Pino maniaci, direttore di Telejato |
Le altre utenze saranno, invece, assegnate attraverso graduatorie regionali formulate in base a: copertura territoriale, numero dei dipendenti, situazione patrimoniale. È la fine del volontariato anche in questo campo ed è la fine dell’emittente che serve un piccolo territorio svolgendo un servizio ai cittadini e a comunità altrimenti trascurate.
Nonostante riteniamo vi siano i presupposti, non intendiamo concentrare prevalentemente la nostra attenzione sull’evidente accumulazione di risorse che sembra si vogliano lucrare favorendo in particolare i maggiori gruppi editoriali, con condizioni di evidente privilegio per quei network che, dalla loro posizione di predominio (materia di competenza dell’antitrust), già possono raccogliere fette amplissime di introiti pubblicitari
Noi ci proponiamo di denunciare oggi la cecità con cui, nella normativa indicata, le nuove misure legislative predisposte non tengono conto del fatto che esse potrebbero rendere impossibile a piccoli gruppi editoriali, come Telejato, di rimanere attivi sul mercato della comunicazione. A tali realtà si impedirebbe così il loro ruolo insostituibile di vigilanza sulle attività e penetrazioni mafiose nel tessuto sociale dei singoli territori e nella dimensione culturale dei Cittadini. Tutto ciò si tramuterebbe quindi in un danno spaventoso al dichiarato progetto di contrasto alle mafie che, pur essendo costantemente declamato, viene di fatto disatteso nella concretezza di una simile azione politica.
Se la lotta e il contrasto alle mafie sta davvero a cuore a Istituzioni e Rappresentanti istituzionali, se davvero essi confermano di essere impegnati a costruire diffuse culture antimafiose per il ritorno ad un più profondo ed efficace senso dello Stato e della Legalità Democratica voluta dalla Costituzione, essi non dovrebbero non tenere conto che, le concessioni di frequenze per l'accesso a concreti spazi di comunicazione sono, per gli operatori “minori”, assolutamente vitali in questa grande battaglia di civiltà.
Non vi è alcun dubbio che solo tv locali presenti capillarmente sul territorio e che siano animate da una profonda cultura di rinnegamento e di contrasto alla mafiosità, possono infatti dare un decisivo contributo di informazione e di indagine per rompere i muri di omertà di fronte al ricatto estorsivo ed intimidatorio della mafia, ricatto che passa anzitutto dalla estraneazione dei soggetti che la contrastano, come ammonimento a quanti osino mettersi sul loro cammino con una vera rivoluzione culturale Antimafia.
Telejato, come poche altre realtà, ha affrontato con dignità e determinazione tutti i rischi che potevano venirle da quel suo essere schierata sul fronte antimafia e dal suo sforzo di costruire una comunicazione davvero libera, indipendente e coraggiosa: ha pagato per questo un prezzo fatto di attentati minatori della criminalità e di contrasti all'interno della stessa realtà dell'ordine regionale dei giornalisti.
Non ha mai ceduto né al ricatto esplicito di stampo mafioso, né ai tentativi “interni” che miravano a ricondurla a forme meno “spettacolari” e meno “esplicite” di denuncia e di indagine antimafia sul territorio.
La sopravvivenza di Telejato con la sua storia, le sue battaglie, la sua valenza culturale, nel segno di Danilo Dolci, di Peppino Impastato, di Mauro Rostagno e di Giuseppe Fava, è un segnale importante per la garanzia dell’esistenza di una libera informazione.
Chiediamo che sulle ultime redazioni libere, in particolare quelle impegnate in terra di mafia come Telejato, che trasmette nel Partinicese (nello Jato e nel Corleonese), non cali il silenzio e l’indifferenza ovvero la certezza di essere eliminate fisicamente dalle mafie.
Il Comitato chiede:
1. La revisione della normativa vigente in quanto:
• La concentrazione oligopolistica e la chiusura di centinaia di tv locali è palesemente in contrasto con l'articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, comma 2, che sancisce che “ La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati”.
• La possibilità che sarà data a sei aziende di poter avere assegnati gratuitamente i diritti d’uso di 6 frequenze televisive attraverso il sistema denominato “Beauty Contest” rispetto alla procedura generale di assegnazione si scontra con l’articolo 9 della Direttiva 2002/21/CE, la quale ai punti 1 e 2 recita: “Stati membri garantiscono che la allocazione e l'assegnazione di tali radiofrequenze da parte delle autorità nazionali di regolamentazione siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.”; “gli Stati membri promuovono l'armonizzazione dell'uso delle radiofrequenze nel territorio della Comunità europea in modo coerente con l'esigenza di garantirne un utilizzo effettivo ed efficiente e in conformità della decisione n. 676/2002/CE (decisione spettro radio)”.
• La legge di Stabilità 2011 non ha regolamentato semplicemente un cambio di tecnologia, dall’analogico al digitale, ma di fatto ha dato avvio ad un esproprio dei canali 61-69 per "venderli" alle compagnie telefoniche per l'offerta dei servizi in banda larga. Se di esproprio si tratta manca l’utilità sociale con la sospetta violazione dell’art. 41 della Costituzione che così recita: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità pubblica o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana… ”. Riteniamo, inoltre, che si ravvisino palesi violazioni di diversi articoli della Costituzione Italiana tra cui gli articoli 3 e 21;
2. Revisioni dei criteri per l’assegnazione dell’LCN (Logical Number Channel), che relega le televisioni locali ad un posizionamento fortemente penalizzante.
3. Il riconoscimento del ruolo sociale delle TV comunitarie (che adesso vengono escluse dalla possibilità di diventare “operatore di rete”), riservando loro una quota nei piani di assegnazione delle frequenze;
4. La costituzione di una Commissione Parlamentare che verifichi:
• gli effetti della normativa sulle realtà che già sono “passate” al digitale terrestre;
• la Costituzionalità della attuale normativa che rischia di concentrare l’informazione nelle mani di potentati nazionali e regionali;
• una moratoria della normativa per il "passaggio" al digitale terrestre.
Roma, 22 novembre 2011
Per il Comitato “Siamo Tutti Telejato”
Associazione Antimafie “Rita Atria”
Libera Palermo
Associazione Culturale Peppino Impastato
Redazione Telejato
Ad oggi, aderiscono al Comitato Siamo tutti Telejato le seguenti realtà:
Acmos; Addio Pizzo; Agesci di Agrigento; Altra agricoltura; ANPI Palermo; Antimafiaduemila; Ass. Antimafie “Rita Atria”; Ass. culturale Nicodemo; Ass. culturale Peppino Impastato; Ass. il Giglio; Asvit Bisacquino; Movimenti per l’acqua; ASVIT; Auser di Ribolla; Avviso Pubblico; Banca Etica Firenze; Bariot; Benvenuti in Italia; Camera del Lavoro di Corleone; Carrettino delle Idee, Camera del Lavoro di Partinico; Casablanca; Castellolibera; CGIL Palermo; CIA Palermo; Ciaula scopre la luna; Circolo Metropolis; Comitato “Il Salvagente”; Comune di Partinico; Comunisti Sinistra Popolare Palermo; Coop. Lavoro e non solo; Coop. Solidaria; Coppola Editore; Corleone Dialogos; CSP; Giovani Comunisti Partinico; IDV Partinico; Libera Calatafimi Segesta; Libera Castellamare del golfo; Libera Castelvetrano, Palermo, Piemonte, Siracusa, Trapani e Libera Nazionale; Movimento dei forconi; Naviter; Osservatorio La Franca; PD Borgetto; PD Partinico; Pensiero Canicattinese; PRC Pioppo, Firenze, Palermo e Partinico; Presidio Libera Bisacquino; Presidio "Rita Atria" Libera Milazzo - Barcellona P.G.; Radio Aut; Riportiamo alla Luce; Sinistra Ecologia e Libertà – Palermo; Sesto fiorentino SPI-CGIL; Sindaco di Corleone; SPI – CGIL Firenze; Ucuntu; Uil San Cipirello; Centinaia di Cittadini Italiani.
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