Il magistrato Antonio Ingroia |
Lanciano un appello al mondo della scuola: aprite i vostri istituti ai magistrati antimafia. Chiedono a dirigenti scolastici, docenti, studenti del nord e del sud di organizzare dibattiti e faccia a faccia: incontrate le toghe che ogni giorno indagano su Cosa nostra, 'nrangheta e camorra, capirete che il silenzio sulle cosche è un rischio per tutti. Il tam tam è partito su Facebook: da Palermo a Livorno a Lecce, un nuovo gruppo della società civile ha iniziato a muovere i primi passi. Si chiama "Coordinamento a sostegno della magistratura", ed è nato avendo come monito una frase di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: "La gente fa il tifo per noi". Erano i tempi del maxi-processo a Cosa nostra quando i due magistrati dello storico pool-antimafia capirono che i successi investigativi contro le cosche e le loro complicità erano visti con favore dalla gente comune.
"Quella frase oggi risuona nella mente della parte buona della società civile che ha cuore questi giudici. Ora più che mai, i magistrati non devono essere lasciati soli nel momento in cui prendono decisioni importanti ma hanno bisogno di sentire il sostegno di quel popolo in nome del quale sono chiamati ad applicare la Legge e rendere Giustizia" dicono i fondatori del Coordinamento: Bruno Testa, Sabrina D'Anna, Luciana Cusimano e Danielle Sansone. "Siamo un gruppo di cittadini, lontani geograficamente, uniti in un movimento spontaneo e apartitico che si pone come importante obiettivo la tutela assoluta ed incondizionata di chi come i magistrati delle procure di Palermo e Caltanissetta stanno spendendo la propria vita professionale ricercando verità fondamentali per il nostro Paese, le stesse nelle quali affonda la nostra seconda Repubblica".
Il Comitato vuole rilanciare l'esempio di Borsellino, che spesso incontrava gli studenti e parlava loro di mafia, e lanciano un passa-parola nelle scuole. "Non abbandoniamo i magistrati, perché oggi l'isolamento sistematico e la delegittimazione mediatica sono le forme più efficaci per un progressivo svilimento del loro operato e della loro credibilità".
Racconta Danielle Sansone, studentessa di giurisprudenza all'università di Lecce: "Grazie a Paolo Borsellino ho imparato ad amare Palermo e a desiderare fortemente che la Sicilia, sua amatissima terra, potesse essere un giorno liberata dal giogo mafioso... Non sono siciliana, le mie origini sono torinesi e sono cresciuta in una terra come il Salento, lontana dai problemi legati alla presenza di associazioni antimafia. Ma ho a cuore tutti i siciliani e voglio contribuire anche io alla sua rinascita culturale e sociale di questa terra".
Luciana Cusimano, coordinatrice di Palermo, spiega: " Sono una ragazza della provincia palermitana come tante, che quotidianamente rincorre i suoi sogni e coltiva le sue ambizioni, con semplicità ed abnegazione, sperando che un giorno, neanche troppo lontano, possano tradursi in realtà. Frequento la Facoltà di Giurisprudenza di Palermo e vedo approssimarsi il tanto agognato traguardo della laurea. Nell'ultimo anno, ho sentito l' esigenza di dar corpo alle mie idee attivandomi in maniera costruttiva nell'ambito sociale, soprattutto con riferimento a tutte quelle manifestazioni di pensiero volte a sostenere l'operato della Magistratura, troppo e brutalmente attaccata, delegittimata, screditata agli occhi dell' ignaro cittadino che mal si spiega il perché delle lungaggini processuali".
Sabrina D'Anna, 38 anni, vive a Terrasini, un piccolo centro a pochi chilometri da Palermo: "Lavoro nel campo del sociale, mi occupo di iniziative rivolte ai minori. Non è la prima volta che svolgo attività nel'ambito dell'antimafia. Da siciliana ritengo che questo sia un dovere da portare avanti soprattutto perché siamo figli di quella terra che ha dato i natali a Falcone e Borsellino e dobbiamo essere grati al loro sacrificio. Ma soprattutto vogliamo far sì che quel sacrificio resti nella memoria collettiva di tutti noi. Oggi le nostre attenzioni sono rivolte ai magistrati che riteniamo essere i loro degni successori e che stanno lavorando duramente affinché venga fatta giustizia".
L’Espresso, 07 ottobre 2011
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