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I professionistiliberi a teatro Biondo |
di Umberto Ambrosoli Questa volta dedichiamo la rubrica “Persone” ai 1200 uomini e donne che hanno preso un chiaro impegno antimafia sottoscrivendo a Palermo, la città di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, il manifesto del comitato “Professionisti liberi”.
Consapevolezza e responsabilità sono parole ripetute con pertinenza pochi giorni fa a Palermo, in un affollato Teatro Biondo, nel corso della presentazione del manifesto del comitato "Professionisti Liberi". L'iniziativa, ennesima di questa lunga, ricca ed efficace stagione siciliana di diffuso impegno antimafia, è in sintonia con l'opera di Addiopizzo, Libero Futuro e Federazione Associazioni Antiracket e Anti Usura Italiane. Quasi milleduecento gli aderenti, quattro quinti dei quali palermitani, per un progetto realizzato in pochi mesi ad opera di un gruppo! riunito intorno all'impegno di Antonio Calì, l'ex presidente dell'Ordine degli Ingegneri locale che ha sperimentato in prima persona quanto ostruzionismo si incontri nelle categorie professionali a isolare i colleghi giudicati responsabili di gravi reati connessi alle realtà mafiosa. Eppure dovrebbero essere proprio le singole categorie sociali (professionisti, commercianti, imprenditori, e quant'altro) le prime protagoniste di un'opera di pulizia. Il manifesto, cui possono aderire non solo gli iscritti a ordini professionali, ma anche titolari di diplomi professionali e laureati, è composto da dieci indicazioni alle quali ci si impegna con l'adesione al comitato. Così ingegneri, commercialisti, medici, avvocati, architetti, psicologi, geologi, agronomi, assistenti sociali, broker assicurativi, ragionieri e tante altre persone si sono vincolate a impegni gravosi, come quello a non prestare la propria opera professionale, "anche sotto f! orma di pareri e consigli, a soggetti condannati per mafia o comunque incorsi in gravi violazioni di legge" (deroghe sono previste, ovviamente, per salvaguardare il diritto di salute e quello di difesa nel giusto processo). Altri punti del manifesto impegnano a denunciare illecite interferenze riscontrate nell'esercizio delle specifiche competenze professionali, o (qualora non contravvenga al segreto professionale previsto dalla legge o dai codici professionali) a rendere noto alle autorità di pubblica sicurezza ogni intimidazione o imposizione mafiosa di cui il professionista venga a conoscenza nello svolgimento della sua attività. E ancora, l'aderente si impegna a spingere i suoi committenti, qualora fossero taglieggiati, a denunciare gli estorsori. Se da un lato è vero che il decalogo impegna a poco più di quello che dovrebbe essere il normale comportamento di ogni cittadino responsabile, o a condotte sostanzialmente gi&! agrave; previste dai codici deontologici e dalle formule di giuramento previste per l'accesso a determinate professioni, dall'altro è palese come proprio un diffuso effettivo deficit di responsabilità spieghi buona parte della forza assunta dalla criminalità organizzata al di fuori degli ambiti in cui questa opera direttamente con intimidazione e violenza.
Di qui l'esigenza dell'assunzione manifesta di un impegno: esporsi, metterci la faccia rifiutando di passare per persone che non prendono una posizione e che, pur estranei alla realtà mafiosa, preferiscono una tranquillizzante neutralità. A questo impegno il presente ci chiama, e non solo nel contrasto alla criminalità mafiosa: rifiutare che pigrizia, paura, rassegnazione, snaturato senso di prudenza, indifferenza, interesse personale, prepotenza e avidità che possono abitare in ciascuno di noi ci limitino nella libertà di costruire un paese mi! gliore. Il magistrato Maurizio De Lucia ha ricordato che, per quanto efficace, la repressione non basta e che ciascun cittadino deve contribuire alla costruzione del muro capace di arginare la cultura e gli uomini della mafia; il presidente degli industriali siciliani, Ivan Lo Bello, ha applaudito l'iniziativa spiegando come essa si inserisca in un quadro di allargamento delle alleanze per un'azione di intransigenza verso ogni manifestazione della criminalità mafiosa. Nelle prime file, oltre ai magistrati Giuseppe Pignatone, Francesco Messineo e Domenico Prestipino, al questore Nicola Zito e ad altre autorità, Pina Grassi, moglie di Libero al cui esempio di responsabilità molto si deve di questo forte desiderio di evoluzione culturale che, dalle terre più esposte alla forza mafiosa, stimola l'intero Paese.
http://www.professionistiliberi.org/