Sgarbi e Giammarinaro |
Una cupola politico-mafiosa ha gestito per oltre un decennio la sanità nella provincia di Trapani. E’ questo lo spaccato che emerge dall’operazione Salus Iniqua, in corso dalle prime luci dell’alba, che ha portato al sequestro di oltre 35 milioni di euro e alla notifica di sette avvisi di garanzia per riciclaggio e fittizia intestazione di beni. Al vertice del sistema Giuseppe Gianmarinaro, ex-deputato regionale centrista, definito dall’inchiesta “tipico esponente della borghesia mafiosa”. Le indagini condotte dalla Divisione Anticrimine della questura e dalla Polizia Tributaria svelano un vero e proprio sistema “volto ad ottenere il controllo di una serie di strutture di assistenza convenzionate con la A.S.L. di Trapani, collegate tra loro da una rete di insospettabili prestanome” per “ottenere il sistematico controllo di ingenti rimborsi e determinare le nomine di manager e dirigenti sanitari nei vari plessi ospedalieri, così da garantire un tornaconto elettorale e, soprattutto, assicurare il favore amministrativo per autorizzazioni sanitarie”. A Gianmarinaro, già condannato in via definitiva per concussione e sorvegliato speciale fino al 2005, è stato sequestrato un ingente patrimonio schermato da una decina di prestanome. L’inchiesta sfiora anche nomi pesanti della politica locale e nazionale: dal ministro Saverio Romano, diretto referente di Gianmarinaro all’interno dell’UDC, a Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi epicentro della cupola affaristica, fino a Salvatore Cuffaro, l’ex-governatore siciliano condannato definitivamente per favoreggiamento a Cosa nostra, con cui Gianmarinaro ha avuto anche cointeressenze di natura economica. Attraverso una rete composta da medici, operatori sanitari, imprenditori e dirigenti sanitari, il sistema Gianmarinaro controllava, con numerosi prestanome, svariate società del comparto medico e assistenziale assicurandosi ingenti contributi regionali. Un condizionamento – dicono gli investigatori – di tipo mafioso esercitato da Giammarinaro anche su soggetti politici di livello locale e regionale, pezzi del sistema sanitario provinciale e amministrazioni comunali. L’ex-parlamentare godeva anche di rapporti con soggetti contigui e organici a Cosa nostra, come dimostrano numerose intercettazioni, dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia come Giuseppe Lanzalaco, Nino Giuffre' e Mariano Concetto. Un potere quasi assoluto quello di Gianmarinaro esercitato nella terra del latitante numero uno di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. Un sistema – dicono le indagini – perfettamente a conoscenza dell’attuale presidente della provincia di Trapani Mimmo Turano e del ministro Romano con il quale Gianmarinaro, godendo di falsi certificati medici, si è incontrato più volte mentre era sorvegliato speciale tra il 2002 e il 2003 come attestato da una ripresa video effettuata dagli investigatori. Tra le “vittime consapevoli” del sistema Gianmarinaro anche il sindaco di Salemi Vittorio Sgarbi. Secondo il fotografo Oliviero Toscani che per oltre un anno fu assessore nel centro trapanese, la candidatura del critico d’arte fu un’idea proprio di Gianmarinaro: “SGARBI mi ha detto che fu Pino GIAMARINARO a chiedergli di fare il Sindaco di Salemi. Mi ha detto che GIAMMARINARO salì a Milano e gli fece la proposta. SGARBI me ne parlò, mi chiese cosa ne pensavo…”. Le indagini raccontano di un “vero e proprio condizionamento mafioso di tutta l’attività amministrativa del comune di Salemi da parte di Gianmarinaro, una partecipazione occulta alle fasi decisionali più importanti…”. Toscani ricorda ai Pm che “sin dal mio ingresso in Giunta, ho potuto constatare la costante presenza di Pino GIAMMARINARO alle riunioni della Giunta. Partecipava e assumeva decisioni -senza averne alcun titolo- alle riunioni della Giunta di Salemi, alla presenza di SGARBI, del sottoscritto e di altri assessori comunali. La cosa mi sembrò alquanto anomala, perché nessun estraneo aveva mai partecipato alle riunioni della Giunta…”. Alle rimostranze di Toscani, Sgarbi avrebbe minimizzato il ruolo di Gianmarinaro: “E’ solo un mafiosetto che non conta nulla”. Toscani provò a esautorare Gianamarinaro ma alla fine si arrese e presentò le dimissioni a Sgarbi. Emblematica, infine, la vicenda riguardante l’assegnazione di un bene confiscato ad un mafioso che doveva essere assegnato all’associazione antimafia Libera. “A quelli di Don Ciotti non gli darò niente – avrebbe detto il sindaco nel corso di un’intercettazione. E anche in questo caso fu il fido Gianmarinaro a segnalare al sindaco il nome di una associazione interessata al bene confiscato.
L'Unità, 17 maggio 2011
LA REPLICA DI SGARBI: "MAI NESSUN CONDIZIONAMENTO"
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