Giovan Battista Scidà |
Considerava un suo dovere andare oltre, curare gli interessi della città nella quale viveva e che desiderava salvare. Era entrato in magistratura tanti anni fa come uditore, con funzioni di vice Pretore, per un biennio ad Acireale, per cinque anni in Pretura a Palazzolo Acreide (SR), nel 1967 giudice del Tribunale per i minorenni a Catania, del quale, dopo tredici anni divenne il Presidente. Un ruolo svolto con competenza e una particolare passione civile perché, come ha scritto lo stesso Scidà: “Il Tribunale è un balcone sulla società del Distretto. Chi vuole può leggervi i disagi dei ceti svantaggiati, le responsabilità degli ambienti amministrativi e politici, che quei hanno suscitato o aggravato, e le colpe delle istituzioni di controllo, anche giudiziarie, per la repressione o inadeguata o mancante”. E quei disagi vennero letti con attenzione. Per Scidà affrontarli significava, infatti, porsi il problema di un più generale recupero ambientale che chiamava innanzitutto in causa, in particolare rispetto ai quartieri periferici e alle loro difficili condizioni di vita, le responsabilità delle amministrazioni politiche e della stessa società civile. Un’attività di denuncia che non ha subito limitazioni neanche quando ha scelto di non tacere, anche a prezzo di subire ingenerosi attacchi, inefficienze e incrostazioni che caratterizzavano negativamente la vita dello stesso Tribunale. Sino all’ultimo, nel suo blog, ha continuato ad intervenire sul “caso Catania”, dichiarando, pochi giorni addietro, il suo sollievo per la nomina a Procuratore capo di Catania del dottor Salvi e dimostrando, così, ancora una volta, di essere in sintonia con tutti quei catanesi che hanno esultato per la nomina di un elemento esterno all’ambiente. Di questi possibili e auspicabili cambiamenti, purtroppo, non potrà scrivere sul suo blog.
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