate San Gervasio (Bg): divieto di aprire kebaberie e call center in centro.
Caravaggio (Bg): nozze agli stranieri solo se in possesso di un permesso di soggiorno e in grado di capire l’italiano.
Casalpusterlengo (Lo): il centro islamico viene chiuso per presunti abusi edilizi.
Ceriano Laghetto (Mb): vietati kebab, phone center e servizi di trasferimento di denaro (ma non è contro gli stranieri, no).
Cernobbio (Co): ispezione dei vigili urbani nelle case dei futuri sposi per accertare la pulizia di
muri e pavimenti, e il perfetto funzionamento di docce, bagni e caldaie.
Cittadella (Pd): residenza solo a chi ha un reddito di almeno 5000 euro all’anno e una casa con un minimo di metri quadri (Moratti a Milano si dice interessata). 18 anni di residenza per ottenere una casa popolare. Schedatura di tutti gli stranieri.
Coccaglio (Bs): controlli anti immigrati in occasione del Natale: è la famosa operazione “White Christmas” (Bianco Natale).
Como: la ‘moschea’ viene chiusa per “irregolarità edilizie”.
Crespano del Grappa (Tv): cittadinanza solo a chi conosce l’italiano.
Drezzo (Co): vietato il burqa in pubblico.
Fermignano (PU): vietato il burqa in pubblico.
Firenze: vietato trasportare merci in borsoni sacchetti di plastica e simili.
Gallarate (Va): dura opposizione del Comune al centro islamico.
Gerenzano (Va): i cittadini sono invitati a non vendere o affittare casa agli stranieri.
Lecco: panchine più piccole per impedire ai barboni di dormire, divieto di sistemare giacigli nei luoghi pubblici e di chiedere l’ elemosina in piazze e parcheggi.
Lodi: per impedire la costruzione di una moschea la Lega Nord versa sul terreno urina di maiale (poi, la stessa cosa, a Padova).
Lucca: vietati ristoranti etnici nel centro storico.
Magenta (Mi): la moschea viene chiusa perché giudicata abusiva.
Milano: (proposta) autisti di autobus e tram solo italiani.
(proposta) vagoni della metropolitana riservati ai milanesi.
Milano: autobus con le grate alle finestre vengono usati per rinchiudere gli extracomunitari che nei controlli sono trovati sprovvisti di documenti in regola. L’uso di questi “autobus galera” verrà abbandonato dal Comune dopo qualche mese anche a seguito di polemiche.
Monfalcone (Ts): divieto di sputo, «comportamento comune tra i bengalesi».
Morazzone e Tradate (Va): un assegno per i neonati esclusi quelli extracomunitari.
Ospitaletto (Bs): per diventare residente è necessario presentare la fedina penale.
Piacenza: La moschea viene chiusa per violazioni di norme edili e urbanistiche.
Prato: Vietati ristoranti etnici nel centro storico.
Romano d’Ezzelino (Vi): i bambini extracomunitari sono esclusi dai bonus scuola (vedi anche Brescia).
Rovato (Brescia): divieto per i non cristiani di avvicinarsi a meno di 15 metri dalle chiese.
San Martino dall’Argine (Mn): il comune invita a denunciare la presenza di immigrati clandestini.
Sanremo (Im): vietato sedersi sulle panchine comunali per chi ha un’età compresa tra 12 e 60 anni.
Teolo (Pd): cittadinanza solo a chi conosce l’italiano.
Tombolo (Pd): espulsione degli stranieri dopo 90 giorni di permesso.
Treviso: divieto ai negozi cinesi di esporre lanterne rosse. La provincia nega qualsiasi
autorizzazione alla costruzione di moschee.
Varallo Sesia (Vc): vietati burqa e burqini.
Varese: la moschea viene chiusa per cambio di destinazione d’uso non autorizzato.
Venezia: vietato trasportare merce in borsoni sacchetti di plastica e simili.
Verona: (proposta) ingressi separati sugli autobus. Vietato chiedere l’elemosina. Controllo sulla pericolosità sociale per chi chiede la cittadinanza.
Vicenza: vietato sedersi sulle panchine per i minori di 70 anni.
Voghera (Pv): vietato sedersi in più di tre persone sulle panchine.
m- La Lega “contro” Gheddafi
Anche sui temi cari alla Lega, l’islam ad esempio, ingoiano silenziosamente rospi giganteschi, senza battere ciglio. Gheddafi dice che l’Europa deve diventare islamica e loro zitti. Ma come, Calderoli dove sei? Dove hai messo la tua maglietta antislamica?
Maroni non fa una piega quando i militari libici sparano allegramente addosso ad un peschereccio italiano e poi chiedono scusa. Tutto normale, tutto “pienamente consono” a quanto previsto dai protocolli di cooperazione tra Italia e Libia.
Maroni poi lascia intendere che probabilmente i libici hanno inseguito e sparato contro il nostro peschereccio per ben cinque ore perché probabilmente pensavano che ci fossero a bordo degli immigrati “clandestini”.
Tutto ciò non impedisce qualche giorno dopo a Maroni di bere un drink alla festa dell’Ambasciata libica a Roma in occasione del 41esimo anniversario della presa di potere di Gheddafi.
PARTE III: C’E’ DEL MARCIO IN PADANIA
a- La sicurezza, la lotta alle mafie e le cricche da difendere
In compenso ci saranno le ronde; ma le ronde di governo non hanno funzionato. Ecco cosa ne scrivono i giornali11:a Milano per ora, in Prefettura, è arrivata una sola domanda, quella dei poliziotti in pensione riuniti nell’Api, a libro paga di Palazzo Marino per controllare scuole e parchi.
Presto ne arriverà un’altra dell’associazione «Milano più sicura», l’ex ronda di militanti leghisti di via Crema e piazza Trento che, smessa la casacca verde come impone la legge firmata dal ministro dell’Interno Maroni, si presenta con nuovi colori ma con la stessa testa. Gli ottomila cittadini delle ronde, di cui parlava dieci anni fa il parlamentare della Lega Mario Borghezio sembrano un miraggio.
Su Dell’Utri, a proposito della condanna a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, Bossi commenta: «Un conto è provare che uno è mafioso, ma l’appoggio esterno non dimostra nulla, è meno grave» (Repubblica.it, 29 giugno 2010).
Sulla proposta di estendere il Lodo Alfano c’è il sì di Umberto Bossi. Il leader della Lega apre infatti all’ipotesi di ampliare il ddl costituzionale, prevedendo maggiori impunità per il premier e i ministri.
Queste modifiche, ha spiegato il numero uno del Carroccio «sono piccole cose: il presidente del Consiglio – ha aggiunto Bossi – deve badare a un Paese: qualcosa gli devi».
b- Lega ladrona
Alessandro Cè, ex capogruppo allaCamera della Lega Nord e Assessore regionale in Lombardia ha recentemente dichiarato: “ La Lega è nata contro lo strapotere dei partiti e ora è diventata come gli altri”. E’ difficile dargli torto.
Il governatore del Veneto Luca Zaia, ha ammesso l’esistenza di una questione morale dentro la Lega : “Non possiamo permetterci di essere criticati per i nostri comportamenti amministrativi”, ha dichiarato Zaia, “noi della Lega abbiamo il dovere d’essere doppiamente puliti rispetto agli altri, perché da noi i cittadini si aspettano il massimo del rigore”.
Invece proprio dal Veneto arrivano gli ultimi casi di pulizia non proprio perfetta. Il senatore della Lega Alberto Filippi, di Vicenza, è accusato dal faccendiere Andrea Ghiotto di avere un ruolo nella maxi evasione scoperta ad Arzignano, feudo padano e distretto della concia. Una brutta storia di tasse non pagate e di controlli aggirati.
A Verona, Gianluigi Soardi, presidente dell’azienda del trasporto pubblico cittadino Atv (ma anche sindaco leghista di Sommacampagna), si è dimesso dopo che la polizia giudiziaria è piombata nei suoi uffici e ha sequestrato documenti contabili da cui risulterebbero spese gonfiate e ingiustificate.
Camillo Gambin, storico esponente del Carroccio ad Albaredo d’Adige (Verona), è agli arresti domiciliari per una brutta storia di falsi permessi di soggiorno rilasciati in cambio di denaro.
Alessandro Costa, assessore alla sicurezza di Barbarano Vicentino, è indagato per sfruttamento della prostituzione: gestiva siti di annunci a luci rosse.
David Codognotto, assessore del Comune di San Michele al Tagliamento (VE) è stato arrestato in flagranza di reato con l’accusa di concussione preso con una tangente di 15mila euro.
Nel vicino Friuli-Venezia Giulia, il presidente del consiglio regionale, Edouard Ballaman , si è dimesso dopo essere finito nel mirino della Corte dei conti per una settantina di viaggi in auto blu fatti più per piacere che per dovere. In passato, Ballaman aveva realizzato uno scambio di favori incrociati con l’allora sottosegretario all’Interno (e tesoriere della Lega) Maurizio Balocchi: l’uno aveva assunto la compagna dell’altro, per aggirare la legge che vieta di assumere parenti nel medesimo ufficio. Aveva anche ottenuto l’assegnazione pilotata della concessione di una sala Bingo.
In principio fu Alessandro Patelli, “il pirla”, come fu definito da Umberto Bossi: l’ex tesoriere della Lega dovette ammettere nel 1993 di aver incassato 200 milioni di lire dalla Ferruzzi, causando a Umberto Bossi una condanna per finanziamento illecito.
Poi a foraggiare il Carroccio arrivò il banchiere della Popolare di Lodi Gianpiero Fiorani, che nel 2004 non solo salvò la banchetta della Lega, Credieuronord, da un fallimento clamoroso, ma finanziò generosamente il partito di Bossi con oltre 10 milioni di euro, tra fidi e finanziamenti. Con anche più d’una mazzetta, secondo quanto racconta Fiorani: una parte dei soldi consegnati dal banchiere di Lodi ad Aldo Brancher, parlamentare di Forza Italia e poi del Pdl, erano per Roberto Calderoli . “Ho consegnato a Brancher una busta con 200 mila euro… Quella sera Brancher doveva tenere un comizio a Lodi per le elezioni amministrative… Mi disse che doveva dividerla con Calderoli (poi archiviato, ndr) perché il ministro aveva bisogno di soldi per la sua attività politica”.
Non ha fatto una gran bella figura neppure Roberto Castelli, che da ministro della Giustizia, tra il 2001 e il 2006, è riuscito a meritarsi un’indagine per abuso d’ufficio per il suo piano di edilizia carceraria, affidato all’amico Giuseppe Magni; e una condanna della Corte dei Conti a rimborsare 33 mila euro, perché la consulenza era “irrazionale e illegittima”.
Aldo Fumagalli, ex sindaco di Varese, è indagato (peculato e concussione) per un giro di false cooperative.
A Brescia è stato varato un Piano di sicurezza “leghista” (Assessore Rolfi) a colpi di pingui consulenze esterne a tale Dott. Maccarini per progetti mai decollati.
Angelo Ciocca, in politica dal 1996. Alle ultime regionali ha sbancato la sua circoscrizione pavese. Quasi 19mila preferenze per arrivare in Regione. Una parabola esemplare se non fosse per i suoi rapporti con Giuseppe Neri, boss della ‘ndrangheta lombarda, ma anche avvocato, massone e amico di Carlo Antonio Chiriaco, presidente dell’Asl di Pavia e ras della sanità pubblica. Il capo della ‘ndrangheta pavese con l’enfant prodige padano ha interessi comuni “avendolo coinvolto – scrivono i pm – in belle operazioni immobiliari”, tanto da volergli dare “a basso prezzo l’appartamentino di Medigliani”, a Pavia. Luogo dove, dopo Neri e Ciocca si incontrano di persona.
Gli incroci tra Lega e ‘ndrangheta non riguardano però solo Ciocca. Due gli obiettivi sotto la lente della procura. Il primo è l’ospedale S. Paolo di Milano. Qui da sempre le nomine vengono proposte dai colonnelli leghisti e approvate formalmente da Formigoni. Al S. Paolo, nel luglio scorso, si è suicidato Pasquale Libri, calabrese, dirigente nel settore appalti, indagato dalla Dda. Il secondo è il Pio Albergo Trivulzio dove avrebbe lavorato un’impresa legata alle cosche reggine grazie alla mediazione di un politico del Carroccio.
Matteo Brigandì, ex assessore al Bilancio della Regione Piemonte, è stato processato per truffa, per falsi rimborsi alle zone alluvionate.
Francesco Belsito, sottosegretario alla Semplificazione, esibisce una laurea fantasma, presa forse a Malta.
Monica Rizzi, assessore allo Sport della Regione Lombardia, si proclama psicologa e psicoterapeuta senza avere la laurea e senza essere iscritta agli appositi ordini professionali, tanto che la procura di Milano sta indagando per abuso di titolo.
Cattive notizie anche dall’Emilia-Romagna, zona di più recente espansione del Carroccio. Il vicesindaco di Guastalla (Reggio Emilia), Marco Lusetti, a giugno è stato accusato di irregolarità nella gestione dell’Enci (Ente nazionale per la cinofilia) di cui era commissario ad acta: aveva ordinato bonifici a se stesso con soldi dell’ente per 187 mila euro (poi non incassati).
Il padre padrone della Lega emiliana, il parlamentare Angelo Alessandri, si è invece fatto pagare dal partito le multe (per un totale di 3 mila euro) per eccesso di velocità o per transito in corsie riservate. Secondo due dirigenti della Lega emiliana (Magaroli e Veronesi) Alessandri non versa nulla della propria indennità parlamentare alle casse del partito.
Il capogruppo del Carroccio alla Regione Emilia-Romagna, Mauro Manfredini, e altri candidati del suo partito (Mirka Cocconcelli, Marco Mambelli) rischiano invece una maximulta (fino a 103 mila euro a tasta) per non aver consegnato, come prevede la legge, un resoconto preciso delle spese elettorali.
Il parlamentare della Lega Nord Fabio Rainieri è stato rinviato a giudizio dal Gup di Parma con l’accusa di false fatturazioni. L’inchiesta riale a 6 anni fa e rigurda accertamenti fiscali nei confronti di un’azienda agricola nel Modenese consociata a una cooperativa di cui all’epoca era Presidente Rainieri.
Il deputato piacentino Massimo Polledri è rimasto coinvolto nello scandalo degli incarichi dati da Sogin (l’ente proposto allo smaltimento delle scorie nucleari) e denunciatio pubblicamnete dalla trasmissione “Report”.
Dov’è finito il partito che inveiva contro Roma ladrona?…
c- Banche padane
Nel 1998 parte l’avventura di CrediEuroNord, con sede a Monza e comitato promotore fondato a Samarate (VA). Nel 2000 si costituisce la Banca Popolare CrediEuroNord.
Le cose in pochi anni precipitano: nel 2003 interviene la Banca d’Italia che denuncia, attraverso un’ispezione, la cattiva gestione dell’istituto: pochi controlli, poca cura nei confronti dei grandi rischi, facilitazioni e prestiti accordati senza criterio e senza garanzie, soprattutto.
Nel 2004 interviene Fiorani e cambia tutto. La Banca Popolare di Lodi, che diventerà tristemente famosa, rileva per 2,8 milioni di euro il ramo bancario. I leghisti si ammansiscono e «cambiano repentinamente atteggiamento nei confronti di Antonio Fazio: da implacabili critici (per i casi Cirio e Parmalat) diventano tifosi del governatore di Bankitalia» (Adalberto Signore e Alessandro Trocino,Razza padana, Bur 2008, p. 257).
Purtroppo non c’è lieto fine, questa volta, per la Lega : «Fiorani finisce in galera e spiega ai magistrati di aver salvato CrediEuroNord per conquistare il consenso leghista nei confronti di Antonio Fazio, dal quale sperava di ottenere favori. In meno di quattro anni la banca dilapida venti milioni di euro. Nel flop vengono coinvolti 3.500 soci, che avevano acquistato per venticinque euro azioni che ora ne valgono quattro» (ibidem).
PARTE IV: ALTRE CONTRADDIZIONI
Le relazioni con la Chiesa cattolica.
Le relazioni tra la Lega Nord e la Chiesa cattolica hanno attraversato diverse fasi, passando più volte da buone a pessime.
Il 17 dicembre 1990 la Conferenza Episcopale Italiana diretta dal cardinale Ugo Poletti e dal vescovo Camillo Ruini con il documento Evangelizzazione e testimonianza della carità condannava le «chiusure particolaristiche» e quindi per molti si trattava di una sconfessione dell’allora emergente Lega Nord.
Più esplicitamente nel novembre 1992 il cardinale Giovanni Saldarini, arcivescovo di Torino e vicepresidente della CEI, e il vescovo di Verona, Attilio Nicora, e quello di Brescia, Bruno Foresti,scrivevano sul settimanale Famiglia Cristiana perché votare Lega fosse anticristiano e perché dunque «allo stato attuale “nessuna benedizione” può venire dai vescovi, perché corrisponderebbe ad una legittimazione del particolarismo». Seguiranno altri attacchi dalle colonne de L’Osservatore Romano e de La Civiltà Cattolica , con quest’ultima che definirà la Lega un movimento «assai pericoloso e distruttivo».
“Io ci credo, in Dio. È un Dio che sta dovunque, nell’acqua e nel fuoco, nell’aria che respiriamo. Come diceva Eraclito […] Penso che il mio sia una specie di panteismo” (U. Bossi con D.Vimercati, Vento del nord, Milano 1992)
Altro momento basso nei rapporti Lega-Chiesa si è avuto nel 1997, quando Umberto Bossi dichiarava:
« Il Papa polacco ha investito nel potere temporale, nello Ior e nei Marcinkus. Ha investito nella politica dimenticando il suo magistero di spiritualità e di evangelizzazione. [...] I vescovoni sono stati arruolati nell’esercito di Franceschiello, l’esercito del partito-Stato. Il caporale in testa è Massimo D’Alema, lo seguono in seconda fila i vescovoni sulla giumenta, dietro ci sono gli stipendiati del sindacato e a debita distanza el conductor Berluscons, a testa bassa con gli occhiali scuri, agganciato alla mangiatoia del nazionalsocialismo. [...] Altrimenti, come già accade nel bergamasco, i fedeli andranno in parrocchia con il fazzoletto verde e si alzeranno se solo sentiranno pronunciare certi sermoni. Urleranno: va’ a da’ via el cu’. Si faranno seppellire avvolti nelle bandiere della Lega e se rinasceranno, se mai rinasceranno, saranno padani. Non possiamo continuare ad accettare una Chiesa romanocentrica. Il nazional clericalismo è diventato una delle bretelle che reggono il sistema centralista» e ancora «Il Sud è quello che è grazie all’Atea Romana Chiesa, con i suoi vescovoni falsoni che girano con la croce d’oro nei paesi dove si muore di fame: il principale potere antagonista dei padani» (…) «I preti pensino all’anima, lascino stare la politica».
Alla fine degli anni ‘90, la Lega sembrava rigettare il cristianesimo a favore di pratiche paganeggianti. Nel dicembre 1996 Bossi raccoglieva le ampolle di acqua del “dio Po”, e nel 1998, Roberto Calderoli si sposava con “rito celtico”.
Negli anni 2000 la Lega si riavvicina alla Chiesa, in funzione anti-islamica, trovandosi vicina alle posizioni del vescovo di Como Alessandro Maggiolini, e dell’arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi. Allo stesso periodo risale la frequentazione dei lefebvriani da parte dei leghisti. Una forte campagna viene invece condotta da Radio Padania contro il nuovo arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, considerato un buonista amico dei comunisti e degli immigrati musulmani.
Infine, la Lega Nord ha dimostrato negli anni una forte consonanza con la CEI sui temi di bioetica e diritti civili: aborto, eutanasia e fine vita, matrimoni gay e inseminazione artificiale.
A livello europeo, nel 2005-2006 ha tenuto banco la controversia sull’introduzione del riferimento alle “radici giudaico-cristiane dell’Europa”, fortemente voluto da papa Giovanni Paolo II. La Lega Nord ha sostenuto, così come tutto il centrodestra, tale battaglia.
Un forte momento di scontro tra Lega Nord e Chiesa italiana si è avuto poi nell’agosto 2009 sulla rinnovata questione dell’accoglienza degli immigrati clandestini. In seguito a ciò, Bossi ha dichiarato “Andrò con Roberto Calderoli in Vaticano per avere un chiarimento con la Chiesa per ricordare che le nostre radici sono cristiane. La matrice della Lega è cristiana e cattolica e siamo gli unici che veramente hanno radici cristiane” e, di ritorno dall’incontro, “Ho capito che il Vaticano non ce l’ha con noi”. Nella stessa occasione, Roberto Cota ha derubricato le polemiche come “episodi isolati”, dichiarando che la linea politica della Lega Nord sull’immigrazione sarebbe perfettamente in linea con i valori cristiani.
Un altro episodio di divergenza tra Lega Nord e vertici ecclesiastici ha avuto luogo tra il 6 e l’8 2009, quando su La Padania appare un attacco contro l’arcivescovo di Milano (paragonato a un imam), Dionigi Tettamanzi, a causa, tra l’altro, della sua presa di posizione contro lo sgombero di 250 gitani da un campo abusivo presso il capoluogo lombardo. Altri attacchi sono giunti poco dopo dal ministro Roberto Calderoli e dal viceministro Castelli. Tali affermazioni hanno suscitato polemiche da parte delle altre forze politiche, compresi esponenti dell’area cattolica del Popolo della Libertà. Bossi ha tuttavia minimizzato, e altri esponenti della Lega, tra cui l’europarlamentare Salvini, hanno chiesto di incontrare il cardinale per un chiarimento, pur senza smentire quanto scritto dal quotidiano leghista.
Per Ilvo Diamanti tali episodi mostrano che in Italia «la religione viene usata come strumento di consenso partigiano ed elettorale».
Nel dicembre 2009, intervenendo ad un convegno sulla figura di don Sturzo, il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, ha elogiato la capacità di ramificazione della Lega Nord, sostenendo che “se si parla di presidio sul territorio, si deve constatare che un tempo questo aspetto era di stretto appannaggio dei vescovi e dei parroci. Ora, invece, è il partito della Lega ad essere radicato”.
Vicinanza ai lefebvriani
Per anni alla Lega è stata considerata vicina al movimento lefebvriano, col quale condivide il cattolicesimo della tradizione, usato «all’occorrenza, come elemento di identità padana».
Alla notizia che il 21 gennaio 2009 il Papa ha rimosso la scomunica ai lefebvriani, il capogruppo della Lega al Senato, Federico Bricolo, ha espresso gioia, osservando che «si chiude oggi un doloroso periodo che aveva visto i difensori della tradizione cattolica e del magistero costante e continuo della Chiesa allontanati, esiliati dalla chiesa romana».
Il rapporto col movimento tradizionalista si rompe quando il 29 gennaio 2009 don Floriano Abrahamowicz della Fraternità Sacerdotale San Pio X, già celebrante ufficiale e di messe dell’associazione Padania Cristiana di Mario Borghezio, dichiara «che le camere a gas sono esistite almeno per disinfettare, ma non so dirle se abbiano fatto morti oppure no». Queste parole porteranno all’espulsione del prete dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X e all’immediata presa di distanza dei massimi esponenti leghisti da Abrahamowicz e dal movimento lefebvriano.
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