Il magistrato Nino Di Matteo accanto a Salvatore Borsellino |
Il capomafia Stefano Lo Verso ha raccontato ai magistrati che nel 2006 la famiglia di Bagheria voleva uccidere uno dei pubblici ministeri della Dda di Palermo e l'ex presidente della commissione antimafia. Poi, però, il vertice di Cosa nostra non avrebbe autorizzato le nuove stragi: "Perché c'erano i processi in corso", ha spiegato il collaboratore.
Un'ala di Cosa nostra meditava di riaprire la stagione delle stragi. Nel 2006, la famiglia di Bagheria aveva già scelto due obiettivi: il sostituto procuratore Nino Di Matteo e il deputato del Pd Giuseppe Lumia, componente della commissione antimafia. A guidare l'ala dura di Cosa nostra era il boss Giuseppe Di Fiore, fedelissimo cassiere di Bernardo Provenzano: "Fu lui stesso a rivelarmi il progetto - ha rivelato nei giorni scorsi l'ultimo pentito di mafia, Stefano Lo Verso - ne parlammo durante un'udienza del processo Grande mandamento, nel 2007. Io gli dicevo che il pm in udienza, Michele Prestipino, era davvero cattivo. Lui mi disse che ce n'erano di più cattivi. Mi parlò di Di Matteo e del progetto di eliminarlo quando sarebbe venuto in villeggiatura nella zona di Bagheria. Analoga decisione - prosegue Lo Verso - avevano preso per Lumia: pure lui aveva un villino nel Bagherese. Poi, però, non arrivò l'autorizzazione a procedere, così spiegò Giuseppe Di Fiore. Perché c'erano i processi in corso".
Lo Verso collabora con la Procura di Palermo da tre mesi. A febbraio, si era presentato alla caserma dei carabinieri del suo paese, Ficarazzi, con una busta in mano: "Datela al più presto al dottore Di Matteo", disse. E nel giro di pochi giorni il boss aveva iniziato a incontrare il magistrato, firmando in gran segreto decine di verbali. Fino al 10 maggio Lo Verso ha vissuto una doppia vita. Ufficialmente, continuava ad essere un capomafia di Ficarazzi, cittadina alle porte di Palermo. In realtà, collaborava segretamente con la Procura di Palermo e con i carabinieri. Neanche la moglie e i figli sapevano nulla: messi di fronte all'evidenza, hanno deciso di restare a Ficarazzi. Stefano Lo Verso è stato invece trasferito in una località protetta. Adesso, parla del presente e del passato di Cosa nostra. Il neo pentito ha ospitato per due anni il superlatitante Bernardo Provenzano, proprio a Ficarazzi, fra il 2003 e il 2006. L'ha nascosto in casa della suocera e l'ha accompagnato a numerosi summit.
La Repubblica, 26 maggio 2011
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